Culture

“Sin mujeres no hay revolución”, un manifesto femminista

Documento del collettivo Mujeres libres per parlare di autocoscienza, aborto, antifascismo, precarietà ed altro ancora: “Crediamo ci sia bisogno di femminismo perché solo col femminismo è possibile mettere in discussione i rapporti di potere fra generi”.

03 Luglio 2016 - 16:50

Sin mujeres no hay revolución
Manifesto delle Mujeres libres Bologna

Mujeres Libres (repertorio Zic.it)Siamo un collettivo femminista di donne. Le nostre lotte alla diseguaglianza di genere non si riducono alla tutela delle persone biologicamente donne, ma si basano sulla presa di coscienza di un soggetto politico che nella nostra società si trova in una posizione di potere asimmetrica. La nostra lotta si interseca alle lotte dell’ antifascismo , dell’ antirazzismo e dell’anticapitalismo. Crediamo ci sia bisogno di femminismo perché solo col femminismo è possibile mettere in discussione i rapporti di potere fra i generi. Vogliamo avere i mezzi per decidere cosa fare delle nostre vite, ma anche la libertà di essere ciò che vogliamo, senza ruoli e senza dover chiedere il permesso. E solo la lotta antisessista , che smaschera i meccanismi del patriarcato ancora vividi e agenti in tutti gli ambienti che attraversiamo, può portarci alla fine di questo percorso. Con l’autocoscienza prendiamo consapevolezza di ciò che ci piace e ciò che vorremmo; con le piazze rivendichiamo l’urgenza di un mondo nel quale ogni donna abbia i mezzi e soprattutto la libertà per essere ciò che desidera, senza compromessi. Abbiamo scritto qui di seguito qualche parola per spiegare come la nostra lotta prende forma, e quali sono le basi e i nodi che riteniamo imprescindibili.

Autocoscienza

L’autocoscienza, pratica essenziale del nostro collettivo, è un momento di discussione in cui, partendo da noi stesse e dal nostro vissuto, confrontiamo le nostre esperienze in un contesto di attenzione e ascolto le une verso le altre. L’idea fondamentale è quella di creare un momento libero e protetto in cui si sospende completamente il giudizio, in cui ci si ascolta e ci si esprime senza commentare o consigliare le altre, senza l’esigenza di trovare una posizione comune. Il tema scelto per l’autocoscienza è condiviso da tutte e può essere discusso in più momenti finché ne proviamo il bisogno. Le riflessioni che emergono da alcune tematiche di autocoscienza, partendo dal sé, sia individuale sia collettivo, possono diventare spunto per la costruzione di percorsi politici anche al di fuori del momento assembleare. Ad esempio, a partire dal percorso di autocoscienza sui corpi e sui modelli di donne proposti dai mass media e dalla pubblicità, abbiamo costruito le campagne S-corporati dalla norma e Schifosa pubblicità sessista. L’autocoscienza è uno strumento che ci consente di prendere consapevolezza di determinati vissuti e di metterci in discussione collettivamente, portandoci spesso a scoprire che quella che pensavamo potesse essere un’esperienza strettamente personale è in realtà qualcosa di sistemico e culturale. Al contempo, l’autocoscienza è una pratica personale e liberatoria poiché ci permette di attribuire significati e pesi diversi a ciò che abbiamo vissuto.

Aborto e obiezione

Siamo per la libertà di scelta e l’ autodeterminazione di ogni donna, contro chi vuole fare della propria visione del mondo un’imposizione e un obbligo per tutte. Non contestiamo la libertà di espressione, ma combattiamo chi fa militanza con l’obiettivo di impedirci di prendere decisioni sul nostro corpo in completa autonomia, come i cattofascisti che occupano ospedali e consultori. In questi anni spesso abbiamo deciso di contrastare le “preghiere” degli antiabortisti di fronte alle cliniche dove si effettuano Interruzioni Volontarie di Gravidanza, perché riteniamo che infliggano alle donne, bollate come assassine, una violenza psicologica inaccettabile. Siamo contro gli obiettori di coscienza che, appellandosi ad una propria scelta individuale (permessa loro dall’art. 9 della legge 194 sull’aborto) , impediscono materialmente da una parte la possibilità di abortire, e dall’altra l’accesso alla contraccezione d’emergenza, seppur illegalmente. Convinte che l’obiezione non sia solo da parte dei medici ma anche da chi rifiuta o rende difficoltoso l’accesso alle informazioni, abbiamo redatto una guida pratica all’IVG per la città di Bologna. Difendere la legge 194 e il diritto all’IVG non ci basta: vogliamo l’ abolizione dell’art.9 che consente a medici e personale sanitario di non praticare gli aborti. A 40 anni dalla 194, l’obiezione di coscienza, che ad oggi riguarda più del 70% del personale medico sanitario, non ha più ragione di esistere: chi sceglie di diventare ginecologo, infermiere, anestesista sa già che sarà chiamato ad effettuare IVG. Vogliamo un accesso all’IVG libero, gratuito e garantito a tutte. Vogliamo ospedali e consultori dove non ci sia spazio per l’associazionismo cattolico “no-choice”. Vogliamo che sia rispettato il diritto di tutte ad accedere alla contraccezione d’emergenza. Siamo contro lo stigma che le donne subiscono quando affrontano l’interruzione volontaria di gravidanza. Per questo pensiamo sia importante creare e divulgare una narrazione dell’esperienza dell’aborto che non sia quella colpevolizzante e vittimistica di matrice cattolica, che vuole sempre le donne pentite, sopraffatte e mai autodeterminate. Crediamo che un buon modo per contrastarla sia quello del confronto, dell’ascolto e del mutuo appoggio tra donne, per trovare nelle parole delle altre e nella pratica della condivisione forza ed energia. Per questo abbiamo lanciato la campagna Abortisco e #nonmipento che raccoglie testimonianze di donne che hanno abortito.

