Acabnews Bologna

“Liber@ tutt@”, “Merola ingiustificabile”: le reazioni dei collettivi [comunicati in aggiornamento]

Le realtà di movimento prendono posizione dopo la condanna di Teo, gli strali della politica di palazzo sul corteo di sabato e i domiciliari scattati per Angelo del Cua.

22 Ottobre 2014 - 13:49

Corteo antifa (foto Flavia Sistilli per Zic.it)L’incidente lo vogliono loro. Con la necessaria resistenza di sabato e al fianco di Teo!

Noi abbiamo visto le pozze di sangue sul selciato dopo la prima, violentissima carica della polizia sabato scorso.

Noi abbiamo letto le cronache locali che, per mesi e mesi, hanno invocato «guerra» e «tolleranza zero» contro forme di lotta pacifiche e ragionevoli, incoraggiando la polizia a esercitare prevaricazioni e violenze.

Noi sappiamo che gran parte delle forze dell’ordine sono da anni vicine alla destra e all’estrema destra. Ieri erano i poliziotti assassini della Uno Bianca, erano i torturatori della Scuola Diaz e di Bolzaneto che ci facevano cantare «Faccetta nera», sono quelli che hanno ucciso di botte Federico Aldrovandi, Riccardo Rasman, Aldo Bianzino, Giuseppe Turrisi, Stefano Brunetti, Niki Aprile Gatti, Manuel Eliantonio, Giuseppe Uva, Stefano Frapporti, Francesco Mastrogiovanni, Simone La Penna, Bledar Vukaj, Stefano Cucchi e tanti altri…

Chi oggi a Bologna sta innalzando il livello dello scontro è la Questura e il sindaco Virginio Merola. Lo fanno perché ciò rende loro più facile gestire le emergenze sociali come questioni di ordine pubblico. Ed è anche un modo semplice ed efficace per isolare la protesta dal disagio diffuso.

Secondo questa logica cinica e violenta, la Questura ha autorizzato un corteo di Forza Nuova in centro città con neonazisti provenienti da tutto il Nord Italia. Quando il Questore accusa i movimenti sociali di «cercare l’incidente», non fa che imputare ad altri la sua misera strategia di normalizzazione.

Se il corteo non si fosse autodifeso in Piazza Cavour, avremmo subìto un’altra carica violenta e avremmo avuto soltanto altre teste rotte, senza che ciò facesse nemmeno notizia sulla stampa borghese.

Teo è un compagno che tutt* noi conosciamo e a cui va tutta la nostra solidarietà per il processo sommario che ha dovuto subire. Una solidarietà che si è espressa fin da subito sotto la Questura, domenica sotto il carcere della Dozza, e oggi davanti al Tribunale che, condannandolo, ha voluto dare un «esempio» solo per coprire la pessima gestione della piazza da parte della polizia e della Questura.

Di fronte alla violenza delle istituzioni, ci appare ridicola la figura di Virginio Merola che vorrebbe impartire lezioni su che cosa sia l’antifascismo senza aver mai detto nulla in passato sull’attivismo neofascista di CasaPound o sulle ricorrenti manifestazioni di neonazisti calati da Lombardia e Veneto per «riprendersi Bologna».

A Teo, agli e alle antifascist* ferit* la nostra vicinanza e solidarietà!

Non un passo indietro!

Nodo sociale antifascista

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Con la cena di questa sera [ieri sera, NdR] a Vag61 contribuiremo a sostenere le spese legali di Teo, arrestato sabato nel corso del corteo anticapitalista ed antifascista che ha attreversato le strade di Bologna.

Una giornata in cui siamo scesi in strada, insieme a tante e tanti, perché non pensiamo sia accettabile che abbia la minima legittimità a parlare in questa città chi predica intolleranza, razzismo e omofobia. Perché crediamo sia più che giusto contestare le istituzioni finanziarie che nulla hanno fatto per evitare che pagassimo tutti il durissimo prezzo di una crisi economica di cui non abbiamo nessuna colpa.

Siamo scesi in strada e, per l’ennesima volta, chi ci governa e amministra non ha saputo fare di meglio che opporci contingenti di poliziotti armati fino ai denti.

Teo è stato arrestato da chi difendeva i neofascisti di Forza nuova, ancora una volta autorizzati a manifestare nel centro di Bologna.

