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I rifiuti e la sostenibilità di Fico? La stessa delle multinazionali [foto]

Nel parco di Farinetti si esortano i clienti a differenziare la spazzatura che producono, ma la realtà è che si continuano a produrre sempre più plastica e indifferenziato in barba all’ambiente.

21 Dicembre 2017 - 13:50

“La sostenibilità è uno dei valori fondanti di Fico, piatti e posate sono in materiale biodegradabile. Non sbagliarti, gettali negli appositi contenitori”. Chi accede al parco di Farinetti e Coop sentirà questo messaggio vocale trasmesso dalla filodiffusione e ripetuto ogni pochi minuti. Eppure lungo quasi tutto il percorso potrà incontrare facilmente solo due tipi di contenitori per i rifuti: carta e plastica. E se è vero che piatti e posate sono in materiale biodegradabile (e sono quindi destinati a decomporsi velocemente anche se non vengono collocati nella frazione dell’umido) l’effetto è che chi consuma un pasto dentro Fico si trova nella maggior parte dei casi disorientato e finisce per mescolare tutti i rifiuti.

Fin qui si potrebbe pensare che si tratti solo di un problema organizzativo, facilmente risolvibile con l’aggiunta di cestini per la raccolta dei rifiuti organici (che sono già presenti, ma in numero minore). Invece l’impressione che la tanto decantata sostenibilità serva solo a mostrare il volto “green” dell’impresa farinettiana ci pare più che fondata. Un esempio? Tutta la birra venduta a Fico (eccezion fatta per il birrificio Poretti, presso il quale il pubblico del parco dovrebbe poter assistere alla produzione della birra), viene distribuita nei fusti monouso in plastica che vedete nella fotografia. Per uno strano caso della sorte, l’unica azienda dentro Fico a non utilizzare questi fusti è la stessa che sta investendo maggiormente nella commercializzazione dei fusti in PET sul mercato internazionale e italiano, cioè la multinazionale Carlsberg, che detiene fra i tanti anche il marchio Poretti, presente a Fico. Le valutazioni sulla sostenibilità ambientale del fusto in plastica fatte dai produttori dicono – questo quanto si legge sul sito di un’azienda produttrice, la stessa che li vende al birrificio che fornisce tutto Fico – che comparato col fusto riutilizzabile in metallo, quello in plastica “riduce le emissioni di C02 eliminando il viaggio di ritorno in azienda e il lavaggio. Inoltre con il suo sistema ad aria compressa per la spillatura c’è un risparmio netto di gas e bombole, con tutto quello che ne deriva”. Sarà forse così, ma d’altro canto la produzione di rifiuti in plastica aumenta vertiginosamente attraverso l’utilizzo di questi fusti e, come avviene anche a Fico, lo smaltimento ricade sulla multiutility che tratta i rifiuti sul territorio. Il sospetto quindi che a guidare la scelta di utilizzare questi imballaggi ci sia esclusivamente l’interesse per il risparmio economico ci sembra anch’esso fondato. A questo consistente consumo di plastica si aggiunge che la situazione dello stoccaggio dei rifiuti dentro Fico non sembra trasmettere per niente il messaggio di una gestione attenta all’ambiente, sebbene il fenomeno non sia visibile agli avventori ma soltanto a chi lavora all’interno del parco. Nella foto di cui il nostro giornale è entrato in possesso potete vedere uno dei punti di raccolta dei rifiuti a uso dei dipendenti delle varie aziende. I sacchi neri contengono indifferenziato, quelli gialli dovrebbero contenere plastica (ma contengono anche molto altro), la carta non si sa dove finisca e l’organico, sebbene siano presenti i bidoni, non si vede mai. Sia chiaro che per chi scrive non c’è alcuna responsabilità ascrivibile ai lavoratori per questa situazione. C’è invece un problema su cosa si intende per sostenibilità ambientale: se è questa che hanno in mente Farinetti e soci, sembra una brutta copia delle strategie di green-washing delle peggiori multinazionali.