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Opinioni / Benvenga maggio! Verso il #Globalmay 2012

Ripubblichiamo un commento di Andrea Fumagalli e Cristina Morini: “Siamo in presenza di forme variegate di potenziale ripresa della conflittualità sociale”

29 Aprile 2012 - 22:22

di Andrea Fumagalli e Cristina Morini da Uninomade 2.0

Anche questa volta, il nostro maggio dovrà fare a meno del vostro coraggio. Ci prenderemo da soli cura delle nostre vite e andremo avanti. Ancora una volta, è primavera conclamata e abbiamo voglia di futuro. Ancora una volta, ci batteremo contro il violento potere repressivo della svolta autoritaria espressa dai vostri mortiferi apparati.

Non abbiamo alle spalle un anno tranquillo. In Europa, la recrudescenza della crisi economica ha avuto effetti disastrosi sull’occupazione, con un ulteriore allargamento della precarietà. Solo in Italia, si sono persi più di 500 mila posti di lavoro, il tasso di disoccupazione ha raggiunto i livelli massimi da 20 anni a questa parte, quello relativo alla disoccupazione giovanile ha superato il 30%. La situazione nel resto d’Europa non è migliore. Il Pil greco è calato del 7,2%, rendendo di fatto vani gli enormi sacrifici imposti dalla troika europea alla popolazione greca per la riduzione del rapporto debito/Pil. La Spagna sta pagando duramente in termini sia occupazionali che sociali gli effetti perversi della cura neoliberista che i potentati economici e finanziari europei si ostinano a proporre. Si prospetta un’ulteriore aumento del 30% di insolvenze sui mutui delle case, la bolla della speculazione edilizia si allarga con un milione di appartamenti sfitti lungo le coste. Nell’ultimo mese, anche la situazione di Francia e Olanda appare a rischio. Il contagio di una “lunga depressione” economica si fa sempre più concreto: esso è già in atto.

Le gerarchie economiche e politiche si sono consolidate dopo un trentennio di “pensiero debole” delle forze politiche e sindacali di “sinistra”. Ma sono state anche costrette a uscire allo scoperto. Hanno smesso di fare i “pupari” dietro le quinte e hanno mostrato tutta l’evidenza del loro volto coercitivo e repressivo, imponendo governi “tecnici” che di fatto commissariano ed esautorano direttamente le forme della democrazia “formale”. Il caso dell’Italia e della Grecia lo mettono in luce in modo inconfutabile.

Eppure, nonostante la violenza feroce di questo meccanismo, siamo in presenza di forme variegate di “tenuta” e insieme di potenziale ripresa della conflittualità sociale. A partire dalla Spagna, con le acampadas di Puerta del Sol a Madrid, iniziata il 15 maggio dell’anno scorso, è cominciata una presa di parola collettiva e transnazionale che si è via via diffusa su entrambe le sponde dell’Atlantico. Si sono create importanti esperienze di reti transnazionali a livello europeo, come ad esempio l’Hub-meeting 1.0 e 2.0, sorto a metà settembre a Barcellona, in vista della giornata di lotta del 15 ottobre. Collegamenti, coordinamenti, contatti, iniziative, che si sono incrociati con le scadenze nazionali, soprattutto a sostegno della generosa lotta sociale che si è sviluppata in Grecia, il primo paese europeo a fare da cavia alle politiche di austerity dettate dalle oligarchie finanziarie. In Italia, la rete degli Stati Generali della Precarietà, nell’ultimo incontro di Napoli, ha proposto una piattaforma precaria, su cui innestare un processo virtuoso di ricomposizione delle diverse lotte in atto sul territorio nazionale, in vista di una possibile indizione dello sciopero precario.

In contemporanea, oltre Atlantico, a Zuccotti Park come a Oakland, si sono sperimentate nuove forme di resistenza e di lotta che ci piace pensare anche come un recupero della gloriosa tradizione che ha le sue radici nel movimento wobbly, tramite prove di sciopero generale (Oakland), unite a forme di esodo e sottrazione dalle imposizioni dei mercati finanziari, che sono culminate nell’occupazione di piazze e strade.

Questo mese di maggio, il GlobalMay (i 20 giorni che potrebbero sconvolgere il mondo e l’Europa), rappresenta un momento di intersezione e capitalizzazione dei diversi rivoli di conflitto che si sono generati negli ultimi mesi. Per la prima volta, il Primo Maggio (MayDay) diventa giorno di sciopero generale negli Usa, riprendendo e allargando quanto già si era prodotto con le lotte dei migranti nelle MayDay degli anni passati. In Europa, La MayDay parade prenderà corpo, il 1 maggio, in molte citta (oltre Milano, Lisbona, Berlino, Amburgo, Vienna, Porto, Chicago, Oakland, Miami, New York, Toronto).

Sabato 12 maggio sono in programma manifestazioni nelle principali piazze europee. Iniziative sono indette per il 15 maggio (primo anniversario della discesa in campo del movimento “Indignados/Occupy/Take the square”) che culminerà nel weekend del 17-19 maggio con una serie di appuntamenti a Francoforte, sede della Bce, tese a bloccare il distretto finanziario venerdì 18 maggio in vista di una grande manifestazione europea il sabato.