Ieri [lunedì, NdR] per fortuna è uscito dal carcere ma, nel pieno della ventata di criminalizzazione alimentata da centrodestra e centrosinistra a braccetto, è stato condannato a otto mesi da scontare ai domiciliari. Rinnoviamo la nostra solidarietà a lui, a chi è stato ferito dalla polizia e a chi in questi giorni si ritrova sotto attacco per aver ribadito con determinazione un messaggio forte e chiaro:

STOP AUSTERITY! SIAMO TUTTE/I ANTIFASCISTE/I!

Vag61 – Spazio libero autogestito

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Dopo la grande giornata di conflitto anti-austerity e antifascista di sabato, continua la vendetta di Procura e Digos. Ieri [lunedì, NdR] sono stati comminati otto mesi a Teo, oggi [ieri, Ndr] Angelo – colpito insieme ad altri compagni e compagne dal divieto di dimora per la cacciata della polizia da Piazza Verdi lo scorso anno – è stato messo agli arresti domiciliari con motivi assolutamente pretestuosi. Vogliamo Angelo libero subito, lo rivogliamo con noi in Piazza Verdi e in tutte le piazze delle lotte sociali. Liber@ tutt@!

Hobo Bologna

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Un insulto alla città

Comunicato stampa in merito ai fatti del 18/10 e alle dichiarazioni del sindaco Merola

Prima di tutto sarebbe una questione di decenza: tutti i signori che, dopo i fatti del 18, si sono riempiti la bocca e vuotati i polmoni parlando di democrazia e non violenza dovrebbero avere il buon gusto di fermarsi a riflettere. Almeno per chiedersi chi è Roberto Fiore.

La sua pagina su Wikipedia e’ oscurata ma, nonostante cio’, la sua biografia e’ nota e buona parte di essa riguarda proprio la storia della nostra città e l’attacco più vile che essa ha subito per mano fascista il 2 agosto del 1980.

A partire da questo, non ci sono giustiuficazioni per chi non si e’ opposto con tutti i suoi mezzi alla presenza di questo figuro nelle strade di una citta’ medaglia d’oro per la resistenza.

Non ci sono giustificazioni per Merola, che in quanto primo cittadino di Bologna, doveva essere in testa a quel corteo con la sua bella fascia tricolore, non ci sono giustificazioni per donini, membro di un partito che governa una nazione fondata sui principi e sui valori della resistenza, non ci sono giustificazioni per benpensanti e legalitari che, arroccandosi dietro alla enunciazione di principi che hanno il valore dell’acqua tiepida, trascurano le condizioni reali delle nostre citta’.

C’eravamo noi in quel corteo, noi, tutti e tutte.

Noi che oggi, in un paese schiacciato attorno al tentativo di Matteo Renzi di rifondare un partito unico, rappresentiamo l’unica vera e concreta forma di opposizione reale e democratica.

Sì, siamo noi i responsabili.

E’ forse per questo che Merola minaccia di rivedere le convenzioni con i centri sociali?

Quest’ultima roboante sparata ci fa sorridere. Siamo abituati a sentire queste cose dal sindaco che parla anche quando sa benissimo che alle sue parole non puo’ far seguire alcun fatto. Quando sa benissimo che la polizia ormai interviene piu’ spesso a difesa dell’ingiustizia evidente piuttosto che a difesa del diritto e della dignita’. Nei posti di lavoro, durante gli sfratti, per i lavoratori migranti, per i rifugiati. Non passa giorno senza che le cronache ci mostrino i tutori dell’ordine intervenire a modo loro e con i loro “linguaggi”.

Merola sa benissimo che, oggi, i centri sociali rappresentano nel genoma delle citta’ un elemento al quale nessuno puo’ rinunciare e che nessuno – di certo non lui – ha il potere di sopprimere o di mettere a tacere.
Merola sa benissimo che non siamo una questione di ordine pubblico.
Sa benissimo Merola che la nostra citta’ e’ diventata una polveriera pronta ad esplodere a causa di un malessere sociale che non puo’ piu’ sopportare.

Mostra i muscoli Merola, come ha fatto riguardo alle occupazioni; lo fa col tipico atteggiamento dei deboli che urlano perche’ hanno paura e perche’ non hanno idee ne’ coraggio.

