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“Panebianco cuorenero”, nuovo blitz di Hobo

Il collettivo: “Noi non riconosciamo libertà di espressione a chi ogni giorno calpesta e invita a cancellare la libertà di milioni di persone”.

15 Luglio 2014 - 14:04

Blitz Panebianco (foto Hobo)Stop ai baroni della guerra – Panebianco cuorenero reloaded

Questa mattina alle 13.30 siamo tornati davanti alla porta dell’ufficio del barone Angelo Panebianco nel Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Bologna per constatare l’ennesimo sperpero di denaro pubblico: i nostri soldi sono stati spesi nel ripulirla dalla vernice rossa generosamente versata in gennaio, quando la potente testa d’uovo del Corriere della Sera invocava una selezione razziale dei lavoratori migranti. Oggi abbiamo murato con cemento, malta e filo spinato quella porta dietro a cui si nasconde il ben pagato servitore dei signori della crisi e della guerra. È un muro che simboleggia quello costruito in Palestina e alle porte dell’Europa, i tanti muri che seminano morte per proteggere i ricchi dai poveri. Un muro che dice basta al razzismo e agli scienziati del massacro sociale.

L’ennesima occasione il barone nero l’ha offerta con il solito editoriale pubblicato domenica sul Corriere, in cui dà degli amichevoli consigli a Renzi, suo socio di affari nelle politiche neoliberali e di austerity: devi fare ancora uno sforzo per diventare un nuovo Blair o una nuova Thatcher, devi calpestare ancora di più diritti e qualità della vita, devi armarti e partire alla guerra. Da un lato, Renzi deve abbassare la pressione fiscale, ma per Panebianco significa una cosa sola: con ancora più decisione, togliere ai poveri per dare ai ricchi. Quello che il barone nero non dice, infatti, è che oggi la fiscalità è uno strumento di concentrazione di ricchezza e rendita nelle mani di pochi, di ulteriore prelievo forzoso dello scarno reddito dei settori sociali più duramente colpiti dalla crisi. Per noi le tasse che vanno combattute sono quelle che strangolano i ceti medi impoveriti, i lavoratori autonomi precarizzati, chi cerca di sfangarsi da vivere con una qualsiasi attività e non riesce ad arrivare alla fine del mese. Combattere le tasse per riappropriarsi del reddito, non per finanziare imprese, speculatori e grandi opere come vorrebbero Panebianco e soci.

Blitz Panebianco (foto Hobo)Dall’altro, il barone nero consiglia caldamente Renzi di affogare gli immigrati nel Mediterraneo, molto di più di quello che già con impegno l’attuale governo – al pari di quelli precedenti – sta facendo. Tutto ciò nel nome della nazione e della razza, ovvero della casta dei potenti. Contro il fantasma dei califfati che bussano alle porte dell’Europa, il barone nero invoca la guerra santa contro gli immigrati, semina islamofobia e predica una nuova crociata neoliberista. Scrive questo, non a caso, nei giorni in cui ancora una volta lo Stato di Israele – di cui il barone nero è notoriamente un acceso tifoso – sta portando avanti il genocidio della popolazione palestinese. Come tutti gli avvoltoi, i Panebianco si alimentano di cadaveri.

Per questo oggi portavamo sui nostri volti le kefiah, divenute simbolo della resistenza palestinese, bandiera della lotta contro l’oppressione. A “incendiare i territori europei” non sono le guerre più o meno sante, ma la povertà e il rifiuto di voler continuare a pagare i costi della crisi creata dai padroni di Panebianco. Quello di cui devono iniziare ad aver paura è l’intifada dei precari, dei disoccupati, dei lavoratori impoveriti. A “tracciare una linea di confine tra ‘noi’ e ‘loro’” ci abbiamo pensato noi: tra noi che paghiamo la crisi e loro che l’hanno creata.

Immaginiamo già il coro che da destra a sinistra si leverà, come in occasione del precedente escrache: grave attacco alla libertà di espressione. Ebbene sì, noi non riconosciamo libertà di espressione a chi ogni giorno calpesta e invita a cancellare – dalle ben remunerate cattedre dell’università e dalle pagine dei giornali dei potenti – la libertà di milioni di persone. L’unica libertà che riconosciamo ai baroni alla Panebianco è di tacere. L’impunità per loro è finita: l’invasione che tanto teme non arriva da improbabili califfati, ma è quella di student@ e precar@ che entrano dalla porta senza chiedere permesso e gli chiedono conto della sua prepotente arroganza.

Hobo – Laboratorio dei saperi comuni