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Primo Consiglio comunale, prime proteste

Alla seduta di insediamento si fanno sentire sia i lavoratori BolognaFiere (in presidio anche in via Michelino, da dove s’apprende che gli esuberi sarebbero sospesi) sia attivisti di Làbas. Tensione con i vigili e seduta sospesa.

11 Luglio 2016 - 21:20

(Comune Palazzo D'Accursio - foto Zic)Il secondo mandato del sindaco Virginio Merola inizia, letteralmente, tra le proteste. Oggi era in programma la seduta di insediamento del nuovo Consiglio comunale e per far sentire la propria voce si sono presentati a Palazzo D’Accursio sia i lavoratori di BolognaFiere (che da giorni sono in lotta per opporsi ai 123 esuberi dichiarati dall’azienda) che gli attivisti di Làbas (su cui pende un decreto di sequestro). Di fatto, a entrambi i gruppi di manifestanti è stato impedito l’ingresso nell’aula del Consiglio (perchè era già piena, è stata la motivazione fornita) e non sono mancati momenti di tensione con i vigili urbani schierati sull’ingresso, con cori (“Vergogna, vergogna!”) e spintoni. La seduta è stata sospesa. E’ ripresa solo dopo che gli attivisti di Làbas hanno ottenuto un incontro con il capo di gabinetto di Merola, Valerio Montalto.

La stessa proposta è stata fatta anche ai lavoratori della Fiera, che però hanno rifiutato: “Lo abbiamo incontrato già pochi giorni fa e non avrebbe nulla di nuovo da dirci. Abbiamo evitato di far perdere tempo a lui e non ne abbiamo perso noi”, spiega un delegato del Consiglio di azienda. Entrando in aula “volevamo leggere un comunicato firmato da tutti i lavoratori di BolognaFiere”, anche quelli non a rischio, per chiedere “chiarezza” ai sindaco e al presidente Franco Boni, spiega un altro lavoratore. Una copia della lettera è stata comunque consegnata ad alcuni consiglieri di opposizione.  Dopo aver presidiato per un po’ l’anticamera del Consiglio, i lavoratori hanno deciso di spostarsi verso la Fiera perchè lì era in programma un nuovo tavolo di confronto sugli esuberi. In pratica, la delegazione che era in Comune è andata a unirsi ai colleghi che già stavano manifestando in Fiera: molti di loro, armati di fischietti e trombette, hanno protestato con cartelli con scritte come “Gli esuberi ci sono solo nelle vostre tasche” e “Se la Fiera crollerà morirà questa città”, accompagnati dal coro “Boni, Boni, dimissioni”. Solo poco prima delle nove di sera lo stesso Boni fa sapere che ci sarebbe un accordo con i sindacati sulla sospensione dei licenziamenti e annuncia “una serie di incontri” a partire da questo venerdì per individuare una soluzione “per risolvere i problemi salvaguardando l’occupazione”. Ora si attendono le mosse dei lavoratori, che in giornata promettevano “La lotta continua. Domani saremo al Consiglio regionale”.

Intanto, ai dipendenti della Fiera a rischio arriva il sostegno di Asia-Usb: “Come attivisti, inquilini ed ex occupanti esprimiamo solidarietà e vicinanza ai 123 lavoratori di BolognaFiere che rischiano il licenziamento e lottano con coraggio in questi giorni per conservare i proprio posto di lavoro. Questo è il frutto non solo, come sostengono i dirigenti dell’azienda, della necessità di ‘razionalizzare’ il personale per ridurre i costi (e comunque per ridurre i costi si potrebbero tagliare i cospicui stipendi dei dirigenti stessi, ma questo ovviamente pare fuori questione) ma di una modalità di gestione di cui Merola, come tutto il suo partito, si fa paladino: la privatizzazione di sempre più servizi e aziende ‘ex’ pubbliche”.

Per manifestare supporto alla lotta dei lavoratori fieristici, inoltre, da ieri è possibile firmare una petizione su Change.org: in meno di 24 ore l’appello ha raccolto 350 firme.

Per quanto riguarda Làbas, gli occupanti dell’ex caserma Masini hanno incontrato il capo di gabinetto di Merola mentre il Consiglio comunale era ancora in corso di svolgimento. L’esito del faccia a faccia è un appuntamento telefonico per venerdì: “Speriamo che Montalto ci dia una risposta”, hanno affermato gli attivisti uscendo dall’incontro. Per il collettivo, tanto per cominciare, sarebbe importante capire chi è che in Giunta si occuperà della vicenda: “Nessuno vuole prendersi la patata bollente”, rischiando di assumersi la responsabilità di “andare a sgomberare un posto frequentato da famiglie, bambini e nonni”. Per il resto, “fondamentalmente le cose non sono cambiate molto” rispetto alle ultime puntate, spiega Làbas. Il collettivo continua a sollecitare il Comune perchè apra un “tavolo di trattativa pubblico” e faccia quanto in suo potere per “bloccare il decreto di sequestro” già emesso dalla Procura, perchè la trattativa va portata avanti “con noi dentro”altrimenti “è solo un ricatto”.