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Puglia / Gli ulivi salentini e il business dei pesticidi

Riceviamo un nuovo contributo da Urupia sul caso Xylella: “La stragrande maggioranza delle piante pugliesi curate con buonsenso non manifestano sintomi”. Mentre dove si abusa di sostanze chimiche…

25 Giugno 2015 - 11:34

_DSC5441 copiaCerchiamo di mettere alcuni punti fermi in questa faccenda del disseccamento degli ulivi del Salento, nella quale ormai le incertezze sono tante e la confusione domina, partendo dalla premessa che non c’è per noi peggior nemico di chiunque eserciti una qualche forma di potere su altri individui e che nulla ci appare più odioso dell’ignoranza e della paura di cui il potere ha sempre bisogno per potersi esercitare.

Diciamo intanto subito che noi non crediamo che il batterio (Xylella fastidiosa, subspecie pauca, ceppo CoDiRO) sia davvero il responsabile (o, almeno, il principale responsabile) dei fenomeni di disseccamento degli ulivi del Salento.

Xylella è un patogeno da quarantena inserito nella lista A1 dell’EPPO (European and Mediterranean Plant Protection Organization): si tratta di un batterio che prolifera nei vasi xilematici delle piante (quelli che portano la linfa grezza, ossia l’acqua e i soluti in essa disciolti), causandone l’occlusione e quindi una serie di alterazioni in grado di determinare, in alcuni casi, anche la morte delle piante infette.
Si contano almeno 300 specie vegetali interessate dall’attività del batterio, 16 delle quali sono state certamente individuate nel Salento: non solo, quindi, l’olivo, ma anche mandorlo, oleandro, ciliegio, vinca, polygala, mimosa, catharanthus, rosmarino, mirto, ecc., ecc..
La trasmissione del batterio non può avvenire mediante contatto o diffusione aerea, ma esclusivamente ad opera di alcuni insetti vettori che si nutrono succhiando la
linfa dai vasi xilematici delle piante infette: con la linfa dei vasi legnosi gli insetti risucchiano anche i batteri che si fissano e si moltiplicano nel tratto iniziale del loro sistema digerente, per essere re-iniettati in altre piante durante le successive alimentazioni. Non tutte queste inoculazioni danno luogo a infezioni di X. fastidiosa: solo nel caso che la pianta ricevente sia suscettibile, il batterio è in grado di moltiplicarsi e diffondersi, formando colonie che possono rimanere latenti nella pianta infetta ovvero indurre una malattia sintomatica.
Allo stato attuale l’unica specie diffusa nelle aree ‘infette’ del Salento, per la quale è stata dimostrata la capacità di trasmettere il batterio, è il Philaenus spumarius L., meglio nota come “Sputacchina media” per la schiuma bianca, simile alla saliva, in cui vivono immerse le forme giovanili dell’insetto. Questo insetto (un rincote omottero di origine europea, ormai cosmopolita) può interessare centinaia di piante ospiti: la sua diffusione nelle regioni del sud, in alcuni periodi dell’anno, è praticamente paragonabile a quella di mosche e zanzare.

