Acabnews Bologna

L’ultimatum di Comune e Ateneo: “Bartleby? Alle Roveri”

Cinque giorni per accettare l’offerta di condividere parte di un capannone preso in affitto dall’Alma Mater in estrema periferia. Gli attivisti rifiutano, il prorettore Nicoletti: “Saranno mandati via”.

16 Gennaio 2013 - 18:18
L’ingresso dello spazio proposto da Comune e Università

“Se il prorettore ci caccia con la Polizia, la sconfitta sarà vostra”: parole, pronunciate dagli attivisti di Bartleby davanti ai giornalisti, a chiusura di un botta e risposta tra  il Collettivo, da una parte, e dall’altra l’assessore Frascaroli e il prorettore Nicoletti.

Ma andiamo con ordine. Stamattina era stata annunciata da Bartleby una conferenza stampa alle 14 “per comunicare alcune importanti novità”. Ma Ateneo e Comune avevano giocato d’anticipo convocando a loro volta i giornalisti alle 13 a Palazzo d’Accursio “per la presentazione dell’intesa Comune-Universita’ sulla concessione di spazi per associazioni culturali e studentesche”. Giocoforza, i ragazzi hanno deciso di presentarsi anche loro in Municipio.

Tocca a Frascaroli avanzare la proposta escogitata dalle due amministrazioni perché Bartleby abbandonasse la sede di via San Petronio Vecchio, la cui convenzione è scaduta a settembre 2011: uno spazio, da condividere con altre associazioni studentesche e collettivi, in via Collamarini 8, zona industriale Roveri. “Peccato, però – la interrompono gli attivisti – che sia oltre la Tangenziale, in un ex magazzino, lontanissimo da tutto. E’ circondato da una rete elettrificata con su scritto ‘pericolo di morte’, è vicino al Cie, ma noi con gli ‘ospiti’ non possiamo interloquire, e soprattutto è fuori da quel tessuto urbano e metropolitano che invece è l’essenza del collettivo”.

Bartleby dovrebbe spostarsi di 5km fuori dal centro

A ben vedere, più che una proposta è un ultimatum. Bartleby ha 5 giorni per accettare, diversamente l’Alma Mater fa capire che ci sarà un’azione di forza in via San Petronio Vecchio. Nicoletti, che sostiene che siano già scattate le penali a carico dell’Università per il ritardo nei lavori per le aule all’ex Croce Rossa,  spiega, dal suo punto di vista, la genesi dell’operazione: l’Università ha a che fare con quasi una ventina di associazioni studentesche in cerca di una sede, e spende già 85mila euro in affitti per accasarle. Pure lo spazio di via Collamarini, grande oltre 1000mq, è in affitto, il contratto con un privato è già stato firmato per 50mila euro. La Frascaroli parla di un “esperimento”, una “sfida”, di convivenza tra associazioni “diverse ma vicine per vocazione”, sposando “esigenze economiche e di convivenza con la cittadinanza”.

Per difendere la scelta, l’assessore le prova tutte. Dapprima nega che sia distante: “io, che ho 59 anni, ci arrivo in biclicletta”, e azzarda: “facciamo questa scommessa e se falliamo ne riparliamo tra sei mesi”, quando potrebbe essersi concretizzata la possibilità di accedere a spazi della Regione all’ex manifattura di via Stalingrado. Seguono argomenti ancor più fantasiosi: “svuotiamo il centro per rivitalizzare le periferie”, oppure”non è uno spazio isolato, ci sono le fabbriche e il Cie”.

Alla fine Nicoletti  si spazientisce e parla esplicitamente di sgombero: “La soluzione è questa qua e se Bartleby non se ne va da via San Petronio vecchio, saranno mandati via”. Una minaccia, per il collettivo, e la risposta è netta: “Non ce ne andiamo, e non accettiamo ritorsioni”.

* * * * * * * * * *

> Il comunicato di Bartleby:

Il giorno dopo non mori’ nessuno

La foto qui sopra illustra meglio di ogni altra immagine l’ultima puntata di un serial che si trascina da anni. Da quando, oltre un anno fa, è scaduta la convenzione per i locali di via San Petronio Vecchio, abbiamo aperto un’interlocuzione con la città, rivolgendoci a Università e Comune con un’idea molto semplice: Bartleby sta bene dove sta, ma ci siamo detti sempre disponibili a sederci a un tavolo per trovare soluzioni alternative che garantiscano la continuità dei nostri progetti.

