Acabnews Bologna

Ospedale off-limits ai no-aborto? “Noi ovunque saranno loro” [+comunicato]

E’ la promessa della ‘Favolosa coalizione’ contro la preghiera antiabortista attesa per il 13 giugno. Intanto il prefetto prepara un’ordinanza che vieta le manifestazioni davanti a ospedali, campi Rom e Sinti, centri d’accoglienza per migranti.

05 Giugno 2015 - 10:55

Sentilelle (repertorio Zic.it)La “Favolosa Coalizione”, è questo il nome del movimento che si prepara a scendere il piazza contro la manifestazione nazionale degli antiabortisti attesa a Bologna per il 13 giugno. Nato dai movimenti trans-femministi, lgbt, queer e antifascisti della citta’, il gruppo si è formato per lanciare un presidio rumoroso e creativo per dire agli attivisti “No194” che a Bologna non sono i benvenuti.

Nelle scorse settimane infatti, i miliziani pro-vita hanno lanciato una maratona di preghiera davanti all’ospedale Maggiore di Bologna perché, a loro avviso, è una meta facilmente raggiungibile da tutte le associazioni cattoliche che in giro per l’Italia incoraggiano i medici obiettori a rifiutarsi di praticare gli aborti.

“Bologna non sarà mai aperta ai ‘No194’, a preti controllori e medici obiettori” scrivono nel comunicato i militanti della Coalizione che pianificano una contestazione “fatta da corpi creativi e comunicativi, un’opposizione non violenta e dal basso che eviterà lo scontro diretto ma farà sentire la sua presenza e rilancerò i contenuti”. Un vero e proprio flash-mob dunque per difendere la 194 ma non solo. “Siamo contro l’obiezione di coscienza, per la distribuzione della pillola Ru486, per la possibilità di scegliere in maniera libera e gratuita” rivendica il gruppo composto tra gli altri da: Laboratorio Smaschieramenti, Centro delle donne, Atlantide, Cassero, Mujeres libres.

Intanto però, dal prefetto di Bologna starebbe arrivando un’ordinanza che impedirebbe agli antiabortisti di manifestare davanti al Maggiore. La Prefettura, infatti, sta valutando l’ipotesi di interdire qualsiasi tipo di raduno nei pressi dei luoghi di cura, degli ospedali, dei campi nomadi e dei centri di accoglienza per i migranti. Un provvedimento che, sebbene relativamente all’adunata degli antiabortisti provocherebbe un semplice cambio di location, per la città di Bologna rischia di diventare un nuova limitazione della libertà di espressione.

Per questo, la Coalizione non si è risparmiata e ha espresso le proprie perplessità: “Siamo d’accordo che si debba impedire ai ‘No194’ di radunarsi davanti al Maggiore, ma non capiamo la logica indiscriminata che sta dietro ad un’ordinanza di questo tipo, in cui ci finiscono dentro indistintamente luoghi di cura e campi rom”. Il timore, sostengono, è che il dispositivo possa essere controproducente, diventando pretesto in futuro per impedire le forme di manifestazione più varie. “Non vogliamo un blocco al diritto di protestare, e così potrebbe diventarlo”.

In ogni caso, le decisioni di piazza Roosevelt non cambiano la sostanza della contro-manifestazione annunciata: “Se ci saranno loro, ci saremo anche noi – è la promessa – ovunque decideranno di manifestare”.

 

> Il comunicato diffuso a seguito dell’assemblea cittadina di mercoledì:

Nelle foto gli attacchinaggi di stanotte all’esterno dell’Ospedale Maggiore e alla sede del Movimento per la vita.

MOLTOPIÙDI194!

(foto #No194)Siamo una Favolosa Coalizione di gruppi, associazioni, collettivi e singole femministe, transfemministe, queer, trans, lesbiche e gay. Il 19 aprile, in piazza Santo Stefano, le abbiamo cantate alle sentinelle in piedi, ed ecco che una nuova sortita degli ultracattofascioconservatori ci spinge a tornare in piazza.

Il comitato “no194” ha annunciato l’intenzione di manifestare il 13 giugno, per nove ore, davanti all’ospedale maggiore di Bologna contro il diritto di interrompere una gravidanza non desiderata.
Abbiamo poi appreso che, per impedire questa iniziativa, la prefettura sta preparando un’ordinanza che vieterà indiscriminatamente qualunque manifestazione politica in prossimità di luoghi ritenuti “sensibili”, come ospedali pubblici e privati, ma anche campi sinti e rom (!). Non ne siamo affatto felici, né consideriamo questa ordinanza un successo politico. Questo provvedimento ci sembra invece funzionale a ridurre le pratiche del dissenso, a normalizzare le tensioni sociali, a costruire uno spazio pubblico apparentemente liscio e pacificato, a trasformare le questioni politiche in questioni di ordine pubblico.