In pratica, la tesi sostenuta dal CNR di Bari, dall’Osservatorio Fitosanitario della Regione Puglia, dall’Università degli Studi di Bari, dallo IAM (Istituto Agronomico Mediterraneo), dal Corpo Forestale dello Stato, da tutte le organizzazioni professionali (Coldiretti, Confagricoltura, Copagri e CIA) e dalla maggior parte delle organizzazioni dei produttori della provincia di Lecce, quella sulla base della quale è stato costruito l’intero piano straordinario che attribuisce poteri altrettanto straordinari al commissario Silletti, si basa su questo assunto indiscusso: il batterio (contro il quale, ci si dice, non esiste al momento una cura diretta) è giunto nel basso Salento probabilmente attraverso l’importazione di piante ornamentali dal Costa Rica in qualche vivaio della zona ed è stato ‘diffuso’ negli uliveti dalle attività della sputacchina. Di conseguenza, tutte la strategia di lotta al batterio si incentra sull’obiettivo di evitarne l’ulteriore diffusione, attraverso la distruzione delle piante infette (ulivi perlopiù ultracentenari, ma anche gli oleandri dello spartitraffico della superstrada Lecce-Brindisi) e degli insetti che veicolano il contagio.
A complicare ulteriormente la faccenda concorrono altri fattori: in primis il fatto che xilella fastidiosa ‘colpisce’ praticamente gran parte del paesaggio arboreo del mediterraneo; inoltre, la sputacchina appartiene alla categoria degli insetti cosiddetti ‘autostoppisti’, cioè è solita approfittare del passaggio su indumenti, auto e altri mezzi meccanici in movimento, per spostarsi velocemente da un luogo all’altro…
Tuttavia, il Piano Straordinario della Regione, con l’avallo del governo centrale e delle commissioni europee, continua ad avere come unico obiettivo il contenimento della diffusione del batterio. Attualmente, sono state individuate nel Salento tre zone (cosiddette ‘di infezione’, ‘cuscinetto’ e ‘di profilassi’) all’interno delle quali le direttive prevedono, oltre al monitoraggio e all’obbligo di alcune ‘buone pratiche agronomiche’, anche misure drastiche come l’uso obbligatorio di insetticidi contro gli insetti vettori e l’eradicazione delle piante ritenute ‘infette’: il 13 aprile scorso, nonostante le proteste di diverse/i attiviste/i, Urupia compresa, ne sono state tagliate 7 nell’agro di Oria.

