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Siria / Assad annuncia fine operazioni militari

Ma ieri Homs di nuovo sotto la pressione dell’Esercito. A Latakiya si contano le vittime dell’attacco dal mare e via terra. Anche profughi palestinesi cannoneggiati a Raml al Janubi e costretti alla fuga

18 Agosto 2011 - 11:25

Damasco, 18 agosto 2011, Nena NewsIl presidente siriano, Bashar Assad, ha detto al Segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, che le operazioni militari in Siria «sono terminate». Lo ha riferito oggi un portavoce delle Nazioni Unite, Farhan Haq, spiegando che questa è la risposta data da Assad al segretario generale, il quale, in un colloquio telefonico, gli chiedeva che «tutte le operazioni militari e gli arresti di massa cessino immediatamente» in Siria. L’annuncio del presidente è frutto da un lato delle pressioni internazionali e dall’altro dei risultati delle durissima repressione delle proteste che evidentemente il regime siriano ritiene soddisfacenti. Gli oltre duemila morti (secondo i centri per i diritti umani e gli oppositori), i tanti feriti, l’impiego delle forze corazzate sembrano aver placato le contestazioni del regime. Ma Assad ne esce fuori isolato internazionalmente e costretto ancora più di prima ad affidarsi al sostegno dell’Iran.

> Nena News proponeo oggi un servizio da Latakiya di Miriam Giannantina scritto durante l’attacco alla città portuale siriana.

L’assalto con carri armati e mezzi pesanti e’ stato diretto contro alcuni quartieri della citta’, quelli a maggioranza sunnita dove da quasi sei mesi si tengono proteste contro Bashar al Assad e dove nello scorso week migliaia di manifestanti (10.000 secondo attivisti) sono scesi in strada, come Sleibe, Raml Filastini, Bustan Saydawi, al Shaab e Raml Janubi. Le aree sulla costa, come Raml Al Filastini, sarebbero state colpite dal fuoco delle navi della marina militare stazionate nel porto. L’esercito avrebbe intimato ai residenti tramite altoparlanti di evacuare l’area prima dell’inizio dei rastrellamenti e migliaia di persone sarebbero state convogliate verso il centro della citta’ e radunate nello stadio. “Sparano a tutto cio’ che si muove” riferisce un residente. 34 le vittime civili, tra cui una bambina di due anni, dall’inizio delle operazioni secondo i Comitati di coordinamento locali delle proteste. Le fonti ufficiali negano l’utilizzo della Marina e affermano che l’intervento militare e’ diretto contro bande di terroristi armati.

Dall’inizio del Ramadan la repressione si e’ intensificata, causando oltre 260 vittime denunciano ong dei diritti umani.

Dopo Hama e Deir Az zoor, dove l’esercito ha condotto pesanti operazioni militari nelle scorse due settimane, e’ il turno di Latakia ad essere “punita” per le manifestazioni di protesta contro Bashar al Assad denunciano gli attivisti.

Piu’ simile a Beirut che a Deir Az Zoor, desertica e abitata da tribu’ arabe di origini beduine, a Latakia, principale porto commerciale del paese e localita’ balneare, vivono alawuiti, sunniti ed una significativa comunita’ cristiana. La strada principale, quella dello shopping, e’ chiamata “Americani”. La famiglia estesa degli Al Assad, proveniente dai villaggi alawuiti delle montagne circostanti, ha costruito il proprio potere economico tramite il controllo delle attivita’ legali ed illegali del porto –gestite in passato dal cugino di Bashar, Jamal. Il termine shabiha, riferito in origine alla banda criminale incaricata dei traffici illeciti della famiglia Al Assad, oggi viene utilizzata comunemente in Siria per identificare le milizie para-militari e pro-governative (simili ai baltaji egiziani) attive nella repressione delle proteste e composte in maggioranza da alawuiti. Come a Beirut, la composizione settaria e l’atmosfera varia da un quartiere all’altro. L’esercito era stato inviato a Latakia la prima volta il 26 Marzo, all’inizio dell’ondata di proteste. Secondo un modello gia’ visto in altre citta’, dopo il ritiro dei mezzi pesanti le manifestazioni sono riprese. L’area di Raml, sobborgo povero e privo di infrastrutture, e’ rimasta circondata dall’esercito da allora: ad ogni strada di accesso abbiamo visto un mese fa check-point di militari che controllavano documenti ed ispezionavano le macchine. Mentre nel quartiere residenziale Mashrua’ Tamanye (a maggioranza alawuita) i caffe’ alla moda traboccavano.

