Editoriale

Editoriale / Indietro e avanti

Appunti sul corteo di cinquantamila persone che ha sfilato ieri a Genova nel decennale di un G8 che ha segnato un momento di trasformazione della storia dei movimenti

24 Luglio 2011 - 20:30

Siamo andati a Genova. Sapendo che attorno all’appuntamento si erano addensate anche perplessità. Era nelle cose che fosse chiamato un corteo per il G8 dell’omicidio di Carlo in Piazza Alimonda, degli orrori della caserma Bolzaneto e della Scuola Diaz, della lotta strada per strada attorno alla zona rossa. Da quei luoghi però il corteo si è tenuto distante, sfilando lungo la costa da Sanpierdarena al porto. Un errore, per molti.

In dieci anni la Storia è andata avanti, e con essa la storia, le storie del “movimento dei movimenti” alla ribalta in quegli anni.
La convocazione veniva solo da una parte dell’universo composito che andò a Genova nel 2001, segno non trascurabile di distanze aumentate. Mancavano anche tante delle soggettività che hanno animato le lotte di questi ultimi anni di crisi globale.

Nelle scorse settimane, forse in extremis, Genova aveva trovato una sintonia con la straordinaria rivolta della Val di Susa. Ieri abbiamo visto tante bandiere NoTav ad aprire un corteo di cinquantamila persone, e sentito da lì scandire in coro “Siamo tutti black bloc”. Parole che, dette a Genova, hanno la forza di spazzare via dieci anni di demonizzazioni mediatiche delle lotte, di inesistenti separazioni tra buoni e cattivi.

C’erano i NoTav, che la notte prima avevano assediato l’area militarizzata della Maddalena, e si preparavano a tornare lassù, al campeggio quartier generale della resistenza valligiana. C’era lo spezzone di “Uniti contro la crisi” e tra loro tanti di quelli che, nel 2001, erano stati selvaggiamente caricati in via Tolemaide. C’era, inatteso, uno spezzone di anarchici.

Fin qui quello che poteva notare il cronista. Ma c’erando tanti altri, senza annunci e senza striscioni. Tante facce viste alla sommossa di Roma del 14 dicembre, nell’Onda del 2008 e nel movimento studentesco del 2010, alla Mayday milanese, nei flash mob di questa primavera contro banche e catene commerciali…

L’istinto, più che la politica, ci ha portati in tanti a Genova perché, sia per chi c’era allora sia per chi era mancato, i fatti del G8 sono stati un momento di trasformazione della nostra storia, come il maggio ’68, il marzo ’77, la Pantera. E il carico di emozioni è ancora altissimo.
E’ stato un bel corteo, e poco male, in fondo, che non sia riuscito a ricomporre a pieno la complessità delle lotte di quella e questa epoca. Le occasioni non mancano e per fortuna ora non abbiamo bisogno di guardare indietro per potere guardare avanti.

Le analisi degli altermondialisti di dieci anni fa, irrise allora dalle filosofie economiche mainstream, si sono rilevate in gran parte azzeccate. Il giocattolo neoliberista si è rotto.

C’è un paese, e tutto il mediterraneo attorno, dove la rabbia popolare cova ardente, dove non è già esplosa, contro l’impossibile pretesa dei governi di risolvere una crisi nata dalla speculazione finanziaria imponendo ai sudditi al contempo precarietà esistenziale e austerity.
All’autunno manca pochissimo, la sfida dell’altro possibile aperta a quei tempi è al suo momento decisivo. Signore e signori, si balla.