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Esami a studenti sospesi, a carico dei prof non c’è reato

La Procura chiude l’indagine per abuso d’ufficio con una richiesta di archiviazione. Cua: “Inchiesta aveva solo lo scopo di intimorire e fare in modo che altri docenti non mettessero in discussione le illegittime sanzioni disciplinari”.

03 Ottobre 2017 - 18:34

Va a concludersi con una richiesta di archiviazione l’indagine per abuso d’ufficio che la Procura di Bologna aveva aperto a carico di tre docenti dell’Università finiti sotto inchiesta per gli esami di alcuni studenti sospesi dall’Alma Mater. Nell’atto, il procuratore capo Giuseppe Amato scrive che
non si può contestare nulla ai docenti (Raffaele Laudani, Stefania Pellegrini e Martino Ardigò) perchè gli accertamenti effettuati “escludono che siano state svolte effettivamente delle prove d’esame, regolarmente verbalizzate” e perchè si può “escludere la prova del dolo intenzionale” (cioè la volontà di “arrecare un vantaggio indebito agli studenti sospesi”).

Il commento del Cua: “E’ di queste ore la notizia che la Procura di Bologna ha chiesto l’archiviazione sul reato di abuso d’ufficio contestato a tre docenti universitari che hanno permesso agli studenti sospesi di sostenere ugualmente l’esame. Alla luce di questa richiesta ci sembra ancor più chiaro di quanto già non lo fosse lo scopo di questa azione prodotta dal ‘concistoro’ Ubertini-procura: quello di attaccare i docenti che hanno giustamente permesso agli studenti di sostenere l’esame per intimorire e fare in modo che nessun altro seguisse quella strada e mettesse in discussione le illegittime sanzioni disciplinari dell’Ateneo. Quello dell’esame collettivo è stata infatti una pratica che ha messo completamente in discussione le sanzioni e in buona parte ha neutralizzato il loro effetto. Quello che questa governace universitaria sta portando avanti e uno squallido e desolante teatrino. Il rettore Ubertini, da un lato, pur di condannare illegittimamente gli studenti, permette che tre dei suoi docenti vengano messi sotto accusa permettendo alla procura di ficcare il naso negli affari dell’ Ateneo, dall’altro invece, usando due pesi e due misure, non esita a difendere (limitandosi a delle formalità dovute) i baroni accusati di corruzione. A dimostrazione che quello che doveva essere un rettore giovane e innovatore si dimostra uno strenuo difensore e rappresentante degli interessi più vecchi e putridi di questa università. Ubertini è il degno rappresentante della casta di corrotti che governa l’università di Bologna. Ma al di là di queste valutazioni ci sembra evidente come questa vicenda renda palese l’insostenibilità del Codice Etico e dei suoi articoli che permettono la pratica delle sanzioni disciplinari senza nessun fondamento legale. Qualcosa che balza agli occhi di tutti, anche quando le prese di parole soffrono, dentro l’università, di meccanismi di corruzione e di pressione che tendono a far accettare tutto. Noi dalla nostra andremo avanti con maggiore forza, rigettando al mittente ancora una volta queste sanzioni e con la consapevolezza che ora la misura è davvero colma”.