Attualità

Nel 2011 ci sarà la guerra dei debiti sovrani?

I banchieri sono inquieti, il Fondo Monetario Internazionale teme un rallentamento delle politiche di austerità per il 2011, a causa delle rivolte popolari ai provvedimenti dei governi.

10 Febbraio 2011 - 14:33

Molti capi di governo proseguono negli annunci rassicuranti sul miglioramento della situazione finanziaria globale, ma una rapida lettura della “letteratura grigia”, prodotta dai finanzieri, rileva, invece, che i paesi industrializzati sono ancora “costretti” a considerevoli tagli della spesa pubblica.
Alcuni dati possono essere utili per orientarsi tra le informazioni contrastanti con cui siamo quotidinamente “abbeverati”.
– Il 26 gennaio, il Giappone ha deciso tagli alla spesa, mentre il 30 il debito americano è stato messo “sotto controllo”.
– Il 2 febbraio l’Irlanda ha di nuovo abbassato la spesa pubblica, in seguito al fatto che Standard & Poor’s ha declassato ancora il rating, da una tacca a “A” a “A-” per il lungo termine e ‘A-1 “ad” A -2 “per il breve termine. L’agenzia di rating ha motivato la sua decisione con le incertezze che circondano le  esigenze del settore finanziario del paese. Secondo S & P, il debito delle banche irlandesi ‘rappresenta oltre il 170% del PIL. Il rating rimane sotto esame con implicazioni negative. Il buco nero nel sistema finanziario irlandese sembra essere tra i 20 e i 40 miliardi di euro e un risanamento delle banche del Paese richiederà circa 50 miliardi di euro
– Il 3 febbraio, la Francia ha preso in prestito 8 miliardi di euro. L’Agenzia France Trésor (AFT), che gestisce il debito pubblico francese, ha messo in vendita 8,495 miliardi di euro di obbligazioni. L’operazione ha incontrato una forte domanda degli investitori, ma ha fatto salire i tassi.
– Per quanto riguarda poi i cosiddetti Paesi periferici dell’eurozona torna a salire il rischio del debito: i credit default swaps (cds) sul Portogallo sono saliti di 12 punti base a 442 punti, quelli sulla Grecia di 14 punti base a 829 punti e quelli sull’Irlanda di 4 punti base a 564 punti. In rialzo anche i cds sull’Italia a 177 (+4 punti), e sulla Spagna a 240 (+4,5).

L’INQUIETUDINE DEI BANCHIERI
In questa situazione, i mercati sono cauti, i finanzieri si dicono preoccupati, mentre le banche centrali inviano segnali di inquietudine, attraverso i discorsi dei grandi banchieri  che non passano inosservati.
Jean-Claude Trichet ha annunciato un mantenimento del tasso della BCE a l’1%, malgrado la forte pressione inflazionistica.

Gli analisti vedono in questo un riconoscimento implicito della preoccupazione sulla ripresa e della paura di una nuova recessione.
Ben Bernanke, presidente di FED, da parte sua, ha detto che siamo in assenza di una vera ripresa del mercato del lavoro. La politica monetaria degli Stati Uniti rimane sotto il pollice di allentamento quantitativo, volto a stimolare l’attività di creazione di moneta a buon mercato.

Il rancore dell´opinione pubblica britannica verso le banche e i banchieri, considerati tra i principali responsabili della crisi finanziaria degli ultimi anni (e comunque premiati con bonus vergognosi), sarebbe la causa dell´aumento delle tasse sui profitti delle banche.
Il ministro del Tesoro inglese, George Osborne, ha annunciato un aumento delle tasse sui profitti delle banche, che quest´anno saranno portate da 1,7 a 2,5 miliardi di sterline (3 miliardi di euro), con entrate per lo stato di 800 milioni di sterline (circa 1 miliardo di euro) più del previsto.
«L´obiettivo del provvedimento», ha affermato il ministro, «è economico, fare sì che le banche diano un contributo equo al pareggio di bilancio». Ma in un´intervista alla Bbc ha invece ammesso che il provvedimento ha anche uno scopo politico.
Ed Balls, ministro del Tesoro nel governo-ombra del Labour, ha dichiarato: «E´ un segno di paura, ed è troppo poco e troppo tardi».

La Bundesbank, tramite il suo presidente Axel Weber, ha detto chiaramente che sarebbe un errore lasciare ancora alla politica le «decisioni di rilievo» sul meccanismo anti-crisi di Eurolandia, in particolare su eventuali sanzioni ai paesi “inadempienti”. Sarebbe uno dei suoi «principali difetti», poichè «lascia troppo spazio discrezionale all’interpretazione e all’applicazione delle regole del Patto di stabilità e di crescita».
Insomma, regole e sanzioni le devono decidere le banche, cioè quelle che hanno causato la crisi e non la politica.
C’è qualcuno che comincia a parlare di golpe monetario.

Il FMI ha pubblicato a gennaio il primo “rapporto sul sistema finanziario globale” (http://www.imf.org/external/french/pubs/ft/fmu/2011/01/0111f.pdf)
Il documento ricorda che le cause che hanno portato vari paesi alla crisi per il debito pubblico non sono cambiate. In particolare, il FMI sottolinea che lo sforzo per ridurre il disavanzo pubblico registrato nel 2010 dovrebbe rallentare nel 2011, a causa delle risposte popolari ai provvedimenti di austerità.

IN ITALIA, SECONDO BERLUSCONI, LA CRISI NON SI VEDE, MENTRE CI SONO TANTI CITTADINI RICCHI
Al termine del Consiglio dei Ministri che ha varato il “piano per la crescita”, Silvio Berlusconi ha tenuto una conferenza stampa in cui ha dichiarato:«Abbiamo un debito pubblico elevato ma anche dei cittadini che sono ricchi. Questo ci porta a essere, per solidità del sistema economico, al secondo posto in Europa, appena staccati dalla Germania».
L’uomo delle notti del “bunga bunga” ha poi continuato: «Non abbiamo aumentato il debito pubblico e abbiamo dimostrato di poterlo sostenere. Abbiamo compiuto un passo importante quando nel consiglio dei capi di Stato e di governo europei siamo riusciti a fare accettare un nuovo principio, quello che nella valutazione del benessere di un paese si aggiungesse anche il risparmio e la finanza privata. perché abbiamo un debito pubblico elevato ma dei cittadini che sono ricchi».
Per il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, quello diventato famoso per lo smantellamento dello stato sociale, la parola stabilità fa, invece, rima con austerità. In linea con le politiche dell’Europa, della Bce e del Fmi, Tremonti ha parlato di stabilità, come “un bene per tutti”, a margine della Conferenza di Herzliya, in Israele.
Il problema di Tremonti, come di tanti altri suoi colleghi, è che la “stabilità” a cui si pensa è solo quella dei mercati, delle banche e degli speculatori. Per loro la stabilità passa per l’austerità, cioè per la riduzione di salari e pensioni, per i tagli alla scuola, ai servizi sociali.