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Sfratto rinviato anche alla Barca

Pugno chiuso dà appuntamento a un nuovo picchetto a giugno in via Gandusio: “Acer e Comune come mafia e palazzinari”. Sgb aderisce al corteo promosso da Social Log per questo sabato.

26 Maggio 2016 - 15:06

Basta sfratti - © Michele LapiniAnche oggi alla Barca strappato il rinvio dello sfratto previsto, che avrebbe interessato due fratelli inquilini Erp di cui uno invalido per lavoro. Ne dà notizia l’Associazione sindacale Pugno Chiuso, che dà appuntamento al 14 giugno per un nuovo picchetto, stavolta in via Gandusio 8, “per difendere due famiglie dall’arroganza di Acer e Comune – leggi mafia e palazzinari”.

La stessa associazione aveva diffuso ieri un lungo comunicato: “Siamo un piccolo sindacato inquilini, nato pochi mesi fa dall’iniziativa di un comitato inquilini – Comitato Inquilini Via Gandusio – costituitosi per difendere alcune famiglie di inquilini nelle case popolari”, si legge nel testo.

“Difendiamo gli inquilini delle case popolari – prosegue l’associazione – non solo dagli sfratti, ma anche dagli aumenti e dagli abusi delle istituzioni in materia d’abitare (in particolare nell’edilizia popolare). Come scriviamo nel nostro statuto, ‘l’esistenza dell’associazione è resa necessaria dall’attuale negligenza dei sindacati e delle istituzioni competenti rispetto ai diritti ed ai bisogni degli inquilini’. Forse qualcuno si stupirà che vengano eseguiti sfratti dalle case popolari, in un quartiere della periferia povera d’una città come Bologna. La cui reputazione di attenzione verso le fasce sociali più basse è, forse, un poco esagerata, soprattutto in considerazione della mutazione della ‘sinistra’ nel ‘moderno’ PD. Proprio Bologna infatti è stata in questi anni il luogo privilegiato in cui sperimentare una certa gestione dell’emergenza abitativa nell’edilizia popolare, già definita dai suoi paladini come ‘turnover’ delle assegnazioni emergenziali, attraverso l’utilizzo di svariate tipologie di contratti a termine, denominati a seconda della durata contratti ‘d’emergenza’, ‘a parcheggio’, etc. In sostanza l’amministrazione comunale istituisce una graduatoria d’’emergenza’ attraverso cui assegnare temporaneamente alloggi popolari a singoli e famiglie delle fasce più deboli, per un massimo di tre anni. Tale graduatoria riguarda ormai, vista l’ampiezza dell’emergenza abitativa, svariate migliaia di persone, ed i contratti provvisori sono divenuti, di conseguenza, non più l’eccezione ma la norma dell’assegnazione della casa popolare a Bologna. Le graduatorie non emergenziali, come è noto, sono bloccate da anni. A sentire le parole dell’assessore alla politiche abitative e alla sicurezza Riccardo Malagoli, dopo tre anni una famiglia lavoratrice il cui Isee non è sufficiente all’iscrizione alla graduatoria ufficiale non sarebbe più in condizione di ’emergenza abitativa’, come se il bisogno dell’alloggio cessasse improvvisamente oppure l’inquilino in tale lasso di tempo avesse la possibilità di sistemarsi nel privato. Il vero colpo da maestro, architettato dai Comuni e dagli enti preposti arriva però una volta scaduto il contratto: allo scadere della durata stabilita, il contratto provvisorio è commutato come per magia in ‘contratto’ da ‘occupante abusivo’. L’inquilino, trovandosi nell’alloggio oltre tale durata, è ritenuto occupante dello stabile assegnatogli magari l’anno prima. Se l’inquilino o perché non ha in mano il proprio contratto o per semplice necessità (situazioni tutt’altro che insolite nella cosiddetta emergenza) non rilascia l’alloggio, si vede chiedere cifre crescenti di ‘canone’ ed utenze come indennità, spesso raddoppiate o triplicate dall’oggi al domani. Così, senza che l’inquilino abbia un reale contratto in mano, egli viene considerato, in quanto occupante, passibile di sfratto, ma solo dopo avergli ‘richiesto’ somme ingenti. Tutto ciò è testimoniato da decine di persone che si rivolgono al nostro sportello sindacale, e dagli sfratti che mensilmente impediamo. Questa vera e propria estorsione organizzata sulla pelle di famiglie già in difficoltà può apparire incredibile, ma la volontà di fare cassa delle istituzioni costantemente minacciate da nuovi tagli non conosce ormai più vergogna, e solo l’organizzazione e la lotta degli inquilini possono mettere i bastoni tra le ruote ad istituzioni spesso andate fuori controllo”.

