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“Esami collettivi”, il Cua fa il bis

A ottenere di sostenere un esame nonostante la sospensione disciplinare inflitta dall’ateneo è stata oggi Sara, studentessa detenuta tre mesi ai domiciliari per essersi opposta ai tornelli al ’36’.

15 Giugno 2017 - 18:54

Il Collettivo Universitario Autonomo non demorde dall’intenzione di “dare battaglia” contro le misure disciplinari dell’ateneo “attraverso la pratica dell’esame collettivo sperimentata in questi giorni. A partire dalla forza collettiva, la stessa con la quale a gran voce chiedevamo l’abbassamento dei costi di un pasto in mensa, fatto per cui oggi Sara non avrebbe potuto dare l’esame. Una studentessa di giurisprudenza che per essersi opposta alla chiusura della biblioteca del 36 con gli arcinoti tornelli, è stata detenuta in regime di arresti domiciliari per 3 mesi. Le lotte l’hanno sostenuta e abbracciata, oggi le lotte costruiscono le condizioni materiali per la rottura dell’ennesima misura comminata nei suoi confronti”.

“Nei prossimi giorni – promettono gli studenti – continuerà la diffusione dell’appello, e la pratica dell’esame collettivo. Abbiamo letto dello scalpore suscitato dall’iniziativa di ieri: si crede veramente possa passare sotto silenzio l’ennesimo sopruso dell’Università di Bologna? Si crede che arbitrariamente si possa sospendere gli studenti borsisti e non dalla possibilità di sostenere gli esami? Contestare un barone della guerra destò dalla quiete un grandissima parte dell’Ateneo, e come avviene a margine di un lungo sonno leggemmo e sentimmo molte fesserie a riguardo degli spazi di libera espressione all’interno dell’università (e dell’opportunità di difenderli). A due anni dall’inizio del rettorato Ubertini chiediamoci: dove sta andando l’Università? Dove sta andando l’Università che si arroga la secolare velleità dell’estromissione – dalle sue mura – dell’incontro-scontro tra sistemi di idee spesso opposti e speculari? L’università che prima si magnifica poi rotto il cielo di carta mostra sospensioni e manganelli? Oggi è toccato a qualche studente, domani chissà”.

“E’ con l’Affaire Panebianco – ricostruisce il comunicato diffuso dal Cua – che per la prima volta viene comminato ad alcuni studenti un provvedimento disciplinare che ne prevede la sospensione. Nei fatti l’impossibilità, per un periodo di tempo di 2 mesi, di sostenere e verbalizzare esami. La pensabilità e fattibilità negli organi accademici di questa misura scaturisce dalla sinergia tra Codice Etico e Regolamento Studenti. Su segnalazione della Digos l’Università riceve i nomi di alcuni studenti coinvolti in mobilitazioni sociali e in seduta di senato accademico li punisce, arbitrariamente. Si avvale cioè della facoltà di giudicare e decidere, ad esempio, che uno studente che paga regolarmente le tasse possa perdere un anno e non laurearsi in tempo. Porre la legittimità di questo atteggiamento, come abbiamo sentito dire, a partire dalla constatazione che c’è un regolamento che lo prevede è tautologico e filosoficamente improprio, praticamente una presa in giro, pure di bassa lega per una governance che tanto si ammanta di grandiosità progettuale e strategica. E non si racconti la storiella dello “studente cattivo”, qui paghiamo e vogliamo diritti e servizi”.

Prosegue il testo: “Martedì scorso è stato reso pubblico un appello firmato e redatto da genitori, studenti, docenti e avvocati che, ricostruendo la genealogia di questa pessima attitudine dell’università, ne chiede la fine. No alla doppia pena dell’Unibo vuol dire No all’accanimento personalistico nei confronti degli studenti e delle studentesse che lottano, vuol dire che di fronte a problemi posti da centinaia di persone rispetto ai costi della vita universitaria si devono trovare soluzioni e non punizioni da affiancare a quelle della procura”.

Oggi a riguardo degli esami sostenuti in questi giorni dagli studenti sanzionati è intervenuto il rettore Ubertini, rifiutando di riconoscere la portata della pratica: “Non c’è stato nessun esame né tantomeno ci poteva essere quindi ha fatto un allenamento. Non è che non c’è stata la verbalizzazione, non c’è stato l’esame.”