Opinioni

Opinioni / “Sull’amnistia sociale, un invito a riflettere”

A seguito della nostra pubblicazione dell’appello di Osservatorio Repressione, riceviamo via social network una nota da Valerio Guizzardi dell’associazione Papillon, che volentieri riproponiamo sul giornale.

25 Luglio 2013 - 17:29

Dopo un tentativo, se non sbaglio nel 2005 o giù di lì, è riemerso ultimamente, in alcuni settori di movimento e in altri della sinistra non parlamentare, il tema dell’amnistia per le lotte sociali. Come componente dell’Associazione Culturale Papillon-Rebibbia di Bologna e militante politico, oggi esattamente come allora dichiaro il mio personale disaccordo e nostro come Papillon, ricollegandomi alle dichiarazioni di Vittorio Antonini, portavoce nazionale della nostra associazione di detenuti, già ampiamente rilasciate sul web e non solo.
Invito le compagne e i compagni, le amiche e gli amici che hanno aderito a quell’iniziativa a una seria riflessione: nelle disumane galere del nostro Paese i corpi di 67.000 detenuti/e ammucchiati in un sovraffollamento intollerabile, sottoposti alla regressione psicofisica, alla tortura e a ogni altro genere di illegalità, dal 2000 a oggi sono deceduti 2180 prigionieri, di cui 781 per suicidio. In altre parole siamo di fronte a una Strage di Stato. La nostra Associazione, da sempre, si batte senza risparmio per un provvedimento di amnistia e indulto generalizzati che faccia uscire non meno di 30.000 detenuti/e. Questo non solo per salvare vite umane, ma anche perché ci sia lo spazio e il tempo per una profonda e radicale riforma del Codice penale, di Procedura penale, del Regolamento carcerario e l’abrogazione delle leggi carcerogene come la Giovanardi sulle droghe, la Bossi-Fini sull’immigrazione e l’ex Cirielli sulla recidiva. Certo, per noi l’obiettivo strategico è l’abolizione del carcere tout court pensando a un futuro il più breve possibile. Ma ora, insieme, ragioniamo su ciò che è possibile qui e subito.
Proporre un’amnistia per i soli “reati” derivati dalle lotte sociali, settorializzarla quindi a una sola componente della classe, certamente quella più consapevole e combattiva, a mio/nostro parere, significa cadere nel corporativismo e desolidarizzare con i “dannati della terra”, quella parte di proletariato sempre più ampia espulsa dal mercato del lavoro e dal reddito, per questo criminalizzata poiché percepita come classe pericolosa, perciò ammassata nel nostro orribile circuito carcerario. Non come recitano le clamorose balle di Stato e dei partiti per “rieducarli” ma al solo scopo di incapacitazione e annichilimento.
Qualcuno della mia età ricorderà certamente quando nei rivoluzionari Settanta si andava sotto le mura di cinta a scontrarci con gli sbirri del regime Pci-Dc per non farli entrare a massacrare i prigionieri in rivolta sui tetti. Da allora sono passati molti anni, e ciò che era organico nel “Programma comunista” di ogni gruppo e organizzazione di classe, la liberazione delle masse diseredate appunto, oggi, purtroppo non ne è rimasto che uno sbiadito ricordo. Infatti, non a caso, la questione carceraria è stata espunta dall’agenda politica dei movimenti e si propone un provvedimento di amnistia per le sole lotte sociali. Lo dico senza agitazione contro nessuno e in amicizia; però, compagne e compagni, un’amnistia non può essere una “questione privata”, riservata solo a noi militanti politici e di classe. Al contrario dobbiamo lottare, perchè solo la lotta paga, per un provvedimento generalizzato il più ampio possibile che comprenda tutti i reati, tutta la popolazione carceraria. Compresi i “reati” sociali. Non possiamo lasciare 67.000 prigionieri al loro destino, perché è un destino di morte.
Invito tutti e tutte a riflettere sull’errore che state facendo. I movimenti e la sinistra che si è associata a questa iniziativa devono, a mio/nostro parere, entrare in massa in una lotta unitaria, trasversale a tutti i settori di classe, per un provvedimento di amnistia-indulto generalizzati che comprenda tutti i prigionieri che ora stanno crepando come cani in un circuito carcerario disumano e stragista.

Valerio Guizzardi