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“Non possiamo più abbassare la testa”

Il Coordinamento Migranti presenta il corteo nazionale di sabato 23 marzo’013 da piazza XX settembre. Per una vera politica dell’accaglionza, contro i ricatti della Bossi-Fini e la precarietà, con le donne “respinte dal mondo del lavoro”.

20 Marzo 2013 - 20:39

“Vogliamo che questo Paese metta veramente in piedi una politica dell’accoglienza”, spiega il Coordinamento Migranti, “che come abbiamo visto anche per il caso Nord Africa in realtò non esiste: appena finiti i finanziamenti europei il governo e gli enti locali hanno dimostrato di non voler prendere in carico i problemi dei rifugiati. Infatti anche i profughi saranno in piazza con noi. Ci sono sanatorie fasulle, paghiamo il permesso di soggiorno più di quanto costi un qualsiasi altro documento rilasciato in Italia, insomma non esiste una politica per l’immigrazione, ma solo la Bossi-Fini, che non solo non dà risposte, ma penalizza da anni tutti noi senza agevolare nessuno”.

Quello di sabato è un corteo che vedrà intrecciarsi lotte diverse ma tutte animate dalla volontà di emanciparsi dai meccanismi ricattatori che imposti da crisi, legislazione, mercato del lavoro.

Si chiede innanzitutto l’abolizione della legge Bossi-Fini: “Per noi e’ impossibile far valere i nostri diritti – sostengono – perchè siamo sempre ricattabili. Sanno che senza lavoro dobbiamo tornare a casa, dopo anni di contributi versati e vita costruita in questo Paese. Però ora non possiamo più abbassare la testa e quindi scendiamo in piazza”.

Ci saranno i lavoratori della logistica, impegnati in diffuse mobilitazioni che vedranno un passaggio chiave nello sciopero del settore previsto proprio il giorno prima, venerdì 22. Un settore che è da anni “maggior polo lavorativo dei migranti” ed è “uasi interamente gestito da cooperative”.

Ma il Coordinamento Migranti fa appello anche a tutti i precari, sottolineando come sia una “protesta anche contro le politiche del lavoro che deve vedere uniti sia i lavoratori migranti che quelli italiani”.

Sarà in piazza anche l’associazione Migranda, per mettere in luce anche le posizioni precarie delle donne migranti, legate al permesso di soggiorno dei mariti, così come le posizioni di tutte le donne italiane costrette a rientrare nell’ambito domestico perché “respinte dal mondo del lavoro”.