Le tensioni settarie, prevalentemente tra i sunniti in maggioranza nelle proteste e gli alawuiti da cui proviene la famiglia Al Assad, sono cresciute nell’aria in citta’ anche se non sono ancora scoppiati significativi scontri diretti. “Schiacceremo la testa a questi terroristi” disse un tassista alawuita. “Ci sono stati sicuramente degli errori da parte delle autorita’ ma sono iniziate le riforme. Cosa vogliono quelli che protestano a Raml? Non e’ chiaro” disse Asha, giovane donna alawuita sposata con un artista sunnita. Ahmad, giovane regista originario di Daraa e vissuto in Belgio afferma:”mi accogo di odiare l’accento degli alawuiti (che pronunciano la Qaf) perche’ e’ quello dei servizi di sicurezza (dove gli alawuiti sono sovrarappresentati).” Il pericolo di scontri settari e di guerra civile e’ presente, qualche slogan settario e’ stato urlato nelle proteste anche se i manifestanti si sforzano di sottolineare un’immagine di unita’ attraverso lo slogan “il popolo siriano e’ unito.”

I Palestinesi

A causa dell’attacco dell’esercito contro l’area di Raml, in cui si trova il campo profughi palestinese Raml Al filistin, tra i 5000 ed i 10000 rifugiati palestinesi sono fuggiti. Chris Gunness dell’UNRWA, l’Agenzia dell’ONU per i palestinesi, ha dichiarato “che non sappiamo dovo sono, chiediamo alle autorita’ siriane di cessare le violenze e di avere accesso all’area”. Yassed Abed Rabdo, portavoce dell’OLP, da Ramallah definisce l’attacco “un crimine contro l’umanita’.”

In Siria vivono 496.000 rifugiati palestinesi secondo statistiche dall’UNRWA, prevalmente a Damasco e nelle aree urbane. “I palestinesi in Siria vivono in condizioni migliori che in Libano, possono lavorare ed usufruiscono dei servizi pubblici” dice Mohamad, un ragazzo ventenne del campo di Yarmouk. “La Siria e’ ufficialmente a favore della resistenza ma molti palestinesi non hanno dimenticato il massacro di Tel Al Zaatar in Libano. Dall’inizio della rivoluzione l’aria e’ cambiata.” La dirigenza palestinese ha ufficialmente tenuto un atteggiamento neutrale nei confronti degli eventi in Siria. Hamas, stretto tra la lealta’ al regime che gli garantisce appoggio e l’affilizione alla Fratellanza Musulmana dalla parte delle proteste, a differenza di Hezbollah non ha fornito aperto appoggio a Bashar Al Assad. E sono circolate voci che meditesse di trasferire il proprio quartier generale altrove. “Ma nei campi la maggior parte della gente e’ dalla parte dei manifestanti, che considerano fratelli arabi” aggiunge Rawan, altra giovane di Yarmouk. Come dimostrato dall’attacco della folla a Yarmouk contro gli uffici del FPLP-GC di Ahmad Jibril, organizzazione filo-siriana, accusata di aver organizzato le proteste del 15 Maggio e del 6 Giugno al confine con Israele, calmo dal 1973, dove decine di palestinesi sono stati uccisi dal fuoco israeliani. “La gente ha mandato un messaggio chiaro alle autorita’ siriane: non utilizzerete il sangue dei palestinesi per distogliere l’attenzione dallo scontro interno” dice Mohamad. L’attacco contro Ramal Al Filistn e vittime palestinesi potrebbero spingere questo gruppo, tenutosi finora ai margini, a scendere in campo. “La gente nei campi aspettava una ragione per protestare. Ora ce l’ha” continua Rawan, tra la preoccupazione per il futuro ed il desiderio di partecipazione.

Condanne internazionali

Si intensificano le condanne internazionali contro le violenze delle autorita’ siriane. La Germania chiede nuove sanzioni da parte dell’EU. Secondo un rapporto su Openoil.net, circa il 30% delle entrate del governo siriano provengono dall’esportazione di petrolio i cui principali acquirenti sono Germania, Francia ed Italia. Le parole piu’ dure giungono dall’ex-alleato ed importante vicino turco che Dopo la visita lo scorsa settimana di Davutoglu a Damasco, Erdogan aveva concesso a Bashar due settimane per “intraprendere riforme significative.” Ieri Davutoglu ha affermato che le violenze “devono cessare immediatamente ed incondizionatamente”, altrimenti “non ci sara’ niente da discutere sui passi da intraprendere.” Nena News

 > Nel video un’ incursione di carri armati a al Raml el Junubi.