Da femministe e transfemministe sappiamo bene che gli ospedali non sono affatto un luogo neutro perché la salute è da sempre un terreno di scontro politico.

Gli ospedali sono già abitati dal conflitto: lo sono ogni volta che una donna che vuole abortire incontra un medico obiettore, ogni volta che le viene negata la pillola del giorno dopo, ogni volta che una persona trans deve sottostare a un protocollo medico e burocratico deciso da altri, ogni volta che un* bambin* intersex viene sottoposto a interventi chirurgici inutili e dannosi per “normalizzare” i suoi genitali o per rimuovere le sue gonadi, ogni volta che qualunque paziente, per qualunque ragione, viene infantilizzat* e privat* del diritto a scegliere e autodeterminarsi.

Non faremo battaglie di retroguardia nel campo della libertà delle scelte riproduttive, sessuali, affettive. Scenderemo in piazza contro l’iniziativa dei prolife, in difesa del diritto a interrompere una gravidanza e della possibilità per ogni donna di decidere della propria vita. Ma vogliamo molto di più della legge 194.

(foto #No194)Vogliamo combattere la piaga dell’obiezione, che consente a medici e infermieri di sottrarsi al dovere di erogare assitenza sanitaria alle donne che decidono di abortire, vogliamo parlare della difficoltà di accedere alla contraccezione di emergenza e all’aborto farmacologico – la pillola RU486, è al momento disponibile solo in alcune parti d’Italia -, vogliamo riattivare un discorso pubblico sulla sessualità e la salute ripensando la funzione dei consultori e avviando nuove sperimentazioni di neomutualismo.

Insieme combattiamo l’imperativo morale e sociale della riproduzione cosiddetta “naturale”, l’idea che il nostro destino sia riprodurci e che se non lo facciamo non siamo complete, l’idea che l’unico luogo legittimo per fare figli sia la famiglia nucleare eterosessuale, che l’unica sessualità “normale” sia quella etero e penetrativa, e che comunque è sempre meglio non parlarne apertamente, specialmente alle/ai più giovani. In questo senso vediamo una chiara continuità, che vogliamo sottolineare, nel tipo di società propagandato dalle varie sentinelle, manif pour tous, nogender, vogliolamamma e no194.

Non vogliamo sopravvalutare la capacità di proselitismo o di orientamento del dibattito pubblico da parte di questi gruppi, ma non possiamo non re-agire agli attacchi che le donne, le lesbiche, le trans, i trans e le froce ricevono costantemente da più fronti. Tentano di patologizzarci, di “sequestrarci” i corpi, di negare la nostra stessa esistenza, ovvero l’esistenza di tutte le forme di vita e soggettività che eccedono l’eterosessualità obbligatoria, schiacciando di nuovo, dopo quarant’anni di lotte, il ruolo della donna sulla figura della madre e della moglie “sottomessa”, da mettere sotto tutela, negandoci la possibilità di compiere scelte autonome sulla nostra vita e il nostro corpo.

Questo era l’incubo totalitario della società fascista, questo è l’immaginario degli attuali ultracattofascioconservatori, questa è la tentazione che si ripropone in un momento di crisi e di ristrutturazione anche dei ruoli di genere.

Il 13 giugno avremmo voluto organizzarci per partecipare alla manifestazione regionale delle e dei migranti per il permesso di soggiorno minimo di due anni, alla quale aderiamo attivamente, consapevoli dei nessi razzisti e nazionalisti che legano la Bossi-Fini e il delirio dei no194, i quali sostengono che “la 194 è peggio delle leggi razziali” per relativizzare la gravità storica del nazifascismo e legittimare il razzismo di ieri e di oggi. Consapevoli che le lotte di autodeterminazione riguardano il diritto a trasformare e abitare il nostro corpo come vogliamo, così come la libertà di dimorare nel luogo che abbiamo scelto e di spostarci altrove.

Invitiamo tutti e tutte all’assemblea organizzativa martedì 9 giugno alle 21 al Centro delle donne di via del Piombo 7 e al laboratorio creativo in piazza Nettuno mercoledì 10 giugno alle 18.30 per costruire insieme delle pratiche gioiose, autodeterminate, desideranti che consentano anche il 13 giugno, davanti all’ospedale Maggiore, un protagonismo delle soggettività che sono direttamente sotto attacco, in continuità con le pratiche creative e comunicative che hanno caratterizzato decenni di lotte contro le strumentalizzazioni politiche sul corpo delle donne, dalla mobilitazione contro l’ingresso degli antiabortisti nel consultorio di Zola Predosa ai presidi contro i seguaci del fu Don Benzi al sant’Orsola, fino alla piazza contro le sentinelle del 19 aprile scorso.

Assemblea ‪#‎Moltopiùdi194‬ del 3 giugno 2015