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Migranti: “Che fine ha fatto il tavolo promesso dalla Regione?”

Il Coordinamento incalza la vicepresidente Gualmini. Il caso di Yelena a Bologna: “Permesso pronto, ma rilasciato solo dopo aver pagato un legale”. E l’1 marzo “torneremo in piazza”.

27 Dicembre 2015 - 12:13

Regione Emilia-Romagna - © Michele LapiniPerché la Regione Emilia-Romagna “non ha convocato il tavolo regionale di coordinamento promesso prima dell’estate? Perché gli uffici stranieri delle questure e i delegati delle prefetture non sono stati ancora convocati? L’arrogante indifferenza con cui vengono meno alla parola data non è che l’ennesima, banale, dimostrazione del razzismo istituzionale attraverso cui viene gestita politicamente la permanenza dei migranti in questa regione”. Il Coordinamento Migranti torna con queste parole ad incalzare l’amministrazione regionale, rendendo noto anche che sul tema è stata presentata un’interrogazione dal gruppo Altra Emilia-Romagna rivolta alla vicepresidente Elisabetta Gualmini. “È una scelta politica quella di nascondersi dietro le direttive nazionali, usando il proprio potere discrezionale solo per rendere più difficile la vita dei migranti, decurtando il loro salario a causa delle parcelle che sono costretti a pagare agli avvocati, opponendo dei dinieghi ingiustificati, perdendo i documenti, ritardando di mesi o addirittura di anni la consegna di permessi e carte di soggiorno e nell’espletamento delle pratiche di cittadinanza e diritto di asilo. In Italia nel 2014 sono stati ritirati ben 150.000 permessi, mentre proseguono gli sfratti e i rimpatri di persone che da anni vivono in Italia e contribuiscono all’economia del Paese per più dell’11% del Pil. Il governo sta operando una politica di espulsione di massa, mettendo a rischio clandestinità tutti i migranti. Che cosa fa la Regione Emilia-Romagna, nascondendosi dietro la fama di regione che accoglie? Non può più continuare a ignorare le richieste dei migranti!”.

La vicepresidente Gualmini “non può fare come Ponzo Pilato e lavarsi le mani dicendo che la convocazione spetta al prefetto di Bologna in quanto coordinatore delle prefetture. La vicepresidente dell’Emilia-Romagna si è assunta la responsabilità politica di convocare un tavolo regionale in seguito alla mobilitazione dei migranti della scorsa primavera: è lei a dover assicurare che venga fatto. Può farlo e lo ha già fatto, quando a settembre ha messo intorno a un tavolo prefetture e responsabili degli uffici stranieri delle questure per parlare di lavoro gratuito dei rifugiati. Quindi può e deve farlo di nuovo, per evitare di essere ricordata come un Ponzo Pilato qualsiasi dai migranti che contribuiscono a fare ricca questa regione”.

E intanto sempre il Coordinamento Migranti diffonde l’ultimo dei numerosi casi recentemente segnalati, raccolti in diverse città dell’Emilia-Romagna, che testimoniano le “malepratiche amministrative volte a rendere la posizione dei migranti sempre più ricattabile da padroni e padroncini che se ne servono come carne da sfruttamento”. Questa volta la città è Bologna e il Coordinamento si rivolge (oltre che alla vicepresidente Gualmini) al prefetto Sodano e al questore Coccia: “Sicuramente non vi è giunta voce di quanto è successo a Yelena alla Questura di Bologna. Ci pensiamo noi a rimediare. Yelena fa domanda per il permesso di soggiorno. Passano le settimane e sul sito della questura lo stato della pratica risulta sempre in corso. Passano i mesi – ben più dei 60 giorni previsti dalla legge – e non c’è nessun aggiornamento. Almeno fino a quando, come tante e tanti migranti, Yelena non si vede costretta a pagare un avvocato per andare in Questura e ottenere informazioni. Come per magia, in presenza dell’avvocato il permesso di soggiorno spunta fuori immediatamente. Non che l’avvocato sia un mago – di simile al mago avrà solo la parcella! –, ma semplicemente il permesso di soggiorno era pronto da tempo e stava lì all’Ufficio Immigrazione ad aspettare che Yelena pagasse un legale: un sistema ormai sempre più diffuso in Emilia-Romagna, dove l’arrogante indifferenza delle Questure costringe i migranti a sborsare centinaia di euro per avere quello che gli spetta di diritto. E non è finita qui. Quando anni dopo Yelena fa la domanda per ottenere la carta di soggiorno la Questura le comunica che ha bloccato la pratica perché non ha pagato la tassa di 200 euro prevista. In realtà, Yelena l’ha pagata e ha anche inviato per raccomandata la ricevuta, ma la Questura l’ha persa. Noi non pensiamo che alla Questura di Bologna abbiano qualcosa contro Yelena. E neanche che siano particolarmente disordinati. Yelena è una tra le tante e i tanti migranti che toccano ogni giorno con mano in che modo le Questure dell’Emilia-Romagna amministrano il razzismo, di come con ritardi strutturali e resistenze sistematiche puntano a rendere sempre più difficile la vita dei migranti. Sulle carte di soggiorno la Questura di Bologna sta d’altronde dando il meglio di sé, dato che pur in presenza di certificati di residenza e regolari contratti di affitto respinge la domanda spingendosi a chiedere un documento scritto del “proprietario italiano” – perché, si sa, i migranti non possono possedere una casa! – dell’immobile dove il richiedente risiede. Al di là di un razzismo istituzionale talmente sfacciato da finire su carta bollata, tali pratiche costituiscono un abuso, se non altro perché oggi per chiedere la residenza è necessario il consenso del proprietario dell’immobile. Ma si tratta di un abuso che è parte di una gestione politica complessiva della presenza dei migranti a Bologna e in regione, con l’obiettivo di tenerli costantemente sull’orlo della clandestinità. Non credete, vice presidente, prefetto e questore, che se ci fosse stato un tavolo regionale i migranti oggi smetterebbero di subire le malepratiche e gli atti arbitrari e discrezionali che vivono ogni giorno sulla loro pelle? O preferite tenere i migranti sotto ricatto, sperando di impaurirli? Sappiate che non basterà!”.

Ed ecco una prossima tappa di mobilitazione: “Vogliono impaurirci, ma noi non ci fermeremo alle denunce pubbliche. Il primo marzo scenderemo di nuovo in piazza per un grande sciopero del lavoro migrante. Sarà ancora una volta una giornata senza di noi. Una giornata contro chi ci vuole ricattati e clandestini, sfruttati ed espulsi, zitti e impauriti. Una giornata in cui senza paura mostreremo il nostro volto di libertà”.