Acabnews Bologna

Misure cautelari pochi giorni prima del corteo? “Non è un caso”

Libertà di dimora interviene dopo gli arresti e gli obblighi di dimora di ieri. Contributo di Morini (giornalista) e Fumagalli (economista) verso il #26S: “A Bologna il volto dispotico, velenoso e violento del nuovo corso Renzi”.

23 Settembre 2015 - 09:13

L’incontrollabile paura produce altre misure: La Bologna della Libertà paura non ne ha

Corteo del 18 ottobre 2014 (foto Flavia Sistilli per Zic.it)Il 18 Ottobre un corteo estremamente partecipato dichiarò che il governatore di Banca D’Italia Ignazio Visco non era il benvenuto in città in quanto emanazione diretta dei diktat che la Troika ha imposto all’Europa e uno dei principali responsabili della gestione della crisi. Insieme a Visco venne contestata Forza Nuova che in quello stesso giorno aveva annunciato una manifestazione sempre nella Bologna Medaglia d’oro della Resistenza e a cui Virginio Merola e l’amministrazione Pd avevano concesso la presenza in città. Durante quella giornata un corteo numeroso si riprese le strade della città rivendicando l’antifascismo come pratica quotidiana che non va delegata né strumentalizzata dalle istituzioni, le stesse del governo della crisi, e come l’antifascismo si ricolleghi alla lotta contro le politiche di austerità.

La polizia nell’ormai abituale triste veste di difensore di banche, austerity e fascisti manganellò brutalmente il corteo prima nei pressi di Santa Lucia e poi in Piazza Cavour.

A distanza di quasi un anno e in modo non casuale nella settimana verso la manifestazione del prossimo Sabato 26 Settembre vengono comminate le ennesime misure cautelari preventive nel becero tentativo di limitare ancora una volta la libertà di dissenso nella nostra città.

Le misure hanno colpito nella forma di arresti domiciliari Gianmarco (già sottoposto da settimane al divieto di dimora), Christopher e Roberto, mentre nella forma di obbligo di dimora nel Comune e Provincia di Bologna hanno colpito Gigi (già sottoposto da quattro mesi agli arresti domiciliari), Meco e Tommaso, quest’ultimo con l’obbligo di dimora nella città di Senigallia.

Riteniamo quest’ultimo tentativo di limitazione della libertà di dissenso l’ennesima espressione del governo della paura, nei suoi tre assi PD-Procura e Questura, che nell’ingestibile situazione di crisi e austerity e nella cronica crisi di legittimità tenta di diffondere paura perché ha paura.

Al debole tentativo di disseminara paura nella nostra città, Bologna risponderà con la determinazione della Libertà nelle molteplici forme che quotidianamente la animano e la abitano nella grande manifestazione di Sabato 26 Settembre.

Libertà di dimora

* * * * * * *

Liberiamo Bologna – Appello di Cristina Morini (giornalista) e Andrea Fumagalli (docente Università di Pavia e Università di Bologna) per il ‪#‎26S‬

(diffuso ieri prima che arrivasse notizia delle nuove misure cautelari, NdR)

Bologna, alma mater, la più antica università di Europa, crocevia del pensiero umanista da più secoli, centro di elaborazione culturale da oltre 1000 anni. Mentre Milano ha rappresentato le rivoluzioni politiche-industriali-sindacali dell’ultimo secolo, nel bene e nel male (dal fascismo all’autunno caldo, da Berlusconi alla May Day), Bologna, città solo parzialmente fordista, è stata laboratorio dell’innovazione culturale, della produzione underground musicale, delle forme alternative della comunicazione e della politica, della letteratura e delle arti libere. A tale capacità di rottura si è sempre, ferocemente, contrapposta la voglia di censura e di repressione.

