Storia e memoria

Roma / “I carabinieri pestarono Cucchi e fecero sparire le prove”

Nella richiesta di incidente probatorio, il pm ipotizza un violentissimo pestaggio di Stefano Cucchi e una strategia scientificamente orchestrata per allontanare i sospetti dai carabinieri che lo arrestarono.

12 Dicembre 2015 - 14:45

di Checchino Antonini da Popoff

stefanocucchiUn violentissimo pestaggio, toccò a Stefano Cucchi, già nella notte dell’arresto da parte di alcuni carabinieri del comando della stazione Appio che spunta solo ora nella ricostruzione dell’omicidio di Stefano Cucchi: questa l’ipotesi della Procura della Repubblica di Roma che, con un documento di 50 pagine, ha chiesto al gip di disporre lo svolgimento di un incidente probatorio per ricostruire tutti i fatti che hanno preceduto la morte di Cucchi, avvenuta il 22 ottobre del 2009 all’ospedale Pertini, «dopo aver subito – come si legge nel documento della procura – nella notte tra il 15 e 16 ottobre un violentissimo pestaggio da parte dei carabinieri appartenenti al comando stazione Appia».

«Sei anni, cavolo – esclama con tutta l’amarezza possibile Ilaria Cucchi – sei anni per far uscire fuori un’altra caserma di cui non sapevamo niente! L’avevano fatta sparire!». «E poi il violentissimo pestaggio, capisci? – continua Ilaria che non riesce a smettere di pensare alla sofferenza inflitta a suo fratello.

Sempre più concrete, perciò, le ipotesi che emergevano con forza dalle primissime ricostruzioni e dalle evidenti contraddizioni dei carabinieri durante la prima inchiesta. Ma all’epoca, con un proclama perentorio, parve a tutti che il ministro della Difesa La Russa fosse intervenuto a gamba tesa per tenere lontana l’Arma da un’inchiesta. Così fu. Così, forse, non è più.

Eppure c’è stato chi ha dato del matto, dell’autistico, a chi, come Fabio Anselmo, ha creduto fino in fondo che fosse possibile trovare una verità diversa da quella ufficiale. Dice Anselmo, legale dei Cucchi, a Popoff: «Ho ricevuto critiche anche da persone vicine a me, sono stato accusato di non essere lucido. In realtà, dopo sei anni, questo è un passo formidabile verso la verità e cestina le perizie e le consulenze del primo pm e della corte d’assise d’appello. Abbiamo grande fiducia, è un grande momento per il quale dobbiamo ringraziare la famiglia Cucchi e il professor Fineschi».

La richiesta di incidente probatorio, perché venga disposta una nuova perizia medico-legale, trae origine da quanto emerso in una consulenza del radiologo Carlo Masciocchi, consulente della famiglia Cucchi, il quale esaminando le radiografie ha accertato l’esistenza di una frattura lombare recente sul corpo del defunto. Secondo gli investigatori questa novità «rende necessaria una rivalutazione dell’intero quadro di lesività anche ai fini della sussistenza o meno di un nesso di causalità tra le lesioni patite da Stefano Cucchi a seguito del pestaggio e l’evento morte».

La richiesta di incidente probatorio avviene nell’ambito della seconda inchiesta (per la prima si pronuncerà la Cassazione il prossimo 15 dicembre) che vede indagati per il pestaggio di Cucchi i carabinieri Alessio Di Bernardo, Raffaele D’Alessandro e Francesco Tedesco indagati per lesioni aggravate e, per falsa testimonianza altri due carabinieri Vincenzo Nicolardi e Roberto Mandolini. Come si è detto nel documento di oltre 50 pagine il pubblico ministero Giovanni Musarò ricostruisce tutti i fatti che hanno preceduto la morte di Stefano Cucchi.

Nella ricostruzione dell’accaduto e soprattutto sulle lesioni subite da Stefano Cucchi nelle carte si scrive che a pestarlo furono i carabinieri D’Alessandro, Di Bernardo e Tedesco. Il pestaggio avvenne in un arco temporale certamente successivo alla perquisizione domiciliare eseguita nell’abitazione dei genitori dello stesso Cucchi, un pestaggio che «fu originato da una condotta di resistenza posta in essere dall’arrestato al momento del fotosegnalamento presso i locali della compagnia Carabinieri Roma Casilina». Qui subito dopo la perquisizione domiciliare si legge nel documento Cucchi era stato portato. Secondo la ricostruzione fatta dal magistrato una volta nella caserma Casilina «fu scientificamente orchestrata una strategia finalizzata a ostacolare l’esatta ricostruzione dei fatti e l’identificazione dei responsabili per allontanare i sospetti dei carabinieri appartenenti al comando stazione Appia». In particolare nella ricostruzione decisa dai carabinieri «non si diede atto della presenza dei carabinieri Raffaele D’Alessandro e Alessio Di Bernardo nella fase dell’arresto di Stefano Cucchi. Il nominato dei due militari infatti non compariva nel verbale di arresto, pur essendo gli stessi pacificamente intervenuti già al momento dell’arresto e pur avendo partecipato a tutti gli atti successivi».

Nel documento della Procura si sottolinea poi che «fu cancellata inoltre ogni traccia di passaggio di Cucchi dalla Compagnia Casilina per gli accertamenti fotosegnaletici e dattiloscopici al punto che fu contraffatto con bianchetto il registro delle persone sottoposte a fotosegnalamento». Poi si aggiunge che nel verbale di arresto non si diede atto del mancato fotosegnalamento e che Stefano Cucchi «non fu arrestato in flagranza per il delitto di resistenza a pubblico ufficiale perpetrato nei locali della compagnia carabinieri di Roma Casilina, nè fu denunciato per tale delitto. Omissione che può ragionevolmente spiegarsi solo con il fine di non fornire agli inquirenti alcun elemento che potesse spostare l’attenzione investigativa sui militari del comando stazione carabinieri di Roma Appia». Secondo il pubblico ministero fu taciuto agli altri carabinieri che avevano partecipato all’arresto di Cucchi.

Anche Acad, l’associazione contro gli abusi in divisa, sottolinea i passaggi cruciali della richiesta del pm circa il violentissimo pestaggio e la strategia scientificamente orchestrata per allontanare i sospetti dai carabinieri che lo arrestarono. «Un enorme abbraccio e un altrettanto enorme GRAZIE a Ilaria e all’Avvocato Fabio Anselmo per non aver mollato mai. Siamo con voi!», si può leggere sul sito dell’associazione.