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Federico Aldrovandi, Ghedini nel collegio difensivo dei poliziotti

Il 17 maggio inizia il processo d’appello a Bologna. Il 11 febbraio invece a giudizio per diffamazione a Mantova la madre di Aldro e tre giornalisti

21 Gennaio 2011 - 19:38

In vista del processo d’appello, che inizierà a Bologna il 17 maggio, la poliziotta condannata in primo grado con tre colleghi a 3 anni e 6 mesi per eccesso colposo in omicidio colposo ha nominato come difensore nientemeno che Niccolò Ghedini, legale del premier nel rubygate, coordinatore del Pdl veneto, deputato. Viene da chiedersi dove mai trovi il tempo per studiare il caso, trovandosi peraltro a dover confutare l’inconfutabile: quanto emerso nelle trenta e passa udienze del processo al tribunale estense mostra al di là di ogni dubbio che il diciottenne ferrarese se quella maledetta alba di cinque anni fa non si fosse imbattuto nella volante dei quattro poliziotti oggi sarebbe ancora vivo.

Sono stati rinviati a giudizio per diffamazione, invece, Patrizia Moretti, madre di Aldro, con il direttore e due giornalisti de La Nuova Ferrara. L’udienza preliminare è stata convocata per l’11 febbraio, presso il tribunale di Mantova. A sporgere denuncia, lo scorso giugno, era stata la prima pm che seguì le indagini dopo l’omicidio del giovane, Mariaemanuela Guerra. Ella si sarebbe sentita diffamata dalle accuse, riportate dal quotidiano del gruppo Espresso, sul modo “poco limpido” con cui sono state condotte le indagini. “Poca limpidezza” che si è tradotta in una condanna a 3 agenti della questura di Ferrara per omissione di atti d’ufficio e favoreggiamento (il cosidetto “Aldro-bis“).

Informata della denuncia, scrisse sul suo blog Patrizia Moretti: «Non sono bastate due sentenze, le risultanze di tutte le indagini successivamente fatte dal dott. Proto a farle capire che comunque, sia pure in buona fede, gli errori che sono stati commessi durante la conduzione di quelle prime indagini sono stati contro di me, contro la mia famiglia e contro la verità. […] Il pm vuole da me i danni. Dopo che non si è recata sul posto quella mattina, dopo che non ha sequestrato subito i manganelli rotti, dopo che non ha sequestrato l’autovettura contro la quale si sarebbe fatto male Federico e sulla quale c’era il sangue di mio figlio, dopo tutto ciò adesso vuole da me i danni alla sua immagine»

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