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Roma / Budroni, ecco lo sparo ad altezza d’uomo

Le foto della macchina di Dino Budroni con i fori delle pistolettate che lo hanno ucciso. Ma intanto, da morto, finisce sotto processo.

18 Luglio 2013 - 18:21

di Checchino Antonini da Popoff

A pochi giorni dal secondo anniversario dell’omicidio, il caso Budroni torna sulle cronache giudiziarie per un kafkiano combinarsi di eventi. Bernardino Budroni è stato condannato, alcuni giorni fa, a due anni e un mese di carcere per furto e detenzione illegale di armi. Aveva trattenuto la borsetta della sua fidanzata per convincerla a tornare a casa e gli fu trovata in casa, una volta scattate le indagini sul”furto”, una balestra, poco più di un giocattolo, e una scacciacani. Ma Bernardino Budroni era già morto da quasi due anni quando è stato condannato in contumacia. E’ stato ucciso il 30 luglio del 2011 nel corso di un inseguimento sul Grande Raccordo Anulare. Quando la sua Ford Focus era ormai circondata, un poliziotto ha fatto fuoco e per questo chi ha sparato a Dino Budroni subirà un processo a ottobre prossimo per omicidio colposo perché, secondo un pm, sparava a distanza ravvicinata quando ormai «l’utilizzo dell’arma, in quella fase dell’operazione, comportava un rischio non più proporzionato alla residua possibilità di azioni lesive e pericolose». Nessuno gli ordinò di sparare, nemmeno mirando alle ruote.

Ma le foto che i familiari hanno deciso di diffondere sono piuttosto eloquenti. Gli spari, esplosi a meno di tre metri dalla vettura, sono andati a finire decisamente fuori dal bersaglio “ufficiale”, le gomme. L’auto era pressoché ferma. Dino ha avuto solo il tempo di accasciarsi mentre una gazzella dei carabinieri gli aveva già sbarrato la strada. E’ il carabiniere a fornire questo dettaglio, forse decisivo, sulla dinamica degli spari.

Intanto però ad essere processato è stato Budroni per via di uno scatto di rabbia avuto con la sua fidanzata nel 2010. «Abbiamo saputo che Dino era stato processato e condannato da morto solo quando ci sono state notificate le motivazioni della sentenza – ha spiegato la sorella, Claudia Budroni – altrimenti ci saremmo opposti con tutte le forze a questo accanimento. Anche perché la giustizia non ha ancora sciolto tutti i dubbi sulle circostanze in cui è morto».