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Schiava in Italia: “Non smettevano di chiamarmi zingara puzzolente”

Rosarno ha mostrato un volto della schiavitù in Italia. Questo articolo tratto da un giornale rumeno, tradotto per Zic, ne svela un altro nascosto tra le pieghe del divertimentificio romagnolo.

17 Gennaio 2010 - 01:54

I migranti a Rosarno, con la loro rivolta, hanno saputo cambiare la narrazione del lavoro in Italia. Realtà in cui non mancano caporali e padroni pronti a sparare per pagar di meno i propri schiavi stagionali.

Questa traduzione di un articolo del 2008 tratto da un giornale rumeno (Clujeanul) mostra altre dimensioni della schiavitù, attraverso il racconto di una durissima esperienza nella ridente Riviera romagnola. E mostra come viene visto in Romania il lavoro in Italia: non certo l’America sognata che molti italiani immaginano ma la patria di un popolo di schiavisti, come per altro emerge da diversi comunicati dei sindacati rumeni.

N.B. L’espressione “zingara puzzolente”  richiama una formula diventata popolare dopo che il presidente rumeno Basescu la utilizzò per definire una giornalista a suo dire troppo insistente.

Schiava in Italia: “Non smettevano di chiamarmi zingara puzzolente”

Come molti altri clujeni, ha deciso di andare a lavorare in Italia, affinché la sua famiglia potesse condurre una vita migliore. Ha saputo di un’agenzia che avrebbe potuto trovarle un posto di lavoro là da un’amica che aveva trovato una depliant nella posta. Le è sembrato interessante lo slogan della compagnia: “Per noi sei una persona, non solo un nome”. Ora dice che non lo dimenticherà mai. Questo, però, non perché in Italia sarebbe stata trattata così come dicono queste parole, ma, al contrario, perché ha vissuto sulla sua pelle un’esperienza da incubo, secondo quanto racconta.

“Sono stata accolta molto bene”

“Ho lavorato a Baciu, in una pensione, come donna delle camere, e avevo esperienza nel settore alberghiero”, inizia il racconto, emozionata, A. M., una donna della località clujena Berindu. “Ho pensato che sarebbe stato bene se avessi trovato un posto di lavoro in Italia, in un hotel. Ho preso contatti con l’azienda R. Srl, rappresentata da R. M., che un anno fa aveva sede a Turda. Sono stata accolta molto bene dalla segretaria e abbiamo preso un caffé insieme”, spiega A.

È partita per l’Italia con un contratto di mediazione ottenuto dall’azienda, per il quale, dice lei, ha pagato 300 euro, ma là è stata assunta in un hotel, con contratto di lavoro. Ha lavorato quanto doveva, dopo di che è tornata in patria. “Più avanti sono tornata di nuovo all’agenzia per fare i documenti per un nuovo contratto; era ottobre dell’anno scorso. Il 2 aprile mi ha telefonato la segretaria, che mi ha detto che avrei lavorato all’Hotel P., a S. M. Ho saputo l’indirizzo il giorno della partenza, il 15 aprile.”

Cambiamento radicale

A. è partita per l’Italia il 15 aprile, si è recata all’indirizzo comunicatole dall’agenzia e ha iniziato a lavorare come donna delle pulizie all’Hotel P., gestito dalla signora M. “Tutti la chiamavano M., solo io signora M.”, ammette A., cercando di sottolineare il rispetto con cui trattava la gestrice dell’hotel.

“Curavo l’intero hotel e iniziavo a lavorare alle 8 del mattino, mangiavo intorno alle 13-14, intervallo in cui avevo anche una pausa, mai più lunga di 30 minuti. La signora M. non mi ha fatto il contratto di lavoro e non mi lasciava uscire dall’hotel. Non ho potuto farmi un bagno prima di tre giorni, e dopo circa 10 giorni mi ha permesso di telefonare a casa”, confessa la donna. Sostiene di esser stata ingiuriata continuamente per tutto questo tempo per il solo fatto di essere romena: “Non smettevano di chiamarmi zingara puzzolente…”

Hanno riso di lei quando ha chiesto di essere pagata

A. racconta di aver stretto i denti e aver sopportato tutte le offese perché non aveva soldi e, d’altra parte, non poteva andarsene dall’hotel. “Un giorno le ho chiesto (alla signora M.) un anticipo per poter telefonare a casa. Allora è iniziato il calvario. Hanno iniziato a ridere tutti di me, (dicevano) che avevo bisogno di soldi per fare traffici. Non ho ricevuto soldi. Dopo un mese di lavoro mi sono ammalata e tremavo in cucina”, afferma A.

