Cresce il lavoro nero e irregolare in Emilia Romagna raggiungendo in alcune zone il 62% delle aziende controllate, nonostante (o forse proprio perchè) i controlli siano ormai inesistenti.
Il lavoro irregolare rappresenta una vera piaga sociale anche in l’Emilia-Romagna. Alcune cifre del fenomeno, pubblicate questa mattina sul Sole 24 Ore, mettono Rimini prima fra i capoluoghi emiliano-romagnoli, con il 62% delle aziende controllate (nel numero di 603) colte con irregolarità. In particolare sono stati rilevati 911 lavoratori, in una situazione di irregolarità e ben 456 lavoratori in nero. La Romagna da anni si caratterizza per condizioni di lavoro prive di garanzie, diritti e con paghe bassissime, come da tempo denunciano anche i blogger del sito “Schiavi in Riviera“, nato appunto con la volontà diraccoglere le storie e mettere in contatto i lavoratori che sorreggono l’industria del tempo libero in riviera. Anche nel resto della regione i dati sono sempre più allarmati, Modena si colloca in una buona posizione, con una percentuale di irregolarità attestata al 59,6%: fra le 1039 aziende controllate, sono 989 i lavoratori assunti con una qualche irregolarità, 345 quelli in nero. Ferrara invece si classifica alla 91^ posizione con una irregolarità attestata al 18% delle aziende poste a controllo (1455 lavoratori irregolari, 460 in nero).
In generale in tutto il suolo nazionale si è registrato un aumento delle imprese sospese per irregolarità nell’impiego di personale, ben 4500 aziende fra gennaio e novembre scorso. Su circa venti mila lavoratori controllati, il 50% è risultato irregolare. A tutto questo si aggiunge la farsa delle ispezioni che oltre ad essere “programmate”, cioè concordate con il datore di lavoro sono comunque state ridotte del 24%, ripsetto all’anno precedente, con punte del 38% in Calabria e Abruzzo.