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Opinioni / La bomba, i volti noti e il fuoriprogramma

Ieri presidio sui fatti di Brindisi. Il Pd sta in piazza giusto il tempo dei flash dei fotografi, restano gli striscioni fatti in casa, parte un corteo spontaneo e blocca la Millemiglia. Riceviamo un commento.

20 Maggio 2012 - 16:38

La storia che vi raccontiamo inizia col Partito democratico, col Sindaco di Bologna Virginio Merola e col presidente della regione Vasco Errani. Per farla breve i volti noti di Bologna che dedicano 15 minuti del loro tempo alla bomba di Brindisi, e che scelgono di mostrarsi in piazza, di condannare il gesto e alla fine di chiedere una risposta “ferma e determinata alle violenze”. Una storia che sui grandi media, quelli che comunque sia e chiunque sia stato lunedì vi chiederanno di stringervi compatti attorno alle istituzioni e di spegnere una volta per tutte il cervello, finisce con una fotogallery e un paio di virgolettati. Questa volta però le favola non finisce come da programmi. Merola, Errani e tutta la squadra di amministratori Pd in giacca e cravatta arriva e se ne va nel giro di 20 minuti, c’è chi dice 15. Un record. Resta la gente, arrivata in piazza per reagire in qualche modo ad una bomba terribile. Duecento persone che si guardano in faccia e che non sanno cosa fare, arrivati per un presidio lampo durato il tempo dei flash dei fotografi. “Perché Errani è già sparito?”, si chiedono. Con lui se ne vanno anche le bandiere del Pd.

Resta la gente dunque, e gli striscioni fatti a casa. “Chi è stato?”, si legge sul primo. E ciascuno decida se la “s” di “stato” debba essere maiuscola o meno. “Da Bologna a Brindisi per sapere”, l’altro striscione. Infine l’ultimo, una citazione di Falcone: “Chi tace e chi piega la testa muore ogni volta che lo fa, chi parla e chi cammina a testa alta muore una volta sola”. Arriva la decisione di partire con un corteo spontaneo, un corteo che nessuno aveva programmato e che nessuno dirige. Un corteo che decide di bloccare la Mille Miglia, evento che le istituzioni tanto addolorate hanno deciso di non fermare. Il grande show, pare di capire, si deve arrestare solo quando a morire sono gli amici e gli amici degli amici. Quando invece “c’è un’emergenza democratica” – e a dirlo sono stati loro, non Zic – non serve. Ecco allora la decisione del corteo di fare sit-in e bloccare la Mille Miglia. “E’ la corsa dei padroni”, urlano i manifestanti incazzati. Vicino a loro la Digos va nel pallone. Identificare e fare sgomberare i manifestanti anti mafia, e tra loro tanti ragazzi di Libera, sarebbe un po’ azzardato. Passa mezz’ora e il corteo riprende, gira per la città, chiede giustizia e chiarezza.

Alla fine ritorna in Piazza Nettuno da dove tutto era iniziato. Parte un’assemblea, e in un attimo la richiesta di legalità e di repressione del crimine si trasforma in qualcosa di più. Si parla di cosa è legittimo e cosa no, di quello che le istituzioni danno alla gente e di quello che hanno smesso di dare da tempo. Una dottoressa di ricerca urla la propria precarietà lavorativa e quasi piange. Nessuno si chiede perché racconti queste cose quando il presidio dovrebbe invece riguardare la bomba di Brindisi. A tutti sembra naturale. Un’altra signora piange davvero, e si chiede perché “tutto sta andando in merda, e qui si manifesta solo se c’è un morto. Bisognerebbe fare cortei tutti i giorni”. Un migrante urla la sua rabbia contro la politica, una ragazza chiede di ritrovarsi in piazza, “anzi fosse per me io qui ci resterei anche questa notte”. “Questo è un sistema al collasso”, dice un’altra signora. C’è chi fa il salto, e parla di Tav e di repressione, di movimento studentesco e di denunce. Nessuno contesta, tutti applaudono. Un cinquantenne con ancora le buste della spesa in mano chiede a tutti di tornare in piazza, e se possibile di restarci.