Perche’, invece, non prova a spiegarci a che punto e’ il suo piano contro l’emergenza abitativa? Perche’ non prova a spiegarci a che punto e’ la sua trattativa con la cassa depositi e prestiti sulla caserma Sani? Semplice: non esiste nessun piano e nessuna trattativa seria di cui si possa parlare.

Dov’e’ finita la sua verve garibaldina e il suo “io disobbedisco” pronunciato in occasione della lettera di alfano sulle unioni civili. Facile farlo su un tema che, per quanto di grande rilevanza, e’ gia stato sdoganato anche dal vaticano. Perche’ non lo ha fatto di fronte all’art.5 del piano casa che, oltre agli evidenti profili di incostituzionalita’, ha destato persino la perplessita’ dell’A.N.C.I.?

Se non era d’accordo con l’autorizzazione concessa dalla Questura ai fascisti perche’ non ha manifestato e lasciato alle cronache con altrettanta solerzia la sua posizione di disappunto? Perche’ non ha utilizzato tutti gli strumenti a sua disposizione per opporsi a questo gravissimo insulto ed ha costretto la sua citta’ a subirlo?

Ancora una volta la risposta e’ semplice: il fascismo e’ il primo strumento da sempre utilizzato per imporre l’ingiustizia sociale, e il suo partito l’ingiustizia sociale la genera!

Cs Lazzaretto autogestito – Asia Usb

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L’antifascismo non è una convenzione. Per uno sciopero dell’autogestione.

Vogliamo essere subito molto chiare: se l’amministrazione comunale crede che la minaccia di revocare le convenzioni stipulate con alcuni spazi sociali autogestiti cittadini possa funzionare come controllo repressivo del dissenso sociale e politico in questa città, o sia utile a segnare i “buoni” e i “cattivi” sulla lavagna dell’ipocrisia benpensante, si sbaglia di grosso. L’ordine del giorno che è stato votato durante il Consiglio comunale di lunedì, frutto dell’ennesima “larga intesa” tra PD e centrodestra, è quanto di più antidemocratico possa essere partorito da un’istituzione che dovrebbe invece rappresentare una città che non solo è Medaglia d’Oro per la Resistenza, ma che è anche stata fatta ripetutamente oggetto della violenza stragista di matrice fascista.

In quella seduta del consiglio, surrealmente trasformata in aula di tribunale, poche parole e nessun atto di “fermezza” è stato riservato all’oscena sfilata razzista del partito neonazista di Forza Nuova, avvenuta nelle stesse strade-vetrina del centro cittadino in cui le forze dell’ordine erano invece impegnate a spaccare teste e braccia e a fare arresti tra gli antifascisti e le antifasciste. Una vergogna che quell’”atto di indirizzo” porta all’estremo: perché mentre si continua di fatto a garantire agibilità politica agli amici degli stragisti, si è invece scelto di criminalizzare una rilevante parte attiva di questa città. Che, paradossalmente, è proprio la stessa parte di città alla quale lo stesso Comune “delega” quotidianamente la gestione di emergenze, interventi sociali e servizi a cui non vuole e/o non è più in grado di fare fronte.E’ da lungo tempo ormai che abbiamo compreso quanto le convenzioni, che presuppongono l’iscrizione all’elenco delle Libere Forme Associative, non siano davvero utili alle esperienze sociali autogestite, ma lo siano piuttosto per l’ambiguo sistema di sfruttamento della cooperazione sociale che gli ideologi del PD preferiscono chiamare “sussidiarietà”.

Cosa accadrebbe infatti in questa città se tutti gli attivisti e le attiviste impegnate gratuitamente in percorsi sociali smettessero di farlo? Se “scioperassero” le mense autogestite, i mercati contadini, le scuole di italiano con i migranti, gli sportelli legali e quelli di ascolto, le palestre popolari, le ciclofficine, i percorsi di autoformazione, le banche del tempo, i laboratori di artigianato, le occupazioni abitative e tutta la produzione culturale dal basso? Cosa avrebbe da offrire di concreto a Bologna questa amministrazione di fronte a una crisi lacerante e a politiche di austerità che aumentano progressivamente la povertà e con essa, la sofferenza e la rabbia sociale?
Se dunque non dipendiamo in alcun modo da convenzioni o riconoscimenti istituzionali per continuare nell’impegno sociale e culturale in cui crediamo profondamente con tutte le nostre fibre, d’altro lato non possiamo nemmeno tollerare di essere costrette a questo irrespirabile clima di arbitraria stigmatizzazione.

