Attualità

Cos’è il jobs act dei freelance

L’hanno definita la riforma dello “smart working” pensando alle partita iva ma non prevede tutele concrete per molte fasce di lavoro autonomo iper-sfruttato.

22 Novembre 2016 - 19:39

partita ivaApprovato in Senato il decreto legge che regolamenta il lavoro autonomo. Una norma che è stata immediatamente ribattezzata dagli stessi addetti ai lavori “la riforma dello smart working”. Smart come può essere divertente un lavoro precario e senza tutele. A due anni dall’entrata in vigore del jobs act, il governo punta a completare la grande riforma del mercato del lavoro moderno. Il testo che aspetta di tornare alla Camera per l’ultima lettura in poche pagine raccoglie i punti salienti di quelle che dovrebbero essere le tutele che finalmente lo stato italiano riconosce all’esercito di freelance e liberi professionisti.

Negli articoli si cerca una soluzione per vietare gli abusi da parte del committente come per esempio “la facoltà di modificare unilateralmente del condizioni del contratto o recederlo senza congruo preavviso”. Viene inserita la “deducibilità per le spese di formazione” e la clausola per i “pagamenti oltre i 60 giorni dalla consegna della fattura”. L’indennità di maternità viene inserita ed equiparata a quella delle lavoratrici autonome come avviene per le commercianti senza prevedere dunque l’obbligo di astensione dalle ore di lavoro.

Un quadro generale che apparentemente tiene conto delle esigenze dei lavoratori non dipendenti, ma che in realtà mostra la completa miopia del legislatore verso l’esercito dei giovani professionisti a partita iva. Una categoria diffusa, che ogni giorno accetta lo sfruttamento istituzionalizzato fatto di compromessi e fatture a ribasso.

I contenuti della legge, che devono essere ancora approvati in via definitiva, arrivano in ritardo rispetto alle concrete esigenze dei lavoratori autonomi. Questa riforma è fatta su misura per chi ha delle collaborazioni continue con le aziende e percepisce un reddito abbastanza elevato. Nella mente di chi governa non esistono per esempio i freelance che lavorano nelle nuove tecnologie, non ci sono i videomaker che sopravvivono montando video in appalto alle aziende televisive o i webmaster che ogni giorno mettono on line i contenuti sulle migliaia di siti commerciali che fanno affari sulle pubblicità. O i grafici pagati a cottimo. Non ci sono i musicisti, e non vengono nemmeno contemplate le spese di mantenimento agli ordini di appartenenza per i giovani architetti, avvocati o giornalisti solo per fare alcuni esempi.

Quello a cui assistiamo attraverso l’ultima battuta del Jobs Act è l’ennesimo calcio ai diritti dei lavoratori già precari. Se a questo poi si aggiunge la proposta sulla nuova gestione delle partita iva il cerchio si chiude completamente affogando il reddito dei giovani professionisti nella burocrazia e nella tassazione.  Secondo il decreto fiscale del governo Renzi già approvato alla Camera e adesso in discussione al Senato, le partite iva dovranno comunicare all’agenzia delle entrate i propri redditi ogni tre mesi anziché una volta l’anno come oggi avviene. Una pratica che si traduce in fretta in un maggiore esborso economico del lavoratore nei confronti del proprio commercialista che dovrà lavorare di più.