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Milano / Processo #NoExpo, cade l’accusa di devastazione e saccheggio

In sentenza d’Appello sono state ridotte le pene per i quattro attivisti, oggi condannati con pene che vanno dagli 8 mesi a oltre 2 anni. Confermate solo le imputazioni per resistenza e travisamento.

24 Marzo 2017 - 16:46

(Da Radio Onda d’Urto)

#NoExpoMayDay, © Michele LapiniSentenza d’appello oggi, venerdì 24 marzo, al Tribunale di Milano per quattro compagni, arrestati dopo il corteo No Expo del Primo Maggio 2015, indetto contro il grande evento inutile, quello del cemento, del debito, della precarietà (e delle inchieste, copiose, per malaffare).

Attorno a mezzogiorno la sentenza: è caduta anche in appello l’assurda accusa di devastazione e saccheggio. Disposte quattro condanne con pene da 8 mesi fino a 2 anni e 4 mesi, mentre la procura generale chiedeva condanne fino a 5 anni e 8 mesi anche per devastazione e saccheggio, oltre che per resistenza e travisamento. Tre dei quattro compagni imputati fanno parte di Proprietà Pirata Riot Club, che ha promosso un presidio sotto il Tribunale.

Il sostituto procuratore generale  aveva chiesto di ribaltare la sentenza con cui qualche mese fa il gup aveva mandato assolto Alessio, chiedendo di condannarlo a 5 anni e 8 mesi. Il compagno è stato condannato oggi, ma a 8 mesi, per il solo reato di travisamento. Inoltre il pg aveva chiesto per Edoardo e Niccolò, che in primo grado erano stati condannati rispettivamente a 2 anni e 2 mesi e 1 anno e 8 mesi, di aumentare la pena fino a 4 anni e 4 mesi. In appello, invece, sono state confermate solo le condanne per resistenza e travisamento. La pena di Andrea, infine, è stata portata dai 3 anni e 8 mesi del primo grado a 2 anni e 4 mesi, perché è stato anch’esso prosciolto dal reato di devastazione ‘per non aver commesso il fatto’. I giudici hanno anche revocato la condanna per lui al risarcimento verso Unicredit per una filiale che venne danneggiata quel pomeriggio. Le motivazioni della sentenza tra 90 giorni.

I quattro erano stati arrestati nel novembre 2015 dagli stessi inquirenti che avevano chiesto l’estradizione di cinque compagni greci, richiesta respinta da Atene dato che l’ordinamento ellenico non prevede il fumoso, e inquietante, reato di “devastazione e saccheggio”.