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Meno123: “Fiera agonizzante, cosa hanno in mente i dirigenti?”

Ieri lavoratori in presidio a Unindustria, Usb: si parta da prospettive, “anche gli industriali hanno capito che il metodo fa la differenza”. Sgb: “C’è un piano di completa privatizzazione”.

19 Luglio 2016 - 18:32

Presidio lavoratori Fiera in Camera di commercio (foto Zic)

Nuove tappe della mobilitazione dei lavoratori contro i 123 esuberi annunciati da BolognaFiere e poi sospesi. Oggi presidio alla Camera di commercio, ieri a Unindustria, il cui presidente Alberto Vacchi ha ricevuto i sindacati rassicurandoli sul fatto, a quanto si apprende, che la sospensione della procedura di mobilità è da considerarsi a tempo indeterminato e puntualizzando che ogni discussione deve partire dal piano industriale. Anche l’associazione degli industriali “ritiene che il metodo faccia la differenza”, sintetizza un delegato di Usb all’uscita. Dunque, scrive oggi il collettivo Meno123, “cosa hanno in mente i nostri dirigenti per rilanciare il quartiere Fieristico di Bologna, dopo averlo lasciato agonizzare per oltre 10 anni, con la perdita di manifestazioni chiave e la riduzione consistente di spazi espositivi di manifestazioni che erano il fiore all’occhiello di BolognaFiere?”

“Come si può considerare credibile – si legge nella nota di oggi – una controparte che invece di iniziare un confronto sui propri progetti di sviluppo, ci costringe a leggere sui giornali che cosa ha in mente per il nostro futuro? Prima di fare affermazioni, e ancora più: prima di prendere decisioni così importanti, sarebbe invece utile conoscere la storia di questa azienda”.

Spiega il collettivo: “A BolognaFiere, da circa quindici anni il turn-over nei servizi di manifestazione è bloccato: nessuna nuova assunzione viene fatta tra il personale addetto a tutti gli innumerevoli compiti legati allo svolgimento delle manifestazioni fieristiche (cioè quello che ora si vuole azzerare). Questa dolorosa scelta, cioè di ridurre gradualmente il numero degli occupati in maniera stabile, senza più sostituire quei dipendenti che (beati loro!) via via raggiungevano l’età pensionabile, è servita a mantenere un reddito vagamente dignitoso, a fronte del progressivo ridursi delle manifestazioni più importanti. E così, ora le manifestazioni fieristiche che occupano più padiglioni ogni anno necessitano dell’impiego di 60-70 persone in più rispetto agli occupati a tempo indeterminato con contratto part-yime (che, come ormai avete capito, sono 123): si fa quindi ricorso a contratti a termine”.

Non si capisce dunque, segnalano i lavoratori, “da quale cappello magico” salti fuori la recente dichiarazione del presidente Boni secondo il quale dei 123 “ne bastano 70”.

Così un comunicato di Sgb: “Ieri anche il presidente di Unindustria ha ammesso di non concordare sui metodi fino ad ora adottati e di ritenere che sia prima di tutto necessario affrontare la discussione sul piano industriale; per questo anche lui, come già il sindaco Merola e il Presidente Bonaccini, ritiene sia necessario prendersi tutto il tempo utile ad una disamina attenta e puntuale, senza un cronometro a contare il tempo, in pratica una sospensione sine die fino a che non si sarà compiutamente ragionato su tutti gli aspetti della questione”.

Il sindacato stigmatizza anche discussione all’assemblea dei soci sulla riforma dello Statuto dalla fiera stessa, che prevederebbe il superamento della nomina del presidente da parte dei soci pubblici: “Noi riteniamo che mettere mano allo statuto della società nelle parti che riguardano: le modalità di nomina del presidente, oggi ‘nominato congiuntamente da Comune di Bologna, Città Metropolitana (ex provincia) e Camera di Commercio’, e la titolarità sulle operazioni societarie sulle partecipate che ad oggi deve passare per l’approvazione dell’assemblea dei soci, e diventerebbe invece prerogativa del solo consiglio di Amministrazione, sia un ulteriore tassello, insieme al cambiamento del modello di organizzazione che si vorrebbe basare su lavoro a basso costo precario e flessibile, di un progetto che mira a sottrarre ai soci pubblici la capacità di influenzare e dirigere le politiche della Fiera. Se tali modifiche dovessero essere approvate si aggiungerebbe l’ultimo tassello al piano di completa privatizzazione della Fiera di Bologna nel quale i soci pubblici diventerebbero meri versatori di denaro senza poter prendere più alcuna decisione liberi di scaricare su altri tutte le responsabilità. Sarebbe una grave perdita per la nostra città se un bene che già è stato parzialmente regalato ai privati negli anni, venisse svenduto in questo modo per asservirsi a logiche che stanno producendo sempre maggior povertà e disagio sociale”.