Acabnews Bologna

L’altra faccia della visita di Salvini all’ex Cie

Bologna NoBorders racconta la protesta di una quindicina di migranti, come questa è stata gestita durante la presenza del leader leghista e cos’è successo nei giorni successivi: “Così cercano di occultare le contraddizioni della gabbia dell’accoglienza”

11 Aprile 2016 - 10:28

cieDi Mercoledì 6 aprile è nota alle cronache la visita di Matteo Salvini all’Hub di via Mattei. Ciò che non è stato raccontato finora è la vicenda di una quidicina di ragazzi che la notte precedente hanno dormito sul marciapiede di fronte all’ex-Cie. Erano tornati lì per lamentare le cattive condizioni in cui si trovavano dopo essere stati trasferiti dallo stesso Hub in una struttura di seconda accoglienza a Piacenza. Questi i loro racconti del “campo” di Piacenza: cibo distribuito una sola volta al giorno, per giunta rancido; avvisi che annunciavano che il misero pocket-money destinato agli ospiti della struttura sarebbe stato utilizzato per pagare le spese dell’assistenza sanitaria cui gli stessi richiedenti hanno diritto. La risposta del centro di via Mattei è stata lasciare il gruppo di ragazzi in mezzo alla strada e chiudere i cancelli, in quanto l’Hub poteva dichiararsi “non responsabile delle condizioni di vita all’interno del centro di Piacenza”. Probabilmente i gestori della struttura pensavano che questa risposta sarebbe bastata per mandarli via, ma non avevano fatto i conti con la risolutezza dei richiedenti asilo nella volontà di ottenere condizioni di vita e di alloggio migliori. Così i ragazzi hanno passato la notte sul marcapiede di fronte al cancello del centro.La mattina dopo, quando siamo arrivati in via Mattei, l’unica soluzione offerta al gruppo di richiedenti asilo dalle istituzioni era stata la possibilità di recarsi in questura, denunciare le condizioni di vita del centro di Piacenza e poi farvi rientro. Di nuovo, i ragazzi non si sono accontentati: inutile per loro denunciare una situazione ben nota alla questura e poi rientrare nel luogo in cui si rifiutavano di vivere, aspettando l’ignoto. La loro unica pretesa era quella di essere spostati in un altro centro.

Nella fretta di sgomberare il marciapiede prima dell’arrivo del parlamentare Salvini ed evitare che tale sgombero potesse essere messo in atto dalla polizia stessa, l’amministrazione del centro ha permesso ai ragazzi di sporgere denuncia contro la struttura di Piacenza direttamente all’interno dell’Hub di via Mattei, dove la polizia dispone di un ufficio, promettendo loro il ricollocamento in un’altro centro. Ai ragazzi, dunque, è stato concesso di rientrare all’interno dell’ex-Cie per rilasciare le loro dichiarazioni: ma all’arrivo di Salvini sono stati chiusi, insieme ad altri ospiti dell’Hub, all’interno di alcune stanze del centro “perché ciò che è sporco va tenuto lontano dagli occhi, nascosto”. A molti altri ragazzi, durante la visita del parlamentare, è stato impedito di uscire dalla stuttura o di circolare al suo interno. Chi di loro si trovava all’esterno è sicuramente rimasto intimidito dall’ingente – e a dir poco eccesivo – dispiegamento di forze dell’ordine che hanno militarizzato tutta via Mattei per più di cinque ore.

Abbiamo avuto modo di parlare con molti ragazzi prima dell’arrivo di Salvini e abbiamo spiegato loro di chi si trattasse e del perché della massiccia presenza di carabinieri, Digos e polizia. Forse non sorprende troppo sapere che nessuno di loro fosse stato informato della visita di un esponente leghista: d’altronde, come spiegare loro che un politico che incentra la propria campagna elettorale e la propria propaganda sull’odio razziale, che li rispedirebbe tutti “a casa loro”, che smantellerebbe tendopoli, accampamenti e campi rom con le ruspe, che se potesse li bombarderebbe mentre sono ancora in mare aperto, nella traversata mortale che li porta in un altro inferno, abbia deciso di visitare il posto dove vengono collocati e “accolti”?

I richiedenti asilo nei centri di accoglienza vengono trattati come “incapaci di intendere e di volere”, come burattini privi di coscienza politica e sociale, privi di una reale umanità, che devono solo ed esclusivamente attenersi alle condizioni imposte dal sistema di accoglienza, sotto un eterno ricatto per poter ottenere un documento e diventare “normali”, senza la minima possibilità di denunciare il degrado in cui vengono lasciati né di ottenere un minimo riscatto personale. Molti ospiti del centro hanno deciso di uscire dal cancello e di stare con noi per reclamare a suon di rap i loro diritti e i loro sogni. “Siamo venuti qua per cercare la libertà, solo questo. Siamo disposti a seguire le condizioni imposte dal sistema di accoglienza, ma solo dietro il rispetto della nostra umanità e il rispetto della legalità” dice uno di loro in un’intervista che ci ha rilasciato. Continua poi in un freestyle “la gente mi attacca per il colore della mia pelle, oh god, ma questo (il colore della mia pelle) è ciò che di più bello ho!”.

Al termine della visita di Salvini, i ragazzi ci hanno chiesto di rincontrarci nel pomeriggio del giorno seguente, felici di poter stringere legami con chi, anche senza documenti, li ritiene normali. Ancora una volta la macchina dell’accoglienza si è messa in moto, riducendo al minimo le possibilità di aggregazione e di autorganizzazione dei migranti: giunti all’appuntamento, abbiamo appreso che, oltre al gruppo della protesta contro il centro di Piacenza, poche ore prima era stata trasferita dall’Hub alle strutture di seconda accoglienza buona parte dei ragazzi che avevano salutato cantando e ballando insieme a noi la visita del parlamentare leghista all’ex-Cie. Con quei pochi ragazzi rimasti con i quali avevamo condiviso la giornata della militarizzazione di via Mattei, ma anche della mobilitazione di un gruppo di richiedenti asilo, abbiamo continuato a parlare. Insieme ad altri ospiti del centro, abbiamo continuato a discutere delle condizioni di vita all’interno dell’Hub e ci siamo dati appuntamento per un nuovo momento di socialità: una lezione di italiano. Le tracce di quanto accaduto non spariranno tanto velocemente quanto vorrebbe chi cerca di occultare le contraddizioni della gabbia dell’accoglienza. Rimarranno, anzi, a segnare un’incrinatura nel muro.

Da Ventimiglia a Bologna un dato è certo: più cercano di dividerci, più noi ci troviamo uniti!

Bologna NoBorders