Culture

Se l’Alma Mater omaggia il regime saudita che
decapiterà Al Nimr

Al Dipartimento delle Arti “serata in onore della Reale Ambasciata dell’Arabia Saudita”. Paese che, con la media di un’esecuzione ogni due giorni, ha condannato a morte un 20enne dopo una manifestazione. Un ricercatore: “E’ una vergogna”.

24 Ottobre 2015 - 14:39
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(dal programma della serata)

Si tratterà esplicitamente, senza tanti giti di parole, di una “Serata in onore della Reale Ambasciata dell’Arabia Saudita”. Quando? Martedì prossimo. Dove? Ecco, qui sta il punto: all’Università di Bologna, per la precisione nei Laboratori delle arti che si trovano nella piazzetta intitolata (ahi lui) a Pier Paolo Pasolini. L’iniziativa, intitolata “Musica e poesia tra Oriente e Occidente”, è organizzata dal Centro Interdisciplinare di Scienze dell’Islam “Re Abdulaziz” (che fa parte del Dipartimento di Storia Culture Civiltà dell’Ateneo) in in collaborazione con il Dipartimento delle Arti (sempre dell’Ateneo). La serata, del resto, è ampiamente pubblicizzata da UniboMagazine, la testata giornalistica istituzionale online dell’Alma Mater. In programma letture e musiche al pianoforte, ma questo è un dettaglio. Il nocciolo della questione, come scrive il ricercatore che ha segnalato a Zic la vicenda, invece è: “Dove hanno preso ispirazione in Ateneo per dedicare una serata musicale ‘in onore della Reale Ambasciata dell’Arabia Saudita’? Al Dipartimento delle Arti, insomma, si festeggerà l’ambasciatore di un regime criminale e oscurantista, nel quale un ragazzo di 20 anni è stato condannato alla crocifissione”. Eppure “questa vergogna rischia di passare sotto silenzio. Al Salone del Libro (che certo non brilla per apertura mentale) hanno ritirato l’invito all’Arabia Saudita come ospite d’onore, mentre a Bologna l’Università omaggia questo regime”.

Il riferimento contenuto nella segnalazione riguarda la storia di Ali Mohammed Al Nimr, arrestato per aver partecipato ad una manifestazione nel 2012 (quando aveva 17 anni) e condannato di recente a morte, tramite decapitazione e poi crocifissione fino a putrefazione. Questo in un Paese in cui tra agosto 2014 e giugno 2015, secondo i dati di Amnesty International, sono state messe a morte almeno 175 persone, con la media di un’esecuzione ogni due giorni.

Tanto per essere chiari, queste le parole con cui il capo dell’Ambasciata saudita che verrà omaggiata dall’Ateneo, Rayed Krimly, ha risposto al passo indietro del Salone del Libro di Torino che aveva invitato l’Arabia come ospite d’onore della manifestazione: “Le nostre leggi, le nostre istituzioni politiche e giudiziarie, e le nostre politiche sono in fase di modernizzazione in base ad un ritmo e a modalità in linea con i bisogni e le esigenze della nostra gente. Essi non sono concepiti per soddisfare i più recenti capricci degli altri. A voi possono non piacere alcuni aspetti dei nostri valori o della nostra cultura o delle nostre leggi, ma questi appartengono a noi e non a voi. Peraltro, anche noi potremmo non gradire alcuni aspetti della cultura, della politica o del sistema giuridico Italiano, ma non ci troverete ad impartirvi lezioni su come condurre i vostri propri affari”.

All’Università, però, di certe questioni evidentemente non importa molto. Forse perchè il Centro Interdisciplinare di Scienze dell’Islam è nato “grazie al generoso finanziamento saudita”, come è scritto chiaro e tondo nella presentazione del Centro medesimo?

E chissà cosa ne penserà il sindaco Virginio Merola e i consiglieri comunali che all’unanimità, giusto qualche settimana fa, hanno votato un ordine del giorno contro la condanna di Ali, in cui si richiama la “vasta mobilitazione internazionale” nata per salvargli la vita, si chiede al Governo italiano di attivarsi per “scongiurare l’esecuzione” e per “sostenere in ogni sede internazionale l’abolizione della pena di morte”. Forse, semplicemente, si gireranno dall’altra parte com’è già successo di recente. Ricordate il festival del regime eritreo, per il quale fu serenamente concesso l’uso del Parco Nord?

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