Pugno chiuso cita il caso di mafia Capitale, “esempio calzante della corruzione avanzata e del malaffare stabilitosi ormai all’interno delle istituzioni stesse. Mafia Capitale è anche un buon esempio della compenetrazione di ‘pubblico’ ed affari ed affarucci privatissimi, come quelli che anche a Roma giravano attorno all’’accoglienza’ dei migranti. Quest’ultima è pezzo forte anche dell’amministrazione bolognese: decine di alloggi popolari sono concessi dall’Azienda Casa Emilia Romagna (Acer, ex-Iacp) ad associazioni cosiddette ‘benefiche’ e ‘no profit’, le quali dietro lautissimo compenso pubblico gestiscono l’integrazione d’immigrati trattati non meglio di bestie, nella più totale oscurità e silenzio stampa: abbiamo raccolto testimonianze di alcuni, che hanno vinto la paura di essere sfrattati e di perdere tutto, i quali raccontano di ricatti quotidiani, abusi d’ogni tipo, inesistenza di servizi fino ad arrivare al lavoro gratuito, cosiddetto ‘volontario’, per associazioni ‘no profit’ arricchite da valanghe di denaro pubblico di cui l’immigrato ‘assistito’ non vede un euro. Il sistema così organizzato è peraltro riprodotto esattamente dai servizi sociali, tramite i quali sono stipulati molti contratti d’emergenza; l’inquilino è sottoposto a controllo costante da parte di individui, che nulla offrono agli assistiti se non un alloggio precario e la minaccia costante di vedersi togliere i figli se non si seguono le direttive dei ‘programmi d’assistenza’ elaborati da costoro. Questa è la realtà quotidiana di decine di famiglie lavoratrici nella periferia di Bologna, e frammenti delle condizioni di vita d’inquilini con cui entriamo in contatto ogni mese e con cui lottiamo. Di fatto, in questi anni di smantellamento del welfare la casa non ha fatto eccezione, finendo per venire ‘subappaltata’ ad un welfare privatistico (di cui le associazioni sono un tassello) divenuto ben presto giro d’affari, come il caso romano mostra chiaramente. L’edilizia pubblica tramutata in territorio di business e sfruttamento dei più deboli è uno scandalo particolarmente odioso che ad oggi solamente piccole realtà come la nostra hanno denunciato. Ad oggi siamo inoltre uno dei pochissimi sindacati inquilini a denunciare l’occultamento e l’utilizzo ‘alternativo’ dei fondi ex-Gescal, che giacciono nella Cassa Depositi e Prestiti (oggi co-proprietà d’alcune grandi banche), prelevati in decenni dalle buste paga con la destinazione speciale di finanziare l’edilizia pubblica. Alla politica che canta la litania del ‘non ci sono fondi’, ‘sono finiti i soldi’ ricordiamo l’esistenza di fondi simili, denaro della classe operaia recentemente utilizzato per tappare i fallimenti delle banche, finanziare le grandi opere e le grandi aziende private – come l’Ilva. Il fatto che avere un tetto sotto cui dormire e crescere i figli sia, oltre ad un bisogno essenziale, un diritto per tutti i lavoratori, non deve restare un edificante slogan dei movimenti antagonisti, anche considerato che i lavoratori d’ogni nazionalità hanno sempre versato i contributi destinati all’edilizia popolare, come la famigerata Gescal. Due anni dopo che la Fondazione Leone Moressa ha classificato la periferia di Bologna come la zona più a rischio banlieue in Italia, e mano a mano che l’emergenza abitativa esplode e diviene oggetto di dibattito politico, rivendichiamo una gestione totalmente diversa dell’edilizia pubblica. Pretendiamo che sia finalmente al servizio delle famiglie proletarie e non un business per approfittatori pubblici e privati, grandi e piccoli. Per affrontare l’emergenza creata dalle istituzioni, pretendiamo l’abolizione dei contratti provvisori d’alloggio, l’assegnazione definitiva di tutto lo sfitto pubblico che ancora ammonta a migliaia di alloggi in Bologna e provincia, la moratoria ed il blocco immediato degli sfratti in programma, lo sblocco dei fondi ex-GESCAL ed il loro utilizzo per un’edilizia veramente popolare, non per finanziare i privati. Questo è il minimo da pretendere e da concretizzare per la soddisfazione di un bisogno primario come quello dell’alloggio, soddisfazione negata in tempo di crisi a sempre più famiglie lavoratrici di ogni nazionalità e provenienza”.

Intanto Sgb ha aderito al corteo di questo sabato promosso da Social Log: “Concordiamo con la necessità di sottolineare la natura indipendente della lotta per l’abitare come per quella del diritto al lavoro e ad una vita dignitosa per tutti. E’ proprio sul terreno della rivendicazione degli autonomi interessi della classe, che ci sembra urgente cercare di rilanciare un movimento sociale conflittuale che si ponga l’obbiettivo del risveglio delle coscienze e della lotta che decenni di concertazione hanno sopito. Guardiamo con speranza a ciò che avviene, ormai da alcune settimane, in Francia grazie ad un grande movimento di lavoratori e studenti e lavoriamo per creare le condizioni affinché il nostro paese ne sia “contagiato”. Per questo daremo il nostro contributo alla riuscita della manifestazione di sabato prossimo”.