E’ da Genova 2001 che abbiamo capito, sulla nostra pelle, quanto il mefitico dibattito violenza/nonviolenza sia funzionale solo all’espunzione del conflitto dallo spazio pubblico. E lo stesso si può dire dei pelosi appelli per una manifestazione istituzionale contro la “violenza”. Come alcune di noi hanno già scritto in passato, “illegale non coincide con violento e nonviolenza non è affatto sinonimo di legalità, ordine, decoro, compostezza”. Alla legalità dello sfruttamento, all’ordine imposto dal “più forte”, al decoro eteronormativo, alla compostezza dei corpi docili continueremo ad opporre la riapproriazione diretta e l’autorganizzazione, l’indisciplinatezza delle differenze, i nostri indecorosi percorsi di liberazione e la nostra indisponibilità a riprodurre questo tipo di società.

Noi crediamo, infatti, che praticare il conflitto sia una necessaria risposta vitale alle mortifere politiche neoliberiste, una reazione  insopprimibile di fronte all’arricchimento dei pochi a scapito dei molti, a un ritorno in grande stile della dittatura dei “normali”, al restringimento degli spazi di libertà e di autonomia, alla moltiplicazione e al peggioramento delle disuguaglianze sociali, alla messa al lavoro al servizio del capitale delle nostre intere vite.

Ed è proprio perchè crediamo che il conflitto abbia il suo senso più alto nella trasformazione sociale, che crediamo anche che abbia la necessità di dotarsi di pratiche politiche davvero efficaci, ovvero che siano inclusive, attraversabili da tutti e tutte, che sappiano innescare circuiti di soggettivazione politica, che riescano sempre quantomeno ad alludere alla costruzione di legami sociali diversi, che sappiano allargare il consenso, che non lo restringano a “stili di militanza” insostenibili per le nostre vite massacrate dalla precarietà e per l’ecologia dei nostri corpi, che non si riducano ad essere appannaggio di comunità che per quanto siano egualitarie, rischiano di rimanere chiuse nell’autoriproduzione. Su questo, è necessario ora più che mai che i movimenti, fuor di retorica, sappiano darsi momenti di autoriflessione, discussione e confronto collettivo sinceri e aperti, perchè la posta in gioco è appunto la credibilità del modello alternativo di società che tutti e tutte desideriamo costruire.

AtlantideOccupata&Autogestita

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Dentro e oltre l’ottobre bolognese

Te lo si conta noi com’è che andò. Noi che c’eravamo, mica come alcuni scribacchini dell’ultima ora che l’hanno orecchiato da qualcheduno o l’hanno appreso sotto dettatura di qualche gendarme.

Te lo si conta noi che da anni stiamo nelle piazze e nelle strade mica solo di questa laida Bologna, ma del Paese e dell’Europa intera. La stessa Europa che pare solo lo spazio della finanza e dello spread oppure che qualche bestia verde-vestita vorrebbe militarizzata ai confini, noi la attraversiamo per farne un orizzonte di diritti e di possibilità politica. Così abbiamo iniziato sabato scorso: prendi e vai, prendi e cammina da XX settembre fino alla stazione centrale con la musica dal camion, lo striscione, gli interventi, gli ombrelli colorati. Ora di arrivare in piazza Medaglie d’oro l’han ben capito tutti cosa si va a fare: contro il Mos Maiorum, noi stiamo lì a spiegare la campagna europea “Ius Migrandi”.

Lo spieghiamo bene da diversi giorni, ma lo vogliamo ripetere ché a noi non piace mica l’idea di far schedare i migranti, di farli classificare. E mentre noi diciamo che il mondo lo vogliamo senza frontiere, che non ci è chiaro perché le merci si spostino, le informazioni pure (per non parlare delle fabbriche), ma le persone devon stare dentro i cie, lo stesso mostro verde è a Milano, accanto a delle orrende tartarughe dal guscio ottagonale, a ripetere che bisogna sospendere i salvataggi in mare.