Dopo una settimana ha chiesto di nuovo di essere pagata per quello che aveva lavorato. “Mi hanno risposto che avrei ricevuto i soldi nel pomeriggio. È capitato in un giorno in cui vennero molti turisti. La signora mi ha mandato a fare il primo piano e, mentre salivano i clienti, mi insultava. Ho iniziato a piangere e dicevo che volevo i soldi pattuiti”, ricorda, turbata, la donna.

All’inizio non ha detto nulla ai parenti

Alla fine la clujena ha ricevuto 100 euro. Con i soldi ha chiamato i parenti, ma non ha detto nulla del modo in cui era trattata al lavoro. Dopo qualche tempo ha chiesto anche il resto dei soldi che doveva avere, in base agli accordi.

“Ho detto che volevo ancora 800 euro per mandarli in Romania. La signora M. ha chiamato R. M., ma lui le ha detto di non darmeli finché non fosse venuto lui in Italia. Ho detto che mi sarei buttata in acqua se non me li avesse dati, e forse questo ha fatto spaventare la padrona, che mandava qualcuno ogni 15 minuti a vedere cosa fosse di me”, lamenta A. “ alle 23 dello stesso giorno è venuta da me e mi ha dato 900 euro, dicendomi che non avevo fatto nulla per quei soldi. Mi sentivo male, perché non mangiavo nulla tutto il giorno, e da due giorni tremavo”, continua la donna.

“Ho telefonato a mia sorella, che mi ha detto di tornare immediatamente a casa. Ho trovato il numero di telefono di una società di trasporti di Manastur e ho telefonato agli autisti che erano in Italia, chiedendo loro di passare a S. M. a prendermi. Sono scappata dal retro e ho aspettato tre ore il pullman. Le donne che erano sul pullman hanno detto che dal mio aspetto sembravo appena scappata da Auschwitz”, chiude il racconto la clujena.

Tuttavia, pur dicendo di aver vissuto momenti da incubo all’estero, A. vuole tornare in Italia a lavorare….

Cosa dice la segretaria di R. Srl

CLUJEANUL ha contattato l’agenzia R. Srl e ha parlato con la segretaria, che desidera mantenere l’anonimato. La donna ha dichiarato che le è simpatica A. M., solo che lei avrebbe fatto diversamente dopo l’accaduto, quando è fuggita dal primo posto di lavoro.

Interrogata su come commenta le accuse che R. Srl non ha rispettato le condizioni contrattuali, la segretaria afferma che l’agenzia media soltanto per l’ottenimento di un posto di lavoro in Italia. L’elaborazione del contratto di lavoro rimane a carico del datore di lavoro, non rientrando nelle responsabilità di R.  Srl.

L’impiegata dell’agenzia ha anche affermato che i romeni non sono seri ed è possibile che per questo motivo M. non voleva pagare A., che, secondo la sua opinione, è molto impulsiva e molto entusiasta allo stesso tempo.

“Avrebbe dovuto aspettare due giorni e avremmo trovato un altro posto di lavoro in cui mandare A. M., ma così e… Ci comportiamo bene, e dopo ci buttano spazzatura addosso.

Non conta chi ha colpa, sempre noi ne usciamo infangati, perché siamo nel mezzo”, chiude la segretaria. CLUJEANUL ha cercato di ottenere anche la posizione della direzione dell’Hotel P. rispetto a questo caso. Al telefono ha risposto una donna che si è presentata come receptionist e che afferma che l’hotel è chiuso, e la signora M. non c’è.