Antifascismo

Siamo un collettivo antifascista perché il femminismo che pratichiamo non può prescindere dal rifiuto netto del fascismo, una della più reazionarie forme di patriarcato e autoritarismo, del quale ancora subiamo l’eredità. Rifiutiamo l’ambiguità che risiede dietro la frase “hanno tutti bisogno di esprimersi”. Pensiamo sia impossibile una pacificazione democratica con chi si dichiara apertamente fascista – ispirandosi al ventennio o rimescolandolo sull’onda del nuovo millennio – e con chi, pur non definendosi tale, il fascista lo fa parlando di famiglia “naturale” o propagando idee misogine, eteronormate ed omofobe. Di fronte ai fascisti, e ai loro travestimenti, pensiamo che l’azione diretta e le mobilitazioni pubbliche siano momenti necessari, che esprimono partecipazione e conflittualità . Come collettivo femminista, condividiamo questi momenti con altre realtà antifasciste, con cui sosteniamo anche una cultura antifascista nel quotidiano tramite iniziative pubbliche, momenti di aggregazione e di riflessione. Non ci limitiamo a questo, ma cerchiamo di portare il discorso antifascista a persone e realtà che ancora non abbiano avuto una presa di coscienza anche nel nostro agire quotidiano. Siamo consapevoli delle difficoltà di portare avanti un antifascismo che non sia semplicemente di contrapposizione, e riconosciamo la problematicità dell’esistenza di dinamiche sessiste dentro molte realtà antifasciste. Ma essere presenti, partecipare, interrogarci sulle forme che il fascismo prende può essere un buon modo per trovare nuove forme di autodeterminazione dentro il movimento “misto” e contro i fascisti.

Pratiche

– Assemblea
Le nostre assemblee sono articolate in alcuni momenti che possono svolgersi o meno a seconda delle esigenze: autocoscienza, dibattito, discussioni organizzative per portare avanti iniziative, eventi, campagne etc. Per prendere le decisioni utilizziamo il metodo del consenso , non della maggioranza. Tolti i punti fondanti del pensiero del collettivo (che riportiamo qui nel nostro manifesto), non è indispensabile arrivare a pensare tutte la stessa cosa, l’importante è trovare attraverso la discussione (senza limiti di tempo) una decisione unanime in cui ciascuna si riconosca. L’orizzontalità dell’assemblea è garantita dall’autocontrollo che ognuna di noi si dà: ognuna è responsabile dell’autoregolazione del gruppo perché ripudiamo ogni pratica verticistica e gerarchica. L’assemblea è aperta a tutte le donne che condividono i punti fondanti del collettivo. Poiché crediamo che gli ambienti protetti favoriscano una maggiore inclusione siamo un collettivo separatista nell’assemblea ma non necessariamente nelle pratiche pubbliche. Il nostro stile di militanza non è quello totalizzante: ci sono diverse modalità possibili di partecipazione, vari livelli di impegno, ognuna sceglie di dedicarsi al collettivo secondo le proprie possibilità e priorità.

– Contestazione
Non riteniamo ci siano modalità di contestazione giuste o sbagliate in assoluto, per questo di volta in volta scegliamo, attraverso l’assemblea, le pratiche, performative o conflittuali, che ci sembrano più adatte agli obiettivi che ci diamo tenendo conto delle nostre soggettività e dei nostri desideri. La tutela della nostra individualità viene prima di tutto il resto: ciò significa che ognuna deve sentirsi sicura e a proprio agio nell’azione che sta portando avanti. Questo non significa che la pratica decisa in assemblea debba essere poi per forza di cose agita da tutte, sebbene tutte la condividano. Facciamo nostre certe pratiche, troppo spesso utilizzate anche tra i compagni del movimento come pura esibizione di forza fisica e non orientate a un chiaro obiettivo, rigettandone la retorica machista e allo stesso tempo scardinando il binomio donna/pace per posizionarci come soggetti conflittuali alla ricerca di nuovi strumenti e metodi di contestazione diretta.