Quasi che, in fondo, il Mediterraneo possa continuare a fare da fossa comune. E nessun pensiero a chi scappa da guerre e torture, a chi arriva e vuole partire (la maggior parte), a chi arriva e vuole restare. Si trovano a Milano a dare gli ingredienti della ricetta per uscire dalla crisi: toh guarda!, ma sti ingredienti son tutti presi a destra eppure a chi sta a sinistra non interessa che le sue materie prime son tutte scadute.La folla, si sa, è animale strano, ascolta solo la propria pancia: infatti a Milano si dice che se noi non abbiamo casa né welfare, non si sa perché le debba avere qualcun altro con la pelle diversa. E buona pace all’accoglienza.

Te lo si conta noi. Noi che il 18 ottobre non può essere letto solo con la lente dell’antifascismo, ma dobbiamo cambiare occhiali, altrimenti non siamo buoni a capirne il portato e a scommetterci su, come invece vogliamo fare.
Certo che c’eravamo per contestare Fiore e Forzanuova. Dopo le sentinelle in piedi, alle quali abbiamo fatto vedere quante posizioni e combinazioni esistono, potevamo mica festeggiare la concessione di un comizio a questi qua?
C’era anche Visco: il governatore è stato chiamato a dialogare sul perché i tempi stanno cambiando. I tempi cambiano, mica vogliamo negarlo, ma bisogna vedere in quale direzione. Mentre aumentano disoccupazione, sfruttamento e inflazione, proprio a Visco volevamo narrare i nostri perché.

Però gli scribacchini, i gendarmi, i governanti e gli amministratori dell’urbe son cascati dagli scranni e hanno urlato alla violenza e al saccheggio. Noi che c’eravamo, noi che abbiamo camminato tutto il pomeriggio per il centro pedonalizzato, noi che non abbiam sentito nemmeno un clacson suonare, ci vien da chiedere chissà quale pellicola hanno visto sti altri. A Bologna, sabato 18 ottobre, i negozi erano aperti e senza danni, nemmeno una vetrina graffiata. E mica è stato un caso, censori cari: siamo militanti politici e non vandali, siamo arrabbiati ma non accecati, siamo radicali ma non distruttori.

E se proprio uno vuol scrivere storie, invece di scrivere fantasticherie, dovrebbe essere onesto e raccontare la generosità e la disponibilità a restare insieme con noi di chi ha visto le chiazze di sangue dopo che le abbiam bussate a mani nude in via Castiglione, che forse qualcuno s’è pure aggiunto proprio per gridare Vergogna! a quei picchiatori coperti dai caschi blu.  Con tutte quelle persone abbiamo camminato ancora, abbiamo camminato di nuovo, fino ad arrivare in piazza Cavour. Con tutte quelle persone, pubblicamente, abbiamo preso degli scudi che prima abbiamo annunciato: ciò che facciamo non lo nascondiamo, è deciso da tutti, è agito collettivamente.

Le teste che abbiamo son piene di idee, i corpi in cordone sono la nostra ricchezza, per questo li difendiamo. Gli scudi non sono una sorpresa e la città li conosce bene, tanto che a volte ci interroghiamo fra noi sul loro tempo e sul loro immaginario sedimentato. Eppure ancora ci aiutano, ci aiutano perché – come i caschi –  salvano la faccia da cicatrici e sfregi. Le difese usate sabato hanno evitato l’incidente, chi urla il contrario non solo non ha visto le busse in via Castiglione, ma censura e dimentica la storia del reparto mobile bolognese. Noi quella storia non possiamo scordarla.

Noi te la contiamo così, anche perché a detta di qualche sognatore romantico siamo nuovi, invece diciamo che siamo gli stessi di sempre. Se abbiamo un centro sociale convenzionato con il Comune, mica un giorno abbiamo deciso di fare un salto nella legalità e lavarci dentro le coscienze, annebbiarci la mente, annegarci la militanza, affogarci il conflitto. Chi l’ha pensato, dev’essersi proprio instupidito. La ricchezza che dà il nostro spazio sociale, la vive il quartiere e la sente Bologna.  Qualcheduno dice che la palestra, i corsi d’italiano, gli sportelli legali, la cultura e la radio sono di moda, son commerciali, ma non ci pare che in città si investano davvero soldi in questi servizi.
Giornali, governanti, potenti e gendarmi si sono schierati, tutti uniti voglion farci la guerra. Ma noi ascoltiamo la radio, sentiamo gli umori della gente per strada. Voi li sentite? Corrono veloci i commenti: “chi ci governa s’è ammatito, sono uniti contro chi era in piazza, firmano insieme contro Bologna che non vuole fascismi; firmano insieme perché vogliono chiudere spazi di libertà.”

