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Como / Migranti ancora bloccati alla frontiera con la Svizzera

In trecento da settimane restano accampati davanti alla stazione. In attesa dell’apertura del campo di accoglienza istituzionale, la polizia blocca i solidali che offrono cibo ai rifugiati.

07 Settembre 2016 - 19:15

(da Radio Onda d’Urto

Milano, migranti (foto Infoaut)Sono circa 300 i migranti accampati, ancora, alla stazione San Giovanni a Como. Entro metà settembre il campo gestito da Caritas e Croce rossa sarà pronto e diventerà attivo. La tensione in città si fa più alta giorno dopo giorno, ora dopo ora. Sono diversi i fattori che l’alimentano. Da una parte non è ancora stato definito totalmente il regolamento del campo, quindi è difficile poter dare informazioni corrette ai migranti. Unica cosa certa è che non saranno prese le impronte digitali e che la registrazione al campo dovrebbe essere un auto-registrazione. Dall’altra parte, dopo l’allontamento forzato dell’associazione Firdaus, si è creato un vuoto nella consegna dei pasti a mezzogiorno. Questo spazio è stato, istituzionalmente, colmato da Caritas e da sacchetti contenenti viveri freddi. Alcuni attivisti e alcune attiviste hanno cercato di posizionare prima una cucina da campo e poi di consegnare pasti caldi ai migranti, entrambe le iniziative sono state stoppate dalle forze di polizia. Urge ricordare che non ci sono ordinanze o atti ufficiali che vietano la distribuzione di cibo oltre a Caritas. Quindi l’intervento di digos e agenti in assetto anti sommossa agisce nell’informalità di un processo graduale che vuole portare sempre più a spostare il presidio migrante nel campo d’accoglienza prefettizio e che favorisce i coordinamenti tra realtà limitando così l’attivazioni spontanea ed estemporanea. E’ uno dei tasselli che ha creato tensione nelle ultime ore.

All’interno del campo sono diverse le posizioni: migranti vedono di buon occhio una sistemazione “migliore”, altri sono preoccupati. Nel mezzo sono molteplici le posizioni esattamente quante possono essere le gradazioni di grigio che esistono tra il bianco ed il nero. Parrebbe che il “tavolo del giovedì”, ovvero lo spazio politico istituzionale di coordinamento presieduto dal sindaco di Como, stia cercando di perimetrare l’intervento sociale e politico. Se le maglie della partecipazione restano larghe, sembrerebbe che al di fuori da questo spazio l’agibilità d’intervento sia limitata.

La complessità della situazione resta alta. Se da una parte la governance locale sta provando a regolarizzare la permenza migrante nella città lacustre dall’altra si continua a non ascoltare del tutto le necessità delle centinaia di uomini e donne li bloccati. Ad una settimana dalla denuncia dell’operato delle polizie di frontiera