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L’indagine su Merola? “Dimostra l’assurdità del Piano casa”

Il commento di Asia-Usb, nei giorni scorsi nuovamente in presidio in Comune, sull’inchiesta riguardante l’allaccio dell’acqua alle occupazioni: “Legge da abolire e superare”. Interviene anche il Comitato Acqua Bene Comune: “E’ un diritto umano”.

29 Luglio 2015 - 10:22

20150716_110634L’indagine a carico del sindaco Virginio Merola, “accusato di aver permesso l’allaccio dell’acqua in alcuni stabili occupati, in piena contravvenzione all’articolo 5 del Piano casa varato dal governo Renzi”, dimostra “l’assurdità di leggi come il Piano casa, che promuove la speculazione edilizia e il ruolo dei privati mentre condanna ad esempio le occupazioni, mentre le amministrazioni cittadine, a diretto confronto con la realtà sociale, si ritrovano impossibilitate ad applicare anche solo le minime misure indispensabili ad attutire l’emergenza abitativa”. Anche Asia-Usb prende parola dopo l’iscrizione di Merola nel registro degli indagati, in un comunicato in cui si dà conto di un presidio svolto nel cortile del Comuna alcuni giorni fa. “Quest’emergenza, dunque, non si può affrontare con interventi ‘tampone’ di beneficienza o con tentativi di calmierare la situazione senza risolverla: occorre innanzitutto abolire il Piano casa e superarlo con piani strutturali, che inevitabilmente comprendono anche investimenti, volti ad ampliare il patrimonio abitativo pubblico e accessibile alle fasce della società che maggiormente subiscono gli effetti della crisi, in termini di licenziamenti, abbassamento dei salari e delle pensioni a fronte di un inarrestabile caro vita e di una precarietà sempre più diffusa”.

Sul presidio a Palazzo D’Accursio, Asia spiega: “Continua l’odissea degli abitanti delle occupazioni a Bologna, ormai da mesi impegnati in una pressione verso il Comune per la regolarizzazione delle case che, sfitte da anni, hanno trovato ora un nuovo utilizzo. Con coraggio e determinazione”, anche la settimana scorsa Asia “ha presidiato Palazzo d’Accursio, sede dell’istituzione comunale, dove si doveva svolgere un incontro tra alcuni assessori e l’amministrazione dell’azienda ospedaliera Sant’Orsola, che detiene la proprietà di uno dei palazzi occupati, le Case Occupate Nelson Mandela. In quanto parte in causa della discussione riguardo l’utilizzo dello stabile, abbiamo espresso la necessità di essere coinvolti negli incontri in merito: le famiglie che vivono nel palazzo non possono subire passivamente decisioni e provvedimenti che riguardano direttamente la loro condizione abitativa! La mancanza di una risposta a tale richiesta ci ha nuovamente spinto a scendere in piazza per mostrare all’amministrazione cittadina la nostra determinazione a non essere attori passivi ma porre come condizione basilare nell’eventuale trattativa le necessità e le possibilità oggettive degli abitanti. Nonostante l’incontro sia stato rimandato, la nostra presenza” in presidio “ricorda al Comune e alla città che non cederemo nelle nostre rivendicazioni!”.

Sulla questione dell’acqua alle occupazioni abitative torna a intervenire anche il comitato Acqua Bene Comune, ricordando di aver presentato un esposto verso l’Amministrazione lo scorso novembre rispetto al distacco della fornitura idrica alle ex Scuole Ferrari di via Toscana: “Denunciavamo il ‘rifiuto d’atti d’ufficio’ – spiega il Comitato – per aver staccato l’acqua a 60 persone nonostante la legge regionale 23/2011 approvata il 23 dicembre 2011 dichiari: ‘La disponibilità e l’accesso individuale e collettivo all’acqua potabile devono essere garantiti in quanto diritti inalienabili e inviolabili della persona'”.

Continua la nota: “Ma se da una parte ci sembra positivo che la politica riconosca finalmente le proprie responsabilità e si appelli agli stessi principi, dall’altra continuiamo a chiedere all’amministrazione cittadina come potrà assicurare che il servizio idrico rimanga pubblico e ancorato alle stesse finalità dopo aver approvato le modifiche dello statuto del patto di sindacato di Hera che per il futuro le permetteranno di scendere sotto il 51%. Come potranno i cittadini chiamare ancora ‘acqua del sindaco’ una gestione dentro una società per azioni che già nelle condizioni attuali assicura lauti dividendi ai soci pubblici e privati pagati con aumenti di bollette ingiustificati a fronte di una diminuizione degli investimenti per migliorare il servizio. Quale idea di democrazia potranno riconoscere nelle decisioni di una politica che fino ad oggi ha colpevolmente disatteso il referendum di quattro anni fa votato da 479.947 cittadine e cittadini nella provincia di Bologna e che per questo è si espone all’accusa di strumentalizzazione per finalità elettorale.

“Il comitato Acqua Bene Comune – si legge in conclusione – continuerà a chiedere la piena applicazione del referendum e quindi la gestione pubblica dei servizi idrici integrati e vigilerà, insieme alle cittadine ed ai cittadini, perché le scelte delle istituzioni siano conseguenti a questo pronunciamento. Perché l’acqua è un diritto umano e deve rimanere pubblica anche per ‘dar da bere aglli assetati’”.