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Se a Storia cercano bibliotecari volontari

Cua: “Non retribuiscono le competenze” ma intanto “chiedono di aggiungerne” come nel caso dei crediti per l’accesso all’insegnamento, costano “uno stipendio intero”. Su Lettere: “Per l’ateneo muri prioritari ai 3000 idonei senza borsa”, spesi 100.000 euro.

12 Gennaio 2018 - 11:09

“Una chiara richiesta di lavoro gratuito”. Così il Collettivo universitario autonomo bolla il bando indetto dall’Università in cerca di volontari per il servizio bibliotecario al Dipartimento di Storia.

“Piuttosto che assumere personale – attacca il collettivo – si preferisce salariare psicologicamente gli studenti con una voce in più nel curriculum, usufruire di capacità e strumenti maturati in anni di studio senza prevedere alcuna retribuzione.

Il Cua stigmatizza anche gli effetti economici della recente ennesima riforma dell’accesso all’insegnamento: “Negli ultimi mesi, molto ha fatto discutere il FIT, un nuovo percorso della durata di tre anni per accedere alle professioni dell’insegnamento nella scuola primaria e secondaria. Comprende l’obbligo di 24 crediti da conseguire in discipline antropo-psico-pedagogiche e 2 anni di successivo tirocinio sottopagato. Per chiunque, precario, aspiri alla cattedra di ruolo è obbligatorio anche se da anni esercita la professione. E per di più a pagamento, 20.83 euro a credito. Non solo si decide, ex novo, di invalidare le competenze di decine di migliaia di precari, ma l’Università si fa pure pagare per addizionare questa valutazione superflua: 500euro”.

Prosegue il comunicato: “Se questo fosse uno scherzo farebbe ridere ben poco, peccato che è la realtà ad avere un pessimo gusto. Da una parte si chiede agli studenti di aggiungere competenze e dall’altra non si retribuiscono, da una parte si chiede lavoro gratuito dall’altra uno stipendio intero per seguire corsi al fine di validare una professione. A Bologna, quest’anno, 3000 studenti sono rimasti senza borsa di studio, eppure, ieri Alma Mater comunica che riceverà 115 milioni di euro per 14 dipartimenti (Disci escluso) e che si conferma l’Ateneo più eccellente d’Italia. Qual è dunque l’ordine di priorità dell’Ateneo? Non certo i servizi agli studenti e la retribuzione delle prestazioni. Ora, quanto può andare avanti così? L’Università di Bologna non fa che confermarsi una macchina deputata all’erogazione di lavoro gratuito e di servizi necessari a pagamento, nella continua beffa di professarsi libera. Questa presa in giro non può continuare a lungo”.

Mercoledì il Cua era tornato a intervenire anche sulla cancellazione dei murales a Lettere: “Il prorettore vicario Mirko Degli Esposti intervistato sulla vicenda ha affermato chiaramente che l’università ha speso circa centomila euro per la pulizia dei muri di via Zamboni 38. Lo stesso prorettore continua dicendo in modo sincero che, si, quei soldi potevano essere investiti sulle borse di studio ma hanno preferito stanziarli per ritinteggiare le pareti della facoltà di Lettere e Filosofia in via Zamboni 38. Ora, pur volendo ammettere la possibilità di non gradire quei murales (anche se come abbiamo già ricordato nel precendete comunicato stiamo parlando di murales a loro modo storici e significativi, patrimonio di diverse generazioni di studenti e studentesse), con le sue affermazioni, il prorettore Degli Esposti, sta dicendo a chiare lettere che per la dirigenza universitaria i muri sono prioritari rispetto alle vite di oltre 3000 studenti che pur risultando idonei sono rimasti senza borsa di studio. Gli va riconosciuta la sincerità. La sincerità del disprezzo per gli studenti e le studetesse in condizioni di difficoltà. Già qualche mese fa il Rettore Francesco Ubertini aveva dichiarato che dal primo gennaio del nuovo anno l’Università si sarebbe impegnata in una ‘pulizia permanente’ di tag e graffiti dai muri della zona uni, già l’anno scorso sono stati spesi ottantamila euro per farlo”.

“Ora – si legge inoltre – la domanda ci sorge spontanea: di fronte ad un’emergenza abitativa studentesca che ha costretto tanti ad abbandonare il proprio percorso formativo e oltre 3000 studenti esclusi dalla possibilità di ricevere la borsa di studio pur essendo idonei, davvero la priorità di questa dirigenza diventa la ritinteggiatura dei muri? Alla faccia del diritto allo studio di cui si sono eretti paladini. Da una parte c’è l’Università che tutto fa tranne che risolvere i veri problemi che come studenti ci troviamo a fronteggiare, dall’altra ci siamo noi che continueremo a chiedere che il diritto allo studio non sia soltanto uno slogan ma qualcosa di concreto. Per quanto riguarda i muri della zona universitaria, sono almeno 50 anni che raccontano e parlano della storia e delle esperienze che legano generazioni diverse di studenti e studentesse. E continuerà ad essere così. Anche perché a chi attraversa questi spazi piace così. Se a Ubertini e i suoi prorettori non piace non la vediamo una tragedia, tanto difficilmente scendono dai loro uffici se non per qualche inaugurazione spot o conferenza stampa”.