Editoriale

Editoriale / In Val di Susa, come a casa

Viaggio nel movimento NoTav, a cura dei redattori di Zic che hanno preso parte al campeggio di Venaus. Vita quotidiana intrecciata ad una resistenza che dura da vent’anni.

22 Luglio 2013 - 16:12

Da Torino a Venaus è un’unica distesa di bandiere NoTav. Sui pali per l’illuminazione stradale, sulle terrazze delle abitazioni, anche i segnali stradali sono lì a ricordarti che quella è una Valle minacciata da oltre vent’anni. Una Valle che resiste da oltre vent’anni.

Da quest’anno il campeggio NoTav si tiene a Venaus, quello storico di Chiomonte è sotto sequestro. Siamo proprio sotto il traforo dell’autostrada, là dove nel 2005 centinaia di poliziotti e carabinieri furono costretti a darsela a gambe levate sotto la neve e la rabbia di migliaia di valligiani determinati a difendere la propria terra, la propria salute, il proprio futuro. Ci dicono che i lavori per quel traforo sono iniziati una ventina di anni fa: su ventisette operai della zona che lavorarono a quel progetto, ventisei non ce l’hanno fatta, si sa l’amianto non perdona. Ci dicono anche che l’unico sopravvissuto a quella strage è qui con noi, al presidio, da sempre.

Siamo arrivati da poche ore e già ci sentiamo parte di una comunità, parte di una lotta che non ha intenzione di retrocedere di un passo. Ci sentiamo a casa. L’accoglienza dei compagni e delle compagne del presidio è straordinaria. Si respira un’atmosfera di eccezionale condivisione e di viva partecipazione, si parla un linguaggio di radicalità diffusa. E’ incredibile come da parte dell’autorità provino ancora ad attaccare la lotta NoTav proponendo e riproponendo il misero discorso sui buoni e i cattivi, sui valligiani da una parte e gli alieni dei centri sociali venuti chissà da dove, dall’altra. Ci sono compagni e compagne provenienti da tutte le parti d’Italia, e d’Europa. C’è la consapevolezza che quella è la Valle di tutti e di tutte, la determinazione di partecipare ad una lotta che oltrepassa i suoi confini, una lotta per riprendersi il presente e conquistarsi il futuro.

Conosciamo una ragazza che tempo fa fu arrestata con l’accusa di trasportare nella sua auto ben quattrocento chili di pietre…Evidentemente anche in Val di Susa le forze dell’ordine e la magistratura cominciano ad arrancare in quell’infame lavoro di montatura di casi giudiziari da premio Oscar e fabbricazione di prove (clamorosamente) false. Ci dicono che ormai si contano centinaia di identificazioni, denunce e fogli di via, rilasciati come se fossero splendide cartoline ricordo della Valle.

Da pochi giorni si è venuto a sapere di un’ordinanza che amplierebbe la zona rossa in modo sostanziale, oltre le recinzioni e le reti adiacenti al cantiere. Tanto che sono stati scomodati anche i famigerati cacciatori di Sardegna, i corpi speciali dell’arma dei carabinieri, che si accampano in mezzo ai boschi, anche questi logorati da centinaia di metri di filo spinato.

Oltre l’area archeologica della Maddalena, ormai da tempo inaccessibile, ad essere minacciata è anche la Via Francigena, che entra nel territorio italiano proprio attraverso il Colle del Moncenisio e la Val di Susa. Una Via dichiarata nel 1994 “Itinerario Culturale del Consiglio d’Europa”, con una valenza storica e culturale unica. Una Via segnata in tutte le cartine reperibili della zona. Ecco, quel maledetto cantiere è esattamente sul percorso dello storico itinerario. Ci raccontano di pellegrini provenienti dalla Francia e dalla Spagna, con tanto di asini e carretti, fermati nei pressi della zona rossa e, quindi, automaticamente oggetto di denuncia o foglio di via.

Saliamo fin su a Giaglione. Siamo in alto, si riesce a vedere bene lo scempio che da anni stanno portando avanti e in un istante ci troviamo di fronte alla cruda realtà. Da qualche tempo il torrente Clarea viene utilizzato come “vasca” per risciacquare le betoniere e altri mezzi del cantiere, con il conseguente accumulo di cemento nei depuratori. Lo stesso cemento che a lungo andare si depositerà anche nell’alveo del torrente, causando danni incalcolabili per la flora e la fauna locali, e provocando un aumento esponenziale della velocità delle acque. Inoltre hanno programmato di deviare la Dora, il fiume che proprio dal Clarea raccoglie parte delle sue acque e che è affluente del Po.

Ci raccontano anche delle decine di animali trovati morti a causa del lancio imponente e frequente di lacrimogeni al gas CS, delle falde acquifere inesorabilmente inquinate dalle polveri di amianto sprigionate dagli scavi nelle rocce della Valle.

Questa è la storia di una Valle violentata: la sua cultura, le sue straordinarie risorse naturali, il suo paesaggio, i suoi abitanti. Ma è anche la storia di una Valle che resiste, che non ha paura, consapevole che si tratta di una partita da non perdere. Una partita che interessa tutti e tutte.

Siamo già con lo zaino in spalla quando una compagna del presidio permanente ci saluta regalandoci uno splendido sorriso e raccomandandoci con queste parole…“Ciao ragazzi, fate i bravi!..e se proprio non vi riesce, spaccate tutto!”.

Zeroincondotta in Valsusa

P.S.  Nei giorni appena successivi alla nostra partenza da Venaus, una nuova ondata di violenza e repressione ha colpito le centinaia di persone che ancora una volta hanno manifestato in Clarea sfidando la militarizzazione di un intero territorio. Alle/i ferite/i, alle/gli arrestate/i e a tutto il movimento NoTav va la nostra complice solidarietà.

La redazione di Zic