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La pista palestinese non porta da nessuna parte

La procura non ha trovato prove per mettere sotto accusa Thomas Kram e Christ Frohlich per la bomba alla stazione. Intanto continua l’esame della memoria dei familiari delle vittime sui legami con la strage di Brescia.

26 Luglio 2013 - 18:32

Con buona pace dell’ex deputato Fli (ex Msi/An/Pdl) Enzo Raisi che, per l’ennesima volta, alcuni giorni fa è tornato a battere su quel tasto, sembra possa arrivare a breve una richiesta d’archiviazione per il fascicolo aperto due anni fa in procura sull’ipotesi che la strage alla stazione del 2 agosto 1980 sia da rincondursi al Fronte Popolare per la Liberazione per la Palestina o ad altre organizzazioni marxiste europee che con esso collaboravano. Secondo i fan di questa teoria l’attentato sarebbe stato una ritorsione contro lo stato italiano per il sequestro, poco tempo prima, di 3 missili a Ortona, che avrebbe violato il supposto “Lodo Moro”, l’accordo che avrebbe consentito ai palestinesi il transito di armi sul territorio nazionale.

Gli inquirenti hanno spiegato oggi alla stampa che non sarebbero emerse prove concrete tali da pronunciare una accusa contro i due nomi iscritti a registro, ovvero quelli di Thomas Kram e Christa Margot Frohlich, oggi ultrasessantenni e ai tempi attivisti della sinistra rivoluzionaria tedesca.

Non hanno spostato granché le dichiarazioni spontanee rese ieri in procura dallo stesso Kram, che non ha voluto rispondere a nessuna domanda degli investigatori, ma che ha confermato di aver pernottato in un hotel in città la notte tra il 1 e il 2 agosto. “Vengo da voi per una ragione politica – ha detto Kram – perché da anni a Bologna c’è un piccolo gruppo che propone costantemente la pista palestinese. E’ un tentativo di reinterpretare la strategia della tensione e l’indicazione di questa pista serve soltanto a creare piste alternative, si tenta di riabilitare davanti alla storia le strutture parallele fasciste e i servizi sergeti militari”.

Indagini a vuoto anche quelle su Mauro Di Vittorio, il 24enne romano vicino ad Autonomia operaia, vittima della strage, un altro dei leit-motiv di Raisi. “Abbiamo fatto accertamenti e sentito diverse persone, tra cui anche la sorella di Di Vittorio. Il fatto esiste, ma non abbiamo trovato nessun elemento che lega il ragazzo alla strage o a un possibile movente”, dicono oggi i vertici della procura.

La Strage di Bologna è l’unica in Italia per cui siano state pronunciate sentenze definitive quantomeno nei confronti degli esecutori: Giuseppe Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, membri dei fascisti Nuclei Armati Rivoluzionari. E’ ancora fitta però la nebbia sui mandanti, su cui tra un depistaggio e l’altro gli investigatori affermano di continuare a indagare, esaminando la corposa memoria presentata dall’associazione dei familiari delle vittime, che si appoggia in gran parte agli atti dei processi per la strage di Piazza Loggia a Brescia del 28 maggio 1974, ancora impunita. “Abbiamo notato imprecisioni, contraddizioni e incoerenze su cui abbiamo bisogno di chiedere precisazioni”, dicono in procura, dove oggi è stato sentito il presidente dell’associaione e deputato Pd Paolo Bolognesi e verrà convocato dopo le ferie il consulente dell’associazione che ha redatto il testo.

Intanto si apprende che alla commemorazione di venerdì prossimo parlerà dal palco di Piazza Medaglie d’Oro la presidente della Camera Laura Boldrini, mentre per la precedente cerimonia a Palazzo D’Accursio è atteso un membro del governo, ma non si sa ancora quale.