– Controinformazione / prevenzione
Usiamo la pratica della controinformazione per contaminare gli ambienti che attraversiamo. È fondamentale per noi uscire dall’autoreferenzialità del movimento attraverso la diffusione di comunicati online, tramite i volantinaggi nelle strade, organizzando iniziative o banchetti nei quartieri, e come singole nei luoghi e tra le persone che incontriamo quotidianamente. Questo ci consente di raggiungere chi non è già informato e di prevenire la diffusione di idee sessiste, fasciste, razziste, etc.

– Rapporti con altri gruppi e solidarietà
Crediamo nell ‘intersezionalità delle lotte , nelle potenzialità che derivano dall’unione con gruppi non solo femministi con cui scegliamo di coordinarci a secondi degli obiettivi che ci poniamo. I rapporti con gli altri gruppi possono declinarsi in una condivisione vera e propria di percorsi di lotta e rivendicazione, oppure in pratiche politiche di mutualismo e altre forme di solidarietà come il sostegno concreto oppure l’appoggio alle loro lotte. L’ autofinanziamento , necessario a portare avanti i nostri percorsi, avviene totalmente durante le iniziative pubbliche, non ci autotassiamo né accettiamo finanziamenti esterni.

Precarietà

Tra le nostre riflessioni alcune riguardano il peso che la precarietà, unica via che questo sistema economico ci lascia, assume nelle nostre vite, nel modo in cui ci autorapprensentiamo, nella nostra progettualità e nella nostra militanza. Ci districhiamo fra innumerevoli lavori, nel tempo libero ne cerchiamo di altri, ci sentiamo ricattabili e sottoposte costantemente a giudizio. La separazione tra tempo del lavoro e tempo della vita è sempre più torbida e questo costante senso di allerta va a insinuarsi nel modo in cui viviamo le relazioni e nel nostro impegno politico. Ci ritroviamo catapultate in una dimensione di accresciuta individualizzazione e atomizzazione. Non siamo noi a scegliere di essere precarie, ma sono le condizioni e i contratti di lavoro a cui siamo sottoposte che ci impediscono di fare scelte sulle nostre vite in maniera autodeterminata . Questo senso di instabilità compromette la possibilità di fare progetti sul futuro e influenza il modo in cui ci autorappresentiamo. Per questo riteniamo che la lotta femminista debba muoversi anche per far sì che essere precarie sia una scelta presa in autonomia e non un’imposizione dall’alto.

Sessualità

Crediamo in una sessualità che ci permetta di esprimere liberamente i nostri desideri e di assecondarli anche se non sono convenzionali. Una volta accertato il consenso esplicito di tutte le soggettività coinvolte, non crediamo sia giusto incorrere in nessuna forma di giudizio o di condanna . Tutt’oggi esprimere in maniera pubblica la propria sessualità, quando difforme da ciò che la morale accetta, espone a stigma sociale. Ciò fa sorgere spesso sensi di colpa o impedisce l’uscita dagli schemi che impongono il modello della famiglia tradizionale, monogamica e eterosessuale e che associano la sessualità solo alla riproduzione e mai al piacere femminile. Per questo riteniamo che la via verso l’emancipazione passi anche attraverso la messa in discussione di questi e di molti altri stereotipi sessuali che cultura e società ci impongono. In questo senso riteniamo la sessualità, quella delle donne in particolare, un campo di battaglia , uno spazio nel quale mettere in gioco pratiche politiche, di libertà e di resistenza che raggiungano il discorso pubblico creando nuovi immaginari e narrazioni, ed è per questo che n el corso degli anni il nostro collettivo si è occupato di postporno e pratiche sessuali BDSM. Crediamo fortemente che per fare tutto questo sia necessario un passaggio intermedio che noi attuiamo durante l’autocoscienza, condividendo le esperienze del nostro vissuto personale in un ambiente protetto e paritario di sole donne. La rivoluzione delle donne sarà anche sessuale, o non sarà. Siamo consapevoli che questo manifesto non è esaustivo di quello che il nostro collettivo è o vorrebbe essere, ma i punti espressi costituiscono lo sfondo imprescindibile della nostra militanza politica e il terreno fertile da cui potranno nascere nuovi percorsi. Perciò il nostro obiettivo è trasformare la rabbia in lotta contro patriarcato e capitalismo con la gioia della partecipazione .

Mujeres libres Bologna – Collettivo femminista

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