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Roma / Cucchi, indagini sulla perizia che incolpò i medici

A seguito della denuncia presentata dai familiari di Stefano. Domani fiaccolata: “Iniziamo ad accendere una luce su quel buio”. A promuoverla un disegno di Zerocalcare.

07 Novembre 2014 - 15:13

di Checchino Antonini da Popoff

Ilaria Cucchi e Fabio Anselmo stanno per essere ricevuti di nuovo (accadrà alle 16.30) dal Procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone. «E domani sabato 8 alle ore 17 (dunque non più come in precedenza concordato, alle 18.30), sarò con mio padre e mia madre in piazza Indipendenza davanti al Consiglio Superiore della Magistratura per accendere ‘Mille candele per Stefano Cucchi’, iniziativa promossa dalla mia famiglia insieme ad Acad, l’Associazione contro gli Abusi in Divisa e alla quale hanno aderito tantissime associazioni e cittadini comuni. E proprio per domani desidero lanciare un appello, ringraziando tutte le persone che ci sono state e ci sono vicine. Per domani chiedo a tutti di essere con me e la mia famiglia, ma senza alzare i toni, senza bandiere o striscioni, cori o imbrattamenti dei muri perché non vogliamo fornire alibi a nessuno, né che il nome e la memoria di Stefano Cucchi siano accostati alla violenza».

 

Zerocalcare per Stefano Cucchi

 

«Iniziamo ad accendere una luce su quel buio»: il tratto, inconfondibile, è quello di Zerocalcare per tentare di portare a galla la verità nel buio che ancora avvolge la morte di Stefano Cucchi. Il disegnatore romano ha confezionato il manifesto per l’iniziativa di sabato a Roma in piazza Indipendenza, davanti alla sede del Consiglio Superiore della Magistratura alle ore 18. Sulla locandina i compaiono personaggi, disegnati con il suo inconfondibile stile, che portano in mano un cartello, con lo slogan che in questi giorni è rimbalzato su tutti i social network «Sappiamo chi è STATO». «Ci sono banchi di buio e di omertà intorno a certi abusi, un’oscurità stratificata che li rende impenetrabili come una corazza» si legge sulla vignetta. E ancora «tutti assolti perchè il fatto non sussiste». Al centro della locandina alcune citazioni di chi, a vario titolo, si è espresso sulla morte di Cucchi. «Il reato di tortura? Potrebbe demotivare le forze dell’ordine (A. Pansa)»; «Stefano Cucchi? Solo un denutrito (C. Giovanardi)»; «Non so cosa sia successo, ma di una cosa sono certo: del comportamento corretto dei carabinieri (I.La Russa)».

«Ci sono lesioni che sono sospette. Ma noi non siamo in condizioni di dire se qualcuno gli ha sbattuto la testa contro il muro facendolo cadere o se invece ha fatto tutto da solo. In ogni caso, ripeto, non sono queste le cause del suo decesso». Si ripete Paolo Arbarello, ex direttore del Dipartimento di medicina legale della Sapienza, e consulente dei pm al processo Cucchi che resinge l’accusa di aver redatto una consulenza falsa avanzata nei suoi confronti dalla famiglia Cucchi. E’ la sua perizia che spinge verso la negligenza dei medici piuttosto che verso la violenza degli agenti penitenziari vista e testimoniata da un altro detenuto ospite, quel giorno di ottobre del 2009, dei sotterranei della città giudiziaria di Roma.

Ma la notizia è che Arbarello, al pari di un noto sindacato di polizia, ha dato mandato al suo avvocato di procedere per diffamazione nei confronti dei familiari di Stefano Cucchi che potrebbero essere gli unici condannati per la morte del lro figlio o fratello. Ilaria osserva questa circostanza con un’amarezza che è impossibile comprimere dentro un pezzo di cronaca: «Mio fratello è morto per il dolore tremendo alla colonna vertebrale ed all’addome per un globo vescicale di urina di ben un litro e mezzo che gli ha prodotto lacerazioni interne. Il perito Marenzi lo ha affermato in udienza più volte che il dolore è stato ‘causa o concausa di morte. Il professor Arbarello ha dichiarato sotto giuramento che non esiste letteratura scientifica che metta in relazione disfunzioni vescicali e frattura del sacro. L’udienza successiva i miei consulenti hanno portato al processo un testo di medicina legale che affermava l’esatto contrario ed a cui lo stesso Arbarello aveva collaborato alla stesura. Quest’ultimo dimentica che io, personalmente, ed i miei familiari abbiamo partecipato a tutte le riunioni peritali ed abbiamo osservato ed ascoltato. Spero di essere processata così avrò la possibilità di dire tutto ciò che è a mia conoscenza».

«Quello che la famiglia Cucchi sta cercando è la loro verità, non quella delle carte. Si deve indagare su altri orari e altre situazioni. Ma non tocca a me suggerirle», ripete anche uno degli agenti della polizia penitenziaria assolto in primo e secondo grado per la morte di Stefano Cucchi: «Le vittime siano anche noi. Messi sul banco degli imputati senza motivo». L’assoluzione per insufficienza di prove è stata la fine di «un calvario. Nessuno può capire cosa vuole dire sapere di non avere fatto nulla ed essere etichettato come un aguzzino, un nazista», aggiunge. Di Stefano Cucchi ricorda che «era eufemisticamente malmesso. Io l’ho visto poco. Quella mattina ho fatto solo ciò che mi competeva: aprire e chiudere le camere di sicurezza di piazzale Clodio. Lui è stato portato da noi e in aula dai carabinieri». Sul testimone che dice di averlo sentito urlare, ma che «è stato ritenuto inattendibile» Domenici dice «che sono successe delle cose che mi hanno stupito», nonostante fosse stato arresto per droga «ha avuto il permesso di soggiorno».