Abbiamo sentito l’invito alle “forze democratiche” per una manifestazione contro la violenza. Dapprima ne siamo stati felici perché ci sembra facile il tema, lo trattiamo da anni. Violenza cos’è? Lo sappiamo bene sulla pelle nostra quanti costumi può indossare: non aver lavoro e non poter studiare, poi c’è l’affitto da pagare e il padrone che ti ruba le ore; magari volevi abortire ma un obiettore ti vuol far pregare un dio che non c’è. Subito pensiamo di aderire a una protesta così pensata, ma alla fine restiamo delusi: si scopre che la violenza è solo quella che ci vogliono addebitare, perché sabato abbiamo alzato la testa e fatto rumore.

Mentre qualcuno si ferma a pensare a questa violenza, noi vogliamo continuare a camminare insieme a chi c’era in questo ottobre bolognese. Camminiamo domandando, verso questioni più serie: da Kobane all’Europa per ripensare il presente. Le nostre ambizioni non le potete fermare.

Tpo

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Antifascismo è anticapitalismo

E’ stata quella di oggi [sabato, NdR] una giornata importante, in cui si è avuta l’emersione compatta di quelle forze che da settimane hanno ripreso ad accumularsi a Bologna, in un corteo partecipato e determinato che ha saputo coniugare al meglio la lotta antifascista con quella anticapitalista.

Abbiamo risposto al governatore di Bankitalia, Visco, per dirgli che non abbocchiamo al disegno di chi, con Renzi e Draghi, millanta una crescita fatta di precarietà, sfruttamento del territorio, privatizzazione, smantellamento del welfare, concentrazione della ricchezza e dei processi decisionali in poche sporche mani.

Ci siamo rivolti ai lavoratori in lotta, ai migranti sfruttati, ai compagni che non mollano, a chi difende gli spazi liberati dalla polvere, agli abitanti che nelle occupazioni hanno trovato una casa e un tetto altrimenti negati da un sistema ingiusto, ai nostri coetanei che non si arrendono all’idea di veder cancellato il proprio futuro. Abbiamo detto tutti insieme che nella crisi sociale ed economica di questi anni non lasceremo alcuna agibilità a chi pensa di risolvere i problemi portando odio, xenofobia e sessismo per distogliere lo sguardo degli oppressi dal loro nemico reale, una classe padronale che dall’alto della cupola dell’Unione Europea affama le fasce più deboli della popolazione di questo continente. Forza Nuova, Fiore e ogni forma di vecchi e nuovi fascismi si sono quindi visti sbattere nuovamente la porta in faccia, in una città che oggi si è assunta la responsabilità di scacciarli senza diritto di appello, perchè l’unico odio che possiamo sostenere è quello contro lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo.

Non ci hanno fermati dunque i manganelli di chi pensa di fare del disagio, economico e sociale, materia di competenza per il Ministero degli Interni, e una volta in più abbiamo fatto un passo in avanti verso la generalizzazione politica di questioni che come tali devono essere trattate.

Solidali con chi lotta per un futuro diverso ovunque nel Mediterraneo, solidali con i compagni che oggi hanno pagato la propria deteterminazione con le ferite inferte dalle FdO.
E soprattutto solidali con Teo, che vogliamo vedere presto tornare a lottare in questa città!

Noi restiamo

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Il 24 ottobre in piazza contro la violenza

Anche U.S.B concorda sulla necessità di una manifestazione contro la violenza ma quella delle politiche della Trojka e di Renzi.

In città, a seguito delle dichiarazioni di Merola e il deliberato del consiglio comunale sugli esiti della manifestazione anticapitalista ed
antifascista di sabato scorso, si è aperto un dibattito marziano sulla necessità di una “manifestazione contro la violenza”.

Merola, ennesimo politico PD folgorato sulla via della Leopolda, rispolvera toni e metodi del cosiddetto “ fronte della fermezza” stile Anni 70, per cercare di fare passare sotto silenzio le devastanti politiche del governo Renzi, ed il violento progetto neo autoritario che stanno determinando.