C’è un filo rosso che unisce queste manifestazioni e queste azioni. Un filo rosso che tiene insieme non solo le resistenze ma anche le proposizioni. Un filo rosso che è necessariamente comune tanto quanto è univoca e comune la politica che il neoliberalismo tenta di imporci. Le diverse politiche di austerity si basano infatti sull’identico copione. Lungi dal voler controllare e limitare l’attività speculativa attraverso le politiche di riduzione del debito e con la messa a disposizione del sistema creditizio finanziario di enormi somme di liquidità (più di 1000 miliardi di euro negli ultimi tre mesi, con riferimento alla sola Europa. Oggi l’Agenzia del salvataggio delle banche fa arrivare una nuova richiesta: altri 400-500 miliardi di euro per rendere più solido il mercato creditizio), le politiche dei sacrifici imposte ai poveri hanno l’unico obiettivo di garantire e di assicurare il pagamento degli interessi sul debito e a incrementare ulteriormente il potere della finanziarizzazione sulle nostre vite. Per questo, in tutte le piazze, si lotta per il diritto all’insolvenza, la rinegoziazione e la parziale cancellazione del debito, soprattutto se illegittimo (default controllato), al grido “non un euro alle banche”.

In tutti i paesi europei, le politiche di austerity sono volte allo smantellamento dello stato sociale e all’aumento dell’imposizione fiscale, soprattutto tramite tasse regressive (come l’Iva o l’accisa sulla benzina). Noi, di contro, chiediamo e pretendiamo un nuovo welfare, reddito di base incondizionato e accesso ai beni comuni materiali e immateriali, in primo luogo libertà di circolazione dei migranti e il sapere libero contro i diritti di proprietà intellettuale.

In tutti i paesi europei, si varano riforme previdenziali a favore di una privatizzazione dei sistemi pensionistici, con l’aumento dell’età pensionabile, per fare “cassa”. E parallelamente, con una manovra a tenaglia, s’interviene sul mercato del lavoro, aumentandone la precarizzazione, il ricatto, la subalternità, riducendo sempre più i pochi diritti oggi esistenti. Noi rispondiamo con la convinzione che oggi l’unica riforma possibile del lavoro passa dalla garanzia di reddito, dall’introduzione di salari minimi, dall’allargamento delle garanzie contrattuali, dalla riduzione delle tipologie contrattuali, dall’aumento dei salari, nel nome non del diritto al lavoro, ma del diritto alla scelta del lavoro.

In tutti i paesi europei, nel nome dell’emergenza economica, l’idea stessa di democrazia, intesa come partecipazione attiva della cittadinanza alle scelte di governo, è oggi grottesca. Con la firma del Fiscal Compact, l’accordo a livello europeo, firmato lo scorso 31 gennaio 2012, relativo all’imposizione di norme restrittive di rigore sul rientro del debito pubblico, si interviene direttamente sulle costituzioni nazionali, imponendo scelte forzose di politica economica (nel nome del pareggio di bilancio), di chiaro segno liberista e contro qualsiasi tentativo di proposizione di politiche sociali progressiste. I centri di poteri sovranazionali (dalla Bce alla Commissione Europea sino al Fmi) sono sempre più strumenti degli interessi di quell’1% che governa e subordina il restante 99%. Non vi è più spazio per il riformismo keynesiano del XX secolo. Il riformismo è morto. Solo una nuova consapevolezza e nuovi strumenti di conflitto possono oggi diventare gli attrezzi per la costruzione di nuovi rapporti di forza. La crisi economica ha, infatti, messo a nudo, impietosamente, come le forme della governance finanziaria, troppo spesso descritta come esito di scelte individuali libere, in realtà nasconda dispositivi coercitivi di stampo dittatoriale. L’ideologia meritocratica dell’individualismo proprietario, che tanto ha impregnato anche la cultura di sinistra, trascinando drammaticamente con sé parti di noi, nell’esplicarsi del paradigma del biocapitalismo, oggi svela finalmente il suo volto mostruoso.

UniNomade 2.0 intende, con un dossier che apriamo da oggi, dare visibilità e connessione alle lotte del maggio 2012, mappando le iniziative che si svilupperanno, con la pubblicazione dei documenti di convocazione e delle analisi che provengono dalle diverse realtà del contesto internazionale.

Le giornate del Global May rivestono un significato particolare. Ancora di più di quanto accadde ai tempi di Seattle e Genova 2001, pur con i limiti del caso, esse rappresentano, sia nella fase dell’elaborazione che della costruzione, il primo tentativo globale di dare avvio a un processo costituente che si è finalmente liberato dal feticcio delle sovranità nazionali. Cominciamo da qui, allora. Partiamo dalla MayDay 2012: “You can cut all the flowers but you cannot keep spring from coming”. Ancora una volta, benvenuto, maggio.