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Editoriale / Piazza Verdi e trappole da cui guardarsi

Giuseppe Sisti, del comitato via Petroni e dintorni, prova a ripulirsi la reputazione da bacchettone. Ma è solo tattica di piccolo cabotaggio Ed è decisamente rischioso darle corda.

01 Agosto 2013 - 14:02
Il manifesto dei comitati copre “Piazza Verdi libera”

Si è da poco conclusa la rassegna di eventi “a basso impatto” organizzata da Quartiere San Vitale e comitati in piazza Verdi, messa in piedi dopo gli episodi di resistenza agli interventi delle forze dell’ordine e in polemica con l’assessorato alla Cultura, che aveva annunciato che non ci sarebbe stata la rassegna di concerti che aveva suscitato polemiche da parte dei comitati stessi nel 2012. Martedì, nella conferenza stampa di chiusura, Giuseppe Sisti, il portavoce dell’associazione Via Petroni e dintorni, già nota come Comitato Stop al degrado, ha voluto annunciare che avrebbe “ritirato delle denunce del 2004” nei confronti di una iniziativa studentesca, alludendo a una distensione dei rapporti con i collettivi che lo svolgersi della rassegna avrebbe favorito.

Un po’ di storia: in base alle informazioni fornite da Sisti, si tratta di una tre giorni di iniziative organizzate nell’aprile 2005 (non 2004) dalla Rete Universitaria, un collettivo ai tempi attivo in Ateneo e non solo. Erano già tempi di ordinanze antidegrado e polemiche sui quotidiani. Alcune delle proposte della Rete sulla fruizione dello spazio pubblico di piazza Verdi erano contenute in un documento che parlava di cose abbastanza semplici, che in piazza non c’erano: panchine dove sedersi, qualche aiuola, campane del vetro, bagni chimici e ovviamente iniziative sociali e culturali. E’ divertente notare come con qualche anno di ritardo l’amministrazione sia arrivata alle stesse, ragionevolissime, conclusioni: oggi ci sono alberi, cassonetti, posti dove sedersi. Mancano ancora i bagni, probabilmente dovrà passare qualche anno perché ci si doti di questo ritrovato tecnologico. Sulle iniziative culturali, invece, siamo arrivati al punto che le uniche ad “andare bene” sono quelle dei comitati, che cosi’ hanno realizzato il sogno di poter fare di piazza Verdi il proprio cortile.

Quei giorni di aprile in piazza ci furono mostre, street soccer, dibattiti, aperitivo e cena sociale e anche musica, fino alle prime ore della sera. A Stop al Degrado tanta vivacità non piacque, e annuncio’ l’intenzione di denunciare chi aveva dato comunicazione di iniziativa politica in Questura per il reato di istigazione a delinquere. Questa la denuncia che oggi Sisti annuncia felice di volere ritirare.

Bella mossa. Sisti, a costo zero, prova a scrollarsi di dosso l’immagine da bacchettone che si porta dietro da anni e tende tatticamente una mano alle realtà autorganizzate attive in Ateneo, per altro tirando in ballo vicende risalenti a quasi dieci anni fa e riguardanti  collettivi diversi da quelli con cui oggi i comitati interloquiscono o dicono di voler interloquire. E senza rinnegare niente; in conferenza stampa, ha ribadito di ritenere “giustissimo” aver sporto quelle denunce. Sisti, poi, resta quello che qualche anno fa, nel corso di un’assemblea pubblica, minacciò di gambizzare l’allora presidente del Quartiere (almeno così scrissero i giornali). Resta quello che, piu’ recentemente, e’ arrivato a paragonare i residenti della zona universitaria ai terremotati sotto le macerie, a pochi giorni dal sisma che un anno fa ha mietuto vittime in Emilia.

A costo zero: probabilmente il comitato non andò oltre gli annunci e, se pure la querela per istigazione a delinquere fu davvero presentata, era tanto infondata che la Procura deve aver lasciato che si perdesse tra le montagne di fascicoli impolverati di cui è sommersa e oggi, passati otto anni, ogni ipotesi di reato si può dare per prescritta. Quindi, con buona probabilità, non c’è proprio nulla da ritirare.

Tatticamente: Sisti è da un paio d’anni alle prese con una contrapposizione con l’assessore alla Cultura, e con la rassegna di questa estate si è incuneato nei dissidi tra il primo e la presidenza del San Vitale. Poco interessante è ricostruire quali siano di preciso le rotte di piccolo cabotaggio che fanno collidere i tre, preoccupa invece non poco il rischio che la ricchezza delle soggettività di movimento finisca strumentalizzata in questo misero teatrino.

Peraltro, una domanda resta irrisolta. I comitati chi rappresentano? Da dieci anni quando si parla di zona universitaria, spuntano solo fuori il nome dello stesso Sisti e quello di Otello Ciavatti, del meno bellicoso comitato Piazza Verdi. “Lo sbirro cattivo e lo sbirro buono”, verrebbe da dire. Oltre a loro chi c’è? Qualche anno fa ogni tanto c’era un’iniziativa pubblica degli “antidegrado”, con numeri invero sempre abbastanza risicate. Ora non se ne vedono da un pezzo, sempre e solo Ciavatti e Sisti. “La sporcizia, gli schiamazzi, il piscio, i graffiti, il decoro, non riusciamo a dormire, il diritto alla salute, bla bla bla…”.

E’ solo sicuritarismo anni novanta, quelle teorie sconfessate da qualsiasi sociologo che si rispetti per cui quartieri lindi e silenziosi portano pace sociale mentre graffiti e finestre rotte scatenano ondate di criminalità sfrenata? Forse non solo.

Forse nell’equazione va messa anche la preoccupazione per la perdita di valore di mercato degli immobili che affacciano sulla “movida” e sul “degrado”. Parliamo della zona universitaria di Bologna, dove viviono studenti alle prese con caro-affitti, locazioni in nero, appartamenti fatiscenti, caldaie che esplodono. E’ agli interessi di quel mondo di piccoli proprietari che lucra su tutto ciò che, dando corda ai comitati, si rischia di dare cittadinanza nel discorso di movimento . Meglio di no.