Per questo reputiamo non solo sbagliata ma da respingere e contrastare la proposta marziana di Merola che in fondo non è altro che un ulteriore tassello di uno schema in cui Renzi e i renziani sono maestri: creare una permanente “guerra fra poveri”, dividendo il mondo in modo manicheo fra buoni e cattivi. Così si cerca di contrapporre i lavoratori dei settori privati a quelli pubblici, i precari ai tempi indeterminati, gli occupanti di casa a chi una casa ce l’ha, i giovani ai pensionati e via di questo passo; con l’obiettivo di perseguire senza sosta e, se serve, eliminando ogni forma di rappresentanza democratica, le politiche dettate al nostro Paese dalla Trojka.

Lo sciopero e la manifestazione del 24 ottobre saranno una prima risposta a queste politiche e a questo disegno neo autoritario.

Una risposta che daranno unitariamente i lavoratori di tutti i settori, i giovani e i meno giovani, gli occupati e i disoccupati, i precari e i senza reddito, gli attivisti del diritto all’abitare e gli studenti.

Il concentramento per la manifestazione è previsto alle ore 9 in Pzza XX settembre, il corteo sfilerà poi sui viali e per le vie del centro
“toccando” luoghi altamente simbolici fra i quali lo stabile occupato di Via Irnerio e la sede di Unindustria.

Usb

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Sulla manifestazione antifascista del 18 ottobre. Sono gli assenti a doversi giustificare.

Molti compagn* che negli anni hanno partecipato all’organizzazione del 25 Aprile al Pratello erano presenti alla manifestazione antifascista del 18 ottobre scorso. Tutti noi abbiamo letto le cronache dei giornali e le dichiarazioni del sindaco, della CGIL e dell’ANPI Provinciale. Abbiamo ascoltato gli attacchi personali e minacciosi ad alcuni compagni chiamati in causa anche nella lorosfera personale e professionale. Abbiamo letto il Sindaco che minaccia di sgomberare gli spazi di socialità presenti a Bologna

Non possiamo rimanere indifferenti. Il 18 ottobre si è tenuto a Bologna un raduno nazifascista. Poco prima c’era stata nell’Aula Magna della nostra Università la lectio magistralis del Governatore della Banca d’Italia. Ci si è mobilitati per denunciare la condizione di impoverimento prodotta dall’austerità e per impedire adunate fasciste. Ci si è mobilitati perché il Sindaco non l’ha fatto. Non ha contrastato la concessione della piazza ai fascisti, benché si dichiari antifascista. Benché lamenti le storture del patto di stabilità e la scarsità di risorse, non ha contestato il Governatore Visco. Erano assenti anche Anpi e Cgil.

Da una parte la sofferenza dell’impoverimento e la barbarie del fascismo e della xenofobia. Dall’altra parte gli antifascisti. Sono gli assenti a doversi giustificare.

Pratello R’Esiste

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L’antifascismo non è un reato!

Esprimiamo la piena solidarietà a Teo, arrestato il 18 ottobre perché antifascista.

Durante il corteo che si è svolto in quella giornata a bologna, contro i fascisti di Forza Nuova guidati da Roberto Fiore, Teo è stato fermato e condannato a scontare 8 mesi di domiciliari.

Teo, come noi, ha partecipato a quel corteo perché antifascista. Anche noi quel giorno ci trovavamo in quelle strade per ribadire che fascisti, xenofobi e razzisti non devono avere diritto di parola, ancora di più in una città come Bologna, medaglia d’oro alla Resistenza.

L’antifascismo non è un reato! L’antifascismo non si processa!

Riteniamo sconvolgente l’O.d.G. presentato dal partito democratico e approvato alla quasi unanimità nel consiglio comunale di lunedì 20 ottobre, così come le parole del sindaco Merola che appellandosi alla costituzione, alla legalità e al valore che riveste la lotta di resistenza in questa città, concede uno spazio a Roberto Fiore e ai suoi compari. Come riuscire a dire (e fare) tutto e il contrario di tutto insomma.

Inoltre le promesse di rivedere le convenzioni tra comune e spazi sociali e di usare il pugno di ferro contro chi scende in piazza o occupa a scopo abitativo non si lasciano attendere. E due giorni fa arriva la notizia di un altro compagno, Angelo, costretto agli arresti domiciliari, a cui va la nostra solidarietà.

Abbiamo condiviso e appoggiato il corteo di sabato scorso.  E ancora continueremo a scendere per le strade, nelle piazze per manifestare il nostro dissenso e rivendicare le nostre lotte!

Ass. PrimoMoroni – Nuova Casa del Popolo di Ponticelli