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Hobo vs. Panebianco, cinque indagati

I pm riepilogano i nomi iscritti a registro per il blitz dei giorni scorsi e per quello di gennaio. Hobo: “Procura attore politico, condanna preventiva a uso e consumo dell’opinione pubblica”.

18 Luglio 2014 - 18:11

Murata porta Panebianco (foto Hobo)Tre persone, tra i 22 e i 41 anni, sono state identificate dalla procura per il blitz di alcuni giorni fa a Scienze Politiche contro Angelo Panebianco. Sono sotto indagine per violenza privata e dannegiamento aggravato. Da via Garibaldi annunciano anche la chiusura delle indagini per la precedente contestazione di Panebianco, lo scorso 14 gennaio: per quattro persone (due iscritte anche nel nuovo fascicolo) sono contestati, a vario titolo, i reati di minacce gravi, imbrattamento e manifestazione non autorizzata.

Per Hobo la procura svolge un “ruolo di attore politico e condanna preventiva a uso e consumo dell’opinione pubblica, che altro non è che l’opinione di chi detiene le leve del potere”.

“Rettore, sindaco e professionisti della casta – è la chiosa sarcastica del collettivo – potranno ora dormire sonni più tranquilli, tornare ai loro affari quotidiani – per esempio con l’incorruttibile sistema delle cooperative – e godersi in santa pace l’invasione israeliana e il massacro della popolazione palestinese. Noi, dopo le buone prove da muratori, impareremo tranquillamente altri mille mestieri che possono essere utili nella crisi. E poi, non ce lo avete insegnato voi che bisogna investire sul mattone?”

“Tutti si stringono attorno al povero Panebianco”, scriveva ieri Hobo in un’altra nota, “come se media e università fossero attori neutri e ininfluenti, come se le parole dei consiglieri del principe – sparate dai pulpiti dell’accademia e del più potente quotidiano del paese – non avessero conseguenze rispetto alle azioni del principe stesso. Come se non ci fosse alcun nesso tra l’invocare la selezione razziale e il razzismo, tra il consigliare di allontanare ‘loro’ (coloro che ‘scappano dalla povertà’) e i migranti morti nel Mediterraneo, tra il sostenere le politiche neoliberiste della macelleria sociale e l’impoverimento di massa nella crisi. Come se l’ingenuo Panebianco non avesse prestato attenzione alla coincidenza tra la sua invocazione di una guerra santa dell’occidente contro una fantomatica ‘jihad che incendierà i territori europei’ e la guerra, o forse sarebbe meglio dire il genocidio, che lo Stato di Israele sta conducendo contro la popolazione palestinese. Allora, dov’è la violenza tra un muro alla porta dell’ufficio di un barone nero e un muro fatto di eserciti e check-point, tra la vernice rossa e il sangue di milioni di persone, tra un’iniziativa contro una testa d’uovo neocon lautamente ricompensata e la quotidiana sofferenza di disoccupati e precari? Troppo facile rispondere, ma il problema è da che parte del muro si sta. “.

Non manca una dura critica nei confronti del rettore Dionigi: “Forse memore dei ricatti subiti da Panebianco in occasione della ristrutturazione dei dipartimenti dopo la riforma Gelmini (o copri i miei giochi di potere o sei rovinato), il pavido re-ttore esprime – a nome degli ‘studenti, quelli veri’! – la propria incondizionata stima al barone nero. Strano, eppure l’unica ombra di ‘califfato’ che si è vista da queste parti è rappresentata dallo sceicco e nipote dell’emiro del Kuwait, a cui lo scorso 23 maggio – in una zona universitaria completamente militarizzata – il re-ttore consegnò il Sigillum Magnum, in vista di qualche accordo commerciale. Non ricordiamo in quell’occasione editoriali di Panebianco contro la ‘jihad alle porte’, ma si sa, pecunia non olet…”