Bologna tuttavia anche provinciale e benpensante, timorosa delle proprie potenzialità, chiusa nei suoi portici. Si trasforma allora nella Bologna dell’università fabbrica, che fa dottrina dei rottami di una formazione che allena alla precarietà e alla competitività. Bologna che affida il proprio governo a chi si sbarazza senza nostalgie di un passato antifascista e di valori libertari e solidaristici, tramutandosi in un paradossale atelier del conformismo costruito a colpi di ordinanze cittadine e sgomberi, provvedimenti restrittivi di ogni socialità e vita in comune. È la città che più di ogni altra ha cantato la promessa del “sol dell’avvenire”, tradotto poi nella concretezza di una governance efficiente e nemica, di fatto, di ogni pluralismo interno alla dinamica sociale. Un modello di ordine di “sinistra” che non poteva e non può permettersi devianze dal solco prestabilito, che pretende obbedienza e “appartenenza”, strumentalizza l’ideale della cooperazione per costruire lobby di potere. Questa città oggi raffigura il volto apparentemente cordiale ma in realtà dispotico, velenoso e violento del nuovo corso di Matteo Renzi, così come negli anni Settanta ha incarnato l’immagine del governo del Pci, producendo reiterati tentativi di soppressione di qualsiasi dissonanza e processo di insubordinazione.

In questi anni, mentre dilagano nuove ingiustizie, sopraffazioni e oppressioni, mentre la globalizzazione neoliberista produce povertà e totale assenza di equità, una parte di Bologna non si è fatta intimorire, ha saputo rispondere alla retorica della tecnocrazia e dell’ineffabile meritocrazia. In linea con la sua storia culturale e politica, ha prodotto eccedenze, ha prodotto percorsi di autodeterminazione, modelli di comunità sociali capaci di esprimere il senso più autentico di un ideale di convivenza che deve centrarsi sui principi della libertà e dell’eguaglianza, sul rispetto delle differenze e sul diritto a una buona vita. Non si è piegata, non ha accettato di rifluire nel privato, in una logica individualista e marginalizzante, ha organizzato strategie di resistenza e ha continuato a battersi contro istituzioni e autorità liberticide e oppressive. A Bologna come in tante altre città italiane, a Lampedusa come a Ventimiglia, al confine con la Francia, tra profughi e migranti, questa soggettività irriducibile continua a strappare il velo della presunta democrazia, mette in crisi la macchina governamentale, ne rallenta il funzionamento.
Così, negli ultimi mesi, abbiamo assistito a una notevole recrudescenza dell’attività repressiva dello Stato, un’attività che, a differenza del passato, non utilizza tanto o solo il carcere (troppo dispendioso per le scarse finanze in tempo di austerity) ma in modo più chirurgico impone una serie di obblighi e restrizioni finalizzate a impedire l’attività politica e a smembrare e dividere i collettivi colpiti. Si tratta per lo più di provvedimenti che fanno a pugni con i principi costituzionali e che non a caso si richiamano ai codici fascisti del Ventennio (divieto di dimora e fogli di via, ad esempio). Colpiscono le forme di vita, il diritto dei singoli a poter lavorare, studiare, amare all’interno di circuiti faticosamente costruiti negli anni. Provano a strappare e a sradicare, a stancare e avvilire, imponendo la pena fascista del “confino” – anche se per ipocrita pruderie gli hanno cambiato nome. Tutto questo punta ad atterrare, crudamente, anche la sfera degli affetti e dalla cooperazione, le forme imprescindibili della riproduzione sociale che ci sostengono. Tali disposizioni hanno inoltre una funzione preventiva e quindi non è necessario definire l’imputazione di reato, consentendo così una discrezionalità tutta “politica” che in uno stato di diritto non dovrebbe poter potrebbe esistere.

Da oltre quattro mesi Loris, Parvis, Ivan, Francesco, Francesca, Gigi, Matteo sono sottoposti a tali provvedimenti. Più recentemente si è aggiunto Gianmarco, mentre su Stefania pende la minaccia di un foglio di via. La giornata del 26 serve per ricordare tale situazione inaccettabile, la necessità di prendere parola, di farsi sentire e di chiedere la libertà immediata per tutti loro, rammentando che nel frattempo anche a Torino sono scattati carcere e repressioni per diversi compagni e compagne e che a Milano le porte di Expo 2015 non si aprono per chi non ha il profilo giusto, mettendo in luce una ripugnante schedatura di massa.

Chiunque senta il desiderio di opporsi a un mondo a cui il potere vuole imporre la sottomissione, chiunque abbia in odio l’arbitrio, la disumanizzazione delle relazioni, lo svuotamento delle esperienze politiche dovrà essere presente alla manifestazione di Bologna, il 26 settembre. Si tratta di una sfida che non si pone oggi per la prima volta nella storia. Abbiamo già affrontato con coraggio altri momenti decisivi come questo, avendone ragione.

Cristina Morini, Andrea Fumagalli