Culture

“Duepuntozero”, parliamo di autoproduzioni multimediali indipendenti [speciale Zic+video+foto]

Le foto dell’ultima giornata di Duepuntozero, i video e audio degli incontri con Radio Onda d’Urto, Andrea Ronchi e Simone Aliprandi. Infine, il nostro numero speciale con le riflessioni di Smk, Zic e RadioAlSuolo.

12 Maggio 2014 - 16:23

10259702_10201952265626817_8645972205372613504_nDopo la prima bolognese di “Vite al centro” e poi il Rèvolution touR con Wu Ming e la presentazione de “L’Armata dei Sonnambuli”, sabato scorso “Duepuntozero – Autoproduzioni multimediali indipendenti” si è chiuso con tre incontri a cura di RadioAlSuolo, Zic.it e Smk anticipati dal pranzo autogestito targato Eat the rich.

Il primo incontro, “Radio 2.0: info e musica in movimento”, ha visto la partecipazione di Radio Onda d’Urto da Brescia. Poi “Informazione e tutele legali” con l’avvocato Andrea Ronchi ed infine “Licenze Creative Commons e multimedia”, con Simone Aliprandi (responsabile del progetto Copyleft-Italia.it). Al termine degli incontri, la tre giorni sulle autoproduzioni multimediali indipendenti si è conclusa con i vinili di Bologna Calibro 7 Pollici e Folpower (Cannonball Allnighter).

Pubblichiamo i video del primo e del terzo incontro, l’audio del secondo e le foto della giornata. Inoltre, mettiamo a disposizione dei nostri lettori lo speciale di Zic con le riflessioni del nostro giornale, di RadioAlSuolo e di Smk sul mondo dell’autoproduzione indipendente.

> Scarica il numero speciale di Zic / Duepuntozero: pdf
(oppure leggi i testi in fondo a questa pagina)

> Guarda il video dell’incontro “Radio 2.0: info e musica in movimento”:

> Ascolta l’audio dell’incontro “Informazione e tutele legali”:

> Guarda il video dell’incontro “Licenze Creative Commons e multimedia”:

> Guarda le foto della terza giornata:

 

> I testi dello speciale cartaceo realizzato da Zic in occasione di Duepuntozero:

logo-smk-traslaEra il 29 aprile 2009, quando mostravamo per la prima volta al pubblico il nostro primo
documentario lungometraggio: “La Resistenza Nascosta. Viaggio nella scena musicale di Sarajevo”. In quel preciso momento nasceva SMK Videofactory. Un progetto collettivo, un percorso autodidattico che ci ha permesso di individuare e sperimentare, in un’epoca di crisi economica e culturale, nuovi modelli di autoproduzione cinematografica, riuscendo a realizzare, tra i vari format video, anche 6 documentari lungometraggi:

– La Resistenza Nascosta (2009)
– Tomorrow’s Land (2011)
– Una Follia Effimera (2012)
– Kosovo versus Kosovo (2012)
– Green Lies (2014)
– Vite al Centro (2014)

Da dove si è partiti

Il desiderio di condivisione ma anche e soprattutto la consapevolezza delle difficoltà concrete che i freelance e i creativi vivono in questo momento storico sono ragioni importanti della nascita del nostro gruppo. L’esigenza di creare un collettivo nasce da due necessità complementari: da una parte, mettere in condivisione pratiche e saperi volti alla creazione di opere audiovisive, dall’altra, provare a sperimentare forme di produzioni orizzontali e dal basso per sviluppare narrazioni politicamente e socialmente impegnate.
Tutto questo, in un momento in cui la forte precarizzazione del mondo del lavoro e le trasformazioni in atto in ogni tipo di mercato hanno reso più urgente la ricerca di nuove strade, sia lavorative che creative, spesso vanificando o rendendo molto difficili percorsi di reale autonomia e autodeterminazione. Per SMK i due livelli hanno finito con il coincidere: l’autoproduzione si sta trasformando in una sperimentazione di autoreddito e il processo politico ha finito con il pervadere le pratiche artistiche da cui siamo partiti (audiovisivi). La
necessità di sostenere delle opere ci ha fatto scoprire la necessità di costruire reti di relazione solide come premessa per la buona riuscita di una prassi tanto lavorativa quanto politica. In un momento in cui qualsiasi modello di business si fonda sul web 2.0, sul lavoro di integrazione di reti e sulla costruzione di network di utenze, abbiamo riscoperto il brivido di scommettere su pratiche di relazione e condivisione dirette, fondate sul mutuo riconoscimento, la solidarietà e l’orizzontalità come condizioni senza le quali di un processo di produzione partecipato e partigiano.

