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Processo NoTav, “140 anni non cancellano una vita ribelle”

Tra i condannati anche Alvise, attivista di Tpo e Làbas: “Nella terribile esemplarità del processo e delle pene, si legge un chiaro tentativo di intimidazione nei confronti di un’intera comunità. Noi non abbiamo paura”.

28 Gennaio 2015 - 17:08

140 anni non cancellano una vita ribelle

Oggi (ieri, ndr) si conclude il primo grado del processo sui fatti del 27 giugno e del 3 luglio 2011. Un processo lampo: più di 50 imputati, 200 anni di carcere richiesti e una velocità impressionante nel giungere alla sentenza. Sapevamo come sarebbe andata a finire: con poche speranze abbiamo vissuto, in questi mesi, il susseguirsi rapido delle udienze; con un occhio preoccupato abbiamo guardato alla costante criminalizzazione attuata dalla procura di Torino, la stessa che indaga Erri de Luca riportando in auge i reati di opinione, la stessa che dà vita ad un maxi processo in un’aula bunker del carcere piemontese come se gli indagati fossero pericolosi mafiosi e non attivisti e attiviste. Sono anni che ribadiamo la nostra contrarietà alla grande opera che devasta e saccheggia un’intera valle e la sua popolazione. Un’opera ferma da tempo, attorno alla quale si è costruita una difesa ideologica da parte delle istituzioni italiane sorde alle criticità e all’inutilità di quel trasporto.

La nostra precisa scelta di campo ci è costata un compagno gravemente ferito il 3 luglio – senza che sia stato trovato il responsabile fra le forze dell’ordine, la Procura di Torino ha infatti archiviato il caso- e un altro, oggi, condannato alla pesantissima pena di 3 anni e 9 mesi. Alvise è un nostro compagno: il suo impegno arricchisce da diversi anni la nostra collettività, la sua generosità ha reso possibile e sostanzia l’esperienza di Làbas.

La sentenza del tribunale di Torino dimostra, ancora una volta, quanto lo Stato sia celere e meticoloso nel punire chi si batte per tutelare ambiente e autoderminazione degli abitanti di un territorio, contro interessi e profitti di pochi. Nella terribile esemplarità del processo e delle pene, si legge un chiaro tentativo di intimidazione nei confronti di un’intera comunità. Noi non abbiamo paura.

Con Alvise, con Zeno, con tutt@ i condannati e le condannate: per chi ha cuore non esiste condanna!

Cs Tpo
Làbas occupato