In realtà, già nelle “Linee Guida” diffuse dalla Regione Puglia, ad uso di studiosi ed agricoltori vari, si parla più correttamente di ‘Complesso del Disseccamento Rapido dell’Olivo’ (CoDiRO, appunto, come il ceppo genetico della Xilella da loro stessi individuato) e si descrivono, altrettanto diffusamente, almeno altre due ‘concause’ dei problemi degli ulivi: la prima è l’attività del cosiddetto ‘rodilegno giallo’ (Zeuzera Pyrina), un lepidottero ben conosciuto dagli olivicoltori salentini, le cui larve (che possono raggiungere a maturità i 60 mm di lunghezza) vivono scavando lunghe gallerie nei rami o nelle branche degli ulivi. Questa attività trofica delle larve della zeuzera determina l’interruzione del trasporto della linfa vegetale, ma consente anche la penetrazione e la diffusione nel legno di diversi funghi lignicoli che, sviluppandosi, ostacolano ulteriormente il flusso linfatico.
L’altro agente patogeno indicato come concausa del disseccamento sono infatti diverse specie di funghi lignicoli (soprattutto appartenenti ai generi Phaeoacremonium e Phaeomoniella spp.) i quali risultano sempre presenti nei casi di disseccamento degli ulivi, a differenza del batterio, che è stato trovato solo su alcune delle piante che manifestano i relativi sintomi: secondo i dati dell’EFSA (l’Autorità europea per la sicurezza alimentare), infatti, sono relativamente pochi i ritrovamenti di xilella (582) sugli alberi analizzati in tutta la regione (circa 20000).
La diffusione di diverse specie fungine a danno degli ulivi, tra l’altro, è un fenomeno con il quale l’olivicoltura salentina è costretta già da alcuni anni a fare seriamente i conti: l’aumento delle pluviometrie annue (e, in generale, un significativo innalzamento dei tassi di umidità, legato agli indiscutibili cambiamenti climatici delle ultime stagioni) insieme al ripetersi di inverni caratterizzati da temperature miti, ha sicuramente favorito la continuità dei cicli biologici di alcuni parassiti, prime fra tutti alcune specie fungine. Sarebbe bastato questo semplice ragionamento (confortato, tra l’altro, dalle osservazioni e dalle pratiche quotidiane di diversi/e contadini/e della nostra terra) ad indirizzare le ricerche verso un approccio più virtuoso e curativo rispetto al vero e proprio piano di sterminio elaborato dalle istituzioni.
Si sarebbe potuto anche riflettere sul fatto che, nelle zone del basso Salento in cui i disseccamenti sono più diffusi, la cura e la gestione degli uliveti è di fatto da anni abbandonata, soprattutto per ragioni ‘economiche’, quando non è (ancora peggio!) limitata al solo uso indiscriminato di sostanze chimiche: per il diserbo, per la concimazione, per il contenimento dei parassiti, ecc., ecc..
Non c’é nessun bisogno della xylella per spiegare quello che sta accadendo: la stragrande maggioranza delle piante pugliesi curate con buonsenso non manifestano sintomi alcuni di malattia, ed è evidente la ripresa degli ulivi in via di disseccamento dopo che gli stessi sono stati ‘trattati’ per alcuni mesi con le tecniche dell’agricoltura naturale o ‘biologica’ (che poi sono le stesse pratiche utilizzate da secoli dai nostri vecchi contadini).
Fin qui la fitopatologia, la botanica, l’agricoltura, l’entomologia.
Poi, però, viene anche la politica e, inevitabilmente, l’economia.
Una serie di fatti:
– Nel settembre del 2010 lo IAM (Istituo Agronomico Mediterraneo) organizza presso la sua sede di Valenzano (BA) un convegno per esperti del settore sulle tecniche di contenimento di alcuni ceppi di Xilella f.. Sulla faccenda c’è da registrare (per chi crede ancora a queste cose) anche una indagine della procura di Lecce in relazione alla provenienza del batterio. Lo IAM oggi si giustifica dicendo che il ceppo di Xylella interessato (col quale sono state fatte prove di inoculo, diffusione e controllo) era di un ceppo diverso da quello che sta distruggendo le piante di olivo nel Salento e comunque giura che il batterio è stato distrutto a conclusione dei lavori del workshop.
Il centro di Valenzano dello IAM è un istituto internazionale che ha carattere di extraterritorialità e in quanto tale gode di una totale immunità giudiziaria. Il commissario straordinario per l’emergenza Silletti (comandante del Corpo Forestale dello stato), allo scopo di ribadire la fiducia delle istituzioni nei confronti del centro di ricerca, ha voluto che proprio all’Istituto Agronomico Mediterraneo di Bari fosse formato il personale del Corpo Forestale e della Polizia Provinciale di Lecce destinato all’applicazione sul campo del piano straordinario.

– Bayer, Syngenta, Novartis, Dupont sono le multinazionali che producono i principi attivi della maggior parte degli insetticidi chimici il cui utilizzo è reso obbligatorio dal piano straordinario contro gli insetti vettori della Xylella. Si tratta di almeno quattro irrorazioni, da effettuarsi obbligatoriamente sulle piante di ulivo tra maggio e settembre, utilizzando sostanze come Imidacloprid, Etofenprox, Buprofezin, Dimetoato, Deltametrina, Lambda cialotrina, Clorpirifos metile. Alle aziende agricole salentine è fatto obbligo di acquistare con fattura i formulati previsti, al fine di poter permettere alle guardie di controllarne l’effettivo utilizzo.
Questa ordinanza al momento è sospesa, dopo che il 7 maggio scorso il TAR del Lazio ha accolto i ricorsi presentati contro il piano straordinario da 27 aziende vivaistiche e agricole salentine a marchio bio.

– Secondo uno studio di Arpa Puglia su dati Istat relativi all’anno 2011, con oltre 155mila quintali di prodotti fitosanitari utilizzati, la nostra regione è quarta in Italia per l’uso di pesticidi, preceduta solo da Veneto, Emilia Romagna e Sicilia.

