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Medio Oriente / Riapre il valico di Rafah tra Gaza e Egitto, ancora sangue in Siria

Revocate le restrizioni attuate dopo il 2007. Ma la riapertura riguarderà le persone non le merci. Poco più a nord, il Libano ha già accolto 4000 profughi siriani in fuga dalle violenze

28 Maggio 2011 - 18:32

Una porta si è schiusa nel carcere a cielo aperto di Gaza: il governo insediatosi in Egitto dopo la caduta di Mubarak ha aperto la frontiera a Rafah, restituendo dopo sei anni una parziale libertà di movimento a un milione e mezzo di palestinesi finora reclusi, di fatto, all’interno della Striscia.

Non molto più a nord, il Libano è alle prese con i quattromila profughi siriani scappati dalla violenza delle forze di Bashar al Assad.  Due mesi e mezzo di rabbia popolare  soffocata nella ferocia di stato: finora  850 morti e 8000 arrestati.
Anche quest’ultimo è stato, in diverse città della Siria, un venerdì di sangue,  l’undicesimo dell’inizio delle sommosse contro il regime.

> Sulla riapertura del valico di Rafah, ripubblichiamo un articolo di Nena News:

GAZA-EGITTO: RIAPERTO IL VALICO DI RAFAH
Questa mattina le autorità egiziane hanno revocato le restrizioni attuate dopo il 2007. Ma la riapertura riguarderà le persone non le merci. Il blocco di Gaza non è finito.

Rafah, 28 maggio 2011, Nena News – Il primo autobus palestinese con a bordo una cinquantina di persone ha attraversato il valico di Rafah e questa mattina, dopo dopo le 8 italiane, è entrato in Egitto sulla base delle nuove disposizioni decise dalle autorità del Cairo che, come avevano promesso, hanno revocato le restrizioni attuate dal giugno 2006 in poi (in seguito alla cattura del soldato israeliano Ghilad Shalit da parte di un commando palestinese). Da oggi in poi il movimento da e per Gaza sarà «libero», su «base permanente», non più limitato a 300 transiti e solo in alcuni giorni.

Numerose persone hanno atteso questo momento su entrambi i lati della frontiera, in un clima di entusiasmo, e hanno applaudito quando l’autobus, al termine dei controlli di frontiera, è finalmente passato in territorio egiziano e si è diretto verso il Cairo. Subito dopo sono transitate due ambulanze con a bordo palestinesi bisognosi di cure mediche in Egitto.

Il valico rimarrà aperto per gran parte del giorno. Donne, anziani e minorenni potranno attraversarlo senza visto. I palestinesi maggiorenni invece dovranno ottenere prima il permesso delle autorità egiziane. E’ da sottolineare che non transiteranno per Rafah le merci e, pertanto, oggi non è terminato il blocco della Striscia di Gaza attuato da Israele e al quale negli anni passati ha partecipato attivamente anche l’Egitto per volontà dell’ex raìs Hosni Mubarak, uno stretto alleato di Israele nelle questioni di «sicurezza».

La novità vera è la scelta fatta dal governo transitorio egiziano di riaprire il valico rispettando solo in minima parte l’accordo raggiunto con Usa-Anp-Ue nel 2005 (dopo il ritiro di soldati e coloni israeliani da Rafah) che prevede che Rafah operi sotto la supervisione e il monitoraggio di osservatori europei (Eubam) che, di fatto, hanno il compito di segnalare a Israele l’eventuale passaggio di palestinesi «sospetti». Il Cairo a quanto pare non intende tenere conto del ruolo dell’Eubam che, peraltro, da quattro anni attende di conoscere il futuro della missione nella base di Ashqelon (Israele). Il passo fatto dagli egiziani perciò ha suscitato allarme e proteste in Israele che prevede l’ingresso a Gaza di «terroristi» e armi. Le pressioni sul governo egiziano sono enormi e gli Stati Uniti si dicono «certi» che l’Egitto sorveglierà «adeguatamente» il valico di Rafah. Il portavoce del dipartimento di Stato, Mark Toner, ieri ha detto che gli egiziani «sono ben consapevoli» della «necessità» di sorvegliare contro il contrabbando di armi.

Intanto sull’onda della riconciliazione Fatah-Hamas raggiunta ad inizio del mese al Cairo, l’Autorità nazionale palestinese (Anp) ha annunciato, attraverso da Muhammad Mustafa, consigliere economico del presidente Abu Mazen, di voler costituire un fondo da un miliardo di dollari per finanziare la ricostruzione di Gaza. Mustafa ha promesso lo stanziamento immediato di 200 milioni di dollari e la raccolta di altri 800 milioni fra investitori pubblici e privati palestinesi, arabi e di altri paesi. L’obiettivo è quello di ricostruire case e attività economiche colpite dai bombardamenti della devastante offensiva israeliana «Piombo Fuso» di due anni e mezzo fa (1.400 palestinesi uccisi) e di fornire crediti ad almeno 350 imprese nonchè di progettare o riqualificare infrastrutture di base: quali l’aeroporto di Rafah un porto, una nuova centrale elettrica, un impianto per desalinizzare l’acqua di mare.

Muhammad Mustafa, un indipendente, è indicato dai media locali come il possibile premier del governo di unità nazionale frutto dell’accordo Fatah-Hamas, incaricato di preparare nuove elezioni entro un anno. Nena News