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SiCobas: “Assumere tutti o non smobilitiamo”

E incalzano: “Da Cgil marchetta a LegaCoop”. In mattinata volantinaggio itinerante di facchini e solidali in centro: “Permesso di soggiorno ci dice che finché lavoriamo possiamo restare. Ma può il lavoro sacrificare la nostra dignità?”,

06 Febbraio 2014 - 20:10

I SiCobas attendono una nuova convocazione in prefettura ma tengono la barra dritta sulla rivendicazione di date “precise e certe” per la “riassunzione di tutti i 51 lavoratori” licenziati da Sgb e in attesa da mesi di essere ricollocati. E “se non ci saranno novità in tal senso, non verrà smobilitato nessun presidio e si metterà in campo ogni iniziativa sindacale nei limiti che la legge prevede”.

Nessun margine, quindi, per una soluzione parziale, che escluda qualcuno dei facchini in lotta. D’altronde, sottolinea il sindacato, già l’accordo di luglio prevedeva la riassunzione entro ottobre di 23 lavoratori e che per i restanti 28 ci sarebbe stato entro un altro incontro prima di dicembre. Ma ad oggi i lavoratori riassunti sono nove “e questo fatto determina una disattesa degli accordi presi e sottoscritti unitamente alla figura istituzionale del Prefetto di Bologna”.

“Dati questi precedenti pare evidente che la fiducia nostra e dei lavoratori sia stata tradita disattendendo ogni impegno, ne consegue che ogni proposta che venga dalla controparte tramite l’intermediazione prefettizia deve andare nella direzione di dare una soluzione a tutti i 51 lavoratori ingiustamente licenziati al secondo giorno di sciopero”, spiegano.

I SiCobas oggi hanno anche risposto alle parole della strana alleanza Cgil-Arci-Libera. “O si tratta di una provocazione esplicita e spudorata, una marchetta nei confronti di Legacoop, oppure chi scrive viene da Marte. Propendiamo per la prima”.

“Che si parli di salari da fame, di taglieggiamenti di buste paghe, di condizioni di sfruttamento di stampo ottocentesco – incalzano il sindacato – di assenza di diritti elementari, di licenziamenti politici per ritorsione, di minacce, soprusi, razzismo, non ha alcuna importanza”, le vittime di questo sistema vengono comunque dipinte come “perturbatori dell’ordine pubblico”.

A proposito di LegaCoop, oggi si è scomodata perfino la direzione nazionale, e il ritornello è sempre lo stesso: “La protesta quando sconfina in intimidazioni e minacce, si colloca al di fuori di un legittimo confronto sindacale”, ecc. ecc. Questo, è utile ricordarlo, in giorni in cui la protesta prosegue, ma nella massima tranquillità e ad alzare i toni sono solo voci provenienti dal ceto politico, imprenditoriale e dai sindacati confederali.

Intanto, un piccolo corteo di lavoratori e attivisti del Presidio permanente dei cancelli Granarolo si è mosso in mattinata volantinando da Piazza dell’Unità a Piazza Maggiore. Crash riferisce di “applausi, pacche sulle spalle, e sorrisi” da parte dei pssanti: “Piccoli gesti di solidarietà quotidiana che difficilmente entreranno nelle cronache dei giornali, ma che sono la nostra energia per andare avanti nella nostra giusta lotta – continua il centro sociale di via della Cooperazione – Noi non abbiamo i soldi per comprare le pagine dei quotidiani, e a noi nessun caporedattore permetterebbe mai di firmare lunghi editoriali, concessi democraticamente solo ai numeri 1 dei potentati cittadini. Noi abbiamo gli strumenti di comunicazione più poveri e ne andiamo orgogliosi perché sono quelli che parlano al cuore e al senso di giustizia di chi ci ascolta”.

Sul volantino, una lettera aperta alla città: “Siamo trattati come schiavi nei magazzini lontani dal centro cittadino – scrivono i facchini – nelle periferie buie dove il nostro turno di lavoro inizia al tramonto e finisce quando il sole tiepido inizia a scaldare la città. Lavoriamo nelle celle frigorifere e nei magazzini polverosi e bui. Spostiamo bancali di merci nei piazzali d’asfalto dove file di camion ci attendono per essere caricate. ritmi con cui lo facciamo vngono cronometrati e debbono essere sempre più veloci, poco importa che lo si faccia durante il caldo torrido dell’estate, o nel gelo invernale.

“La maggior parte di noi è arrivata in questo paese lasciando la propria terra e i propri affetti in cerca di un futuro migliore – continuano – Nel nostro viaggio pochi di noi hanno avuto la fortuna di arrivare con tutti quelli con cui erano partiti. Molti dei nostri compagni non ce l’hanno fatta. Inghiottiti da un mare che non ricorderà nemmeno i loro nomi. Lasciati a marcire in carceri come quelle libiche dove ogni diritto umano è sospeso. Dimenticati nei ‘centri di accoglienza’ italiani dove nudi nei piazzali venivamo ripuliti con gli idranti come la storia ci ricorda facevano i nazisti nei campi di concentramento. Molti di noi alle spalle hanno storie terribili come queste. Ma ora siamo qui con un permesso di soggiorno che ci dice che finché lavoriamo possiamo restare. Ma a quali condizioni? Può il lavoro sacrificare la nostra dignità?”

E su Granarolo, chiedono: “Se vanta un fatturato che lo scorso anno ha sfiorato i 100 milioni e si conferma in crescita, perché il suo presidente ha permesso che una cooperativa a cui aveva affidato il lavoro del facchinaggio ci tagliasse le buste paga per stato di crisi, mentre peraltro si continuavano a fare straordinari?”.