– La multinazionale Monsanto, colosso mondiale della produzione di sementi transgeniche, si occupa anche della selezione di specie resistenti al batterio riscontrato in Puglia. Lo fa attraverso “Allelyx”, società partecipata che ha per nome proprio l’anagramma di “Xylella”. Sembra che alcune centinaia di migliaia di giovani piante di olivo resistenti al batterio siano già state ‘prodotte’ in Israele e siano già disponibili per i mercati del Mediterraneo.

– Da più di dieci anni esistono nella provincia di Lecce associazioni di proprietari di grandi estensioni di uliveti secolari, costituitesi con il preciso scopo di ottenere delle leggi che vadano in deroga alle normative regionali e nazionali che limitano tuttora la distruzione di queste piante monumentali. Non contenti dei milioni di euro di fondi pubblici che ricevono in virtù delle politiche agricole comunitarie (nonostante tengano gli uliveti in stato di completo abbandono), questi proprietari puntano alla valorizzazione dei ‘loro’ terreni, con l’intenzione di trasformarli in complessi turistici e campi da golf (sono circondati dal meraviglioso mare del Salento!).
In altri casi, la prospettiva è quella di trasformare questi uliveti secolari in impianti superintensivi, nei quali sia possibile effettuare una certamente più economica raccolta meccanizzata, sulla scia di ciò che è accaduto in Spagna negli ultimi vent’anni e che ha consentito a questo paese di raddoppiare la sua produzione di olio, superando la Puglia e l’italia nel primato mondiale.

-Questa trasformazione ‘industrialista’ dell’agricoltura pugliese è perfettamente coerente con le politiche di Confindustria Puglia e corrisponde interamente ai desideri delle dirigenze delle associazioni di categoria pugliesi e delle istituzioni regionali. Tra i suoi più ‘affidabili’ sostenitori ne nominiamo solo due, forse i più importanti: Dario Stefano, senatore SEL, già membro della giunta di Confindustria Puglia, assessore alle Risorse Agroalimentari della Regione nel secondo mandato del ‘governatore’ Vendola, a cui fa sponda a livello europeo Paolo Di Castro, già ministro delle Politiche Agricole e Forestali nel primo e nel secondo governo D’Alema, deputato PD al parlamento di Bruxelles, dove ricopre la carica di presidente della Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale. La principale preoccupazione di questi personaggi negli ultimi mesi sembra essere quella di garantire “adeguate misure compensatorie” per gli agricoltori (leggi: “elettori”) colpiti dalla diffusione del batterio, e soprattutto il riconoscimento dopo “l’emergenza Xylella” dello stato di ‘calamità naturale’: in parole povere soldi, tantissimi soldi, da far piovere sulle ceppaie dei nostri ulivi secolari tagliati con le motoseghe.

Per concludere, la solita domanda: che fare?

Da mesi siamo impegnate in una campagna di controinformazione e di resistenza, che si sta concretizzando in innumerevoli iniziative, riunioni, comizi, partecipazioni ai presidi, corsi di formazione professionale sulla cura e la gestione biologica degli uliveti, interventi alle radio, azioni dirette…
Non vediamo altra strada da percorrere che non sia quella della diffusione di una sempre maggiore consapevolezza e della opposizione concreta, diretta, agli interessati e devastanti piani delle istituzioni. Resistere all’eradicazione dei nostri ulivi e non subire l’imposizione dell’uso obbligatorio dei pesticidi è ormai un passo fondamentale: bisogna mettersi in mezzo in prima persona, impedendo fisicamente che il piano regionale-europeo e commissariale si realizzi.
Inoltre, ma questo lo facciamo da sempre, occorre dare un calcio alla politica della delega e alla sua propaganda, all’economia del profitto e al suo dominio, riprendendosi in mano i saperi, le pratiche e l’organizzazione della nostra esistenza: un’esistenza ridotta a mero calcolo di profitto da chi, invece, per il suo tornaconto personale, ha condannato a morte l’esistenza stessa di questo pianeta.

Agostino Manni (‘di’ URUPIA)