Bartleby è una realtà fortemente connessa con il mondo studentesco universitario e con quello artistico e culturale cittadino: dai lavoratori del teatro comunale, ai numerosi studenti che rendono viva Bologna, dai cineasti indipendenti agli scrittori bolognesi, dai docenti ai ricercatori. Bartleby nasce e continua a vivere grazie a queste relazioni tra soggetti e generazioni differenti che trovano un punto d’incontro nella costruzione di uno spazio autogestito e mettono al centro la cooperazione e la partecipazione.

Quest’anno e mezzo è stato costellato di minacce di sgombero e ultimatum da parte dell’Università. In una sola occasione c’è stata avanzata una proposta concreta, da parte del Comune: uno spazio (seminterrato) in via San Felice 11. Proposta da noi accettata e prontamente ritirata dall’amministra- zione senza addurre alcuna spiegazione nel giugno scorso.

A distanza di mesi, durante i quali non siamo mai stati interpellati né dall’Università né dal Comune, ci viene avanzata una seconda proposta, unilaterale e non negoziabile, frutto di un accordo tra le due istituzioni. Convocati il 10 gennaio dall’assessore Amelia Frascaroli, veniamo messi a conoscenza che è stato individuato un luogo da destinare alle attività di studenti universitari ed associazioni giovanili cittadine. L’onore di essere i primi interpellati spetta a noi, “per l’urgenza della nostra situazione”. Infatti ci vengono dati 5 giorni per prendere o lasciare. Se rifiutiamo, ci viene fatto capire, “l’università si muoverà di conseguenza”.

L’Università e il Comune dove pensano che debbano avere luogo le attività studentesche e giovanili in questa città? Il più lontano possibile dal centro abitato e dalle facoltà universitarie. (Vedi mappa sul retro). L’indirizzo è via Collamarini 8, zona industriale Roveri, oltre la tangenziale, in un agglomerato di capannoni. L’edificio, da assegnarsi con criteri ancora da definire, a un numero imprecisato di soggetti, è un ampio capannone dismesso, contiguo a un’azienda in attività, e con un traliccio dell’alta tensione all’ingresso, che accoglie i visitatori con l’inquietante messaggio: PERICOLO DI MORTE.

A chi appartiene questo luogo ameno? È una vecchia proprietà del Comune o dell’Università? No, appartiene a una società privata, alla quale l’Università corrisponderebbe un affitto di più di 50.000 euro annui. Questo ci dice due cose:

1) Si può fare: Università e Comune possono effettivamente mettersi d’accordo per trovare un posto per Bartleby, sfruttando lo spazio di un privato, soluzione che noi stessi abbiamo proposto più di un anno fa, ma che non fu accolta;
2) L’università è disposta a spendere cinquantamila euro pur di allontanare dalla città esperienze come la nostra che, ancor di più in tempo di crisi, vanno silenziate e il loro spazio d’intervento ben perimetrato.

Con queste modalità la cifra investita dall’Università altro non è che soldi buttati, e ci sembra anche che rivolgere a noi questa proposta riveli, per usare un eufemismo, un equivoco di fondo e una pro- fonda ottusità nella gestione delle politiche sociali e culturali di questa città.

Le attività di Bartleby vivono nel tessuto sociale urbano, quale connessione possibile in uno spazio fatti di capannoni, rimesse ed erbacce? Organizzare momenti pubblici di confronto e dibattito, assemblee in cui insieme a tanti e tante si cercano risposte collettive ed efficaci alla crisi, presentare un libro, attivare laboratori artistici, fare un concerto di musica classica, gestire il fondo di riviste di Roberto Roversi, ospitare lezioni di docenti e ricercatori, svolgere seminari e letture, e tutto questo in forma gratuita, ha poco a che vedere con un capannone industriale all’estrema periferia della città, forse più adatto per grossi eventi musicali a pagamento. Ci sembra quindi inevitabile rispondere con un cortese “preferiamo di no”.

Per altro pensiamo che questa proposta contraddica totalmente gli intenti recentemente enunciati dal sindaco Merola quando ha dichiarato di voler “mettere al centro le persone per avere una città sempre più umana: si tratta di ingaggiare i cittadini perché siano loro a proporre soluzioni e a con- dividere progetti”.

Dal 2009 Bartleby valorizza la cooperazione e la condivisione e, insieme ai molti altri che rendono viva e ricca Bologna, realizza progetti e apre spazi di possibilità. In questo arco di tempo si sono avvicendati sindaci, rettori, assessori, abbiamo cambiato sede e risposto con le nostre attività agli sgomberi e agli attacchi di chi ci accusa di un “uso privatistico” degli spazi..

Forse è giunto il momento che le istituzioni si rassegnino all’idea che non possano cancellare le espe- rienze, come Bartleby, che rendono viva e partecipata questa città.

Bartleby