Dove si è arrivati

Da questo punto di partenza inizia tutto il ragionamento e la pratica sperimentale: come riuscire ad autoprodurre documentari e film, sganciandosi dalle logiche di produzione mainstream e contemporanemente come avviare efficaci pratiche autodistributive che rendano sostenibile il percorso? Nel 2011 SMK Videofactory firma il suo primo vero documentario collettivo: Tomorrow’s Land, che racconta la storia del Comitato di Resistenza Popolare del villaggio palestinese di At-Tuwani. Con quell’esperienza il gruppo si affaccia per la prima volta al mondo del crowdfunding. Utilizzando per la prima volta il portale di Produzioni dal Basso vengono raccolti circa 250 coproduttori (sia in rete che in serate di dibattito off-line). Il meccanismo è molto semplice: 10 euro per ogni quota di coproduzione e 1 DVD del film per ogni quota.

Gli strumenti usati sono semplici e per nulla nuovi: il meccanismo del dono e la colletta popolare, riadattati e perfezionati all’interno del web 2.0. L’esperimento riesce in pieno, permettendo cosi al gruppo di portare a termine il lavoro di produzione del film. Il passo successivo è stato quello rispetto all’autodistribuzione: attraverso la costruzione di una fitta rete di circoli, centri sociali, sale d’essai prende corpo il network che porterà poi alla nascita di Distribuzioni dal Basso. A distanza di 2 anni Tomorrow’s Land rimane l’esperimento fondativo delle pratiche di autoproduzione di SMK Videofactory: oltre 200 date di proiezione pubbliche in tutta Europa, 3000 DVD autodistribuiti e decine festival (partecipati e o vinti) in tutto il mondo. L’esperimento è riuscito. E la cosa importante è soprattutto il fatto che è un modello diffondibile e utilizzabile da altre realta emergenti sul piano nazionale.

La logica conseguenza è la scelta delle licenze Creative Commons. Una scelta che risulta sia pratica che politica. Pratica, perché è diventata un nuovo strumento di autodeterminazione culturale e creativa, in un momento in cui è palese la totale inefficacia dei modelli di copyright per i freelance e gli emergenti, che oltre non tutelare affatto i “piccoli”, spesso divengono per questi un ulteriore ostacolo da superare. Politica, perché rimarca la scelta ponderata di un modello che privilegia la diffusione delle opere creative ai meri ed esclusivi meccanismi di profitto. Distinguendo, senza averne paura, la sostanziale differenza tra profitto commerciale e le formule di sostenibilità e di autoreddito.

logo-rossoLa riflessione scaturita dagli esperimenti di autoproduzione ed autodistribuzione porta a un ragionamento di ampio respiro sul potenziale dei meccanismi di coproduzione popolare, di donazione e rapporto responsabile con gli utenti e della forza che emerge sempre più dall’utilizzo delle licenze Creative Commons. Il gruppo decide cosi, ad aprile 2013, che è arrivato il momento per fondare Distribuzioni Dal Basso. Il portale ha come obbiettivo quello di sostenere la circolazione di film e documentari indipendenti realizzati dalla nuova generazione di freelance, nata sull’onda del fenomeno Creative Commons e dei nuovi meccanismi di produzione basati sul crowdfunding. In altre parole, il tentativo è ora quello di stabilizzare il meccanismo di autodistribuzione e di fare in modo che tante altre realtà indipendenti possano usufruirne, andando graduatalmente a formare un network nazionale di freelance.

Il futuro

La sfida a questo punto è rappresentata dalla capacità di rendere sostenibili sul lungo periodo processi di inclusione sociale che permettano la continuazione di un processo generativo di idee e di rappresentazione critica della realtà senza che ciò resti una mera opzione volontaristica e di sacrificio; in altre parole si tratta di comprendere come rendere sempre più stabile questo percorso di autoproduzione senza snaturarne il senso complessivo di matrice “popolare” e “dal basso”, riuscendo nel medesimo tempo a mantenerlo economicamente sostenibile pur facendolo crescere e maturare.

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adesivo1Raccontare un mondo mutevole e fluido come quello dei movimenti, dei collettivi, dei centri sociali. E, al contempo, dare voce a chi non ce l’ha mai, a chi paga il conto più salato della crisi, a chi è ai margini, a chi subisce lo smantellamento del welfare. La sfida di Zic.it, raccogliendo il testimone dell’esperienza cartacea di Zeroincondotta, nasce da una necessità che sentivamo e sentiamo non aggirabile per una città come Bologna: creare uno strumento di comunicazione ed informazione che aiuti a dare spazio alle esperienze di autorganizzazione ed autogestione, in modo trasversale e senza vincoli di appartenenza o “di area” (esperienze di questo tipo, non c’è dubbio, erano e sono preziosissime: ma secondo noi non sufficienti).

Uno strumento libero e indipendente che, però, a queste caratteristiche imprescindibili sappia affiancare un metodo in grado di fornire alcune giuste garanzie a chi cerca informazioni, soprattutto in rete, dove il rischio di imbattersi in approssimazione, “bufale” e overload informativo è spesso dietro l’angolo. L’autoproduzione e di un giornale quotidiano
on line, dunque, come combinazione di sperimentazione e affidabilità, di autonomia e credibilità, facendo tesoro delle precedenti esperienze di mediattivismo ma cercando anche di superarne i limiti, attraverso la costante elaborazione di una “deontologia” (passateci il termine) tutta dal basso, incardinata su concetti e pratiche mutuate dai percorsi di autorganizzazione ed autogestione: orizzontalità del processo decisionale, cooperazione, condivisione dei saperi, scambio con l’esterno e capacità di tradurre l’eterogeneità in ricchezza. La redazione c’è, ma si vede il meno possibile.

Dal 2007 ad oggi, così, sulle pagine di Zic hanno trovato spazio, giorno dopo giorno, migliaia di articoli, fotografie ed appuntamenti segnalati, centinaia di video e file audio: materiale in massima parte pubblicato sotto Licenza Creative Commons, che consente di condividerlo e rielaborarlo, escludendo però ogni finalità commerciale. Un impegno, costante e volontario, premiato da un numero crescente di visitatori e che in diverse occasioni ha anche consentito a Zic di “bucare” il muro dell’informazione cosiddetta ufficiale, costringendo anche i media mainstream a fare i conti con notizie da noi pubblicate. Questo, però, non vuol dire affatto che si sia delineato un modello compiuto, che non ha bisogno di aggiornarsi e rimettersi in discussione. Tra vecchi e nuovi limiti, i miglioramenti possibili non mancano e, allo stesso tempo, ciò che ci circonda impone un confronto continuo con sfide inedite ed altrettanto inedite opportunità.

Proviamo ad elencarne alcune:

– l’evoluzione tecnologica e del web 2.0 favorisce, ma allo stesso tempo impone, un’elevata capacità di risposta sul fronte della multimedialità: in termini quantitativi, qualitativi e di tempestività. Tenere insieme questi tre aspetti richiede competenze e strumentazioni, per altro in continuo aggiornamento. Un’indubbia ricchezza, da questo punto di vista, è rappresentata dalle connessioni che vanno via via sviluppandosi con le altre esperienze di comunicazione e autoproduzione che come Zic hanno casa a Vag61.

– l’impronta “citizen journalism” con cui Zic ha inaugurato la presenza sul web ha faticato a trovare sbocco, probabilmente superata dall’affermarsi della “self-communication”. Come garantire forme di interattività con i lettori, favorendo le condizioni per un loro contributo alla realizzazione del progetto, senza modificare gli standard di qualità ed affidabilità a cui cerca di attenersi? La mediazione redazionale, attuata caso per caso, necessariamente limita le potenzialità “in ingresso”. Più ampie quelle “in uscita”: la Licenza Creative Commons permette a chiunque di condividere e rielaborare i contenuti pubblicati su Zic.

– la trama di connessioni creata dai social network, sempre più fitta e versatile, moltiplica esponenzialmente la velocità e il raggio di diffusione dei contenuti. E’ necessario stare al passo: per sfruttare al meglio le potenzialità di trasmissione di quanto pubblichiamo; per non subire i tempi di una filiera della notizia che si è sensibilmente accorciata. Questo, però, evitando il rischio di “schiacciare” sul modello social la progettualità più articolata di Zic, che trova nel sito la sua espressione organica.

– se la copertura e la diffusione delle notizie riguardanti Bologna può dirsi consolidata, per ovvi motivi appare più frastagliato il campo relativo alle informazioni provenienti da fuori città. La natura prevalente di Zic è quella di quotidiano locale, ma quali sono i margini per tendere ad un allineamento?

– le pratiche dell’autoproduzione, dell’autogestione e dell’autorganizzazione non sono sufficienti per ottenere un quotidiano a costo zero. La gratuità d’accesso e l’assenza di messaggi pubblicitari, d’altro canto, escludono le due fonti principali di entrata per una realtà web. Intensificare i canali di autofinanziamento, tradizionali e di più recente diffusione (vedi crowdfounding), può consentire la disponibilità di migliore e maggiore strumentazione tecnica (informatica e multimediale), implementare il progetto, aumentarne la riconoscibilità ed aprire eventuali percorsi di autoreddito che, se messi in atto con intelligenza, potrebbero consentire di dedicare maggiori energie al giornale.

– l’andamento delle visite rivela che Zic può contare su un’elevata fidelizzazione dei propri lettori e su un graduale aumento del loro numero. Compatibilmente con il già affrontato tema delle risorse a disposizione, però, è sicuramente possibile migliorare la conoscenza e la consultazione del giornale potenziando gli strumenti di promozione sia off che on line.

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RadioAlSuolo-LogoLa radio è stata, e noi crediamo abbia tutto il potenziale di esserlo ancora, lo strumento delle più importanti rivoluzioni e resistenze culturali e sociali. L’aspetto che ci ha coagulato attorno all’esperimento, che costituisce questo progetto, è una peculiarità che a noi sembra caratterizzare il mezzo radiofonico rispetto ad altri media, ossia la sua capacità di favorire in maniera trasversale l’espressione e la diffusione dei nuovi linguaggi giovanili e delle nuove forme culturali. Non trascurando tuttavia alcune culture non mainstream del passato che a noi sembrano avere, all’oggi, ancora qualcosa da dire.

L ‘autogestione come scelta politica e come modus operandi. L’unica che a nostro avviso potesse rispettare adeguatamente la sensibilità, che ci accomuna, verso il mondo; l’unica che fosse in grado di veicolare contenuti musicali e politici, i primi in grado di aprire un varco in quella che è l’offerta mainstream, i secondi non dettati dagli appetiti mediatici del momento; l’unica che potesse soddisfare il bisogno di realizzare tutto ciò in maniera orizzontale e collettiva. L’autoproduzione come necessità: D.I.Y or DIE! Ma da questa necessità cerchiamo di trarre dei punti di forza, ovvero attraverso il passaggio informale di competenze ci appropriamo del “know how” senza doverlo esperire con i ritmi imposti anche, e forse soprattutto, nell’ambito dei media in questa società multitasking.

Dove vogliamo arrivare

L’obbiettivo è quello di essere un collettore politico e culturale, mantenendo alta l’attenzione sui temi che hanno finora costituito il cardine dei nostri interessi, ossia aspetti sociali, culturali, d’informazione e d’intrattenimento a cui è sottesa una visione partigiana e critica del reale.

Contraddizioni e limiti

Lavorare in maniera “hobbistica” diventa una lotta quotidiana per riuscire a realizzare tutti i progetti che desideriamo costringendoci ogni volta a confrontarci con la scarsità di mezzi e risorse. Per approfondire alcuni contenuti infatti, sentiamo la necessità di un grado di conoscenza che presuppone il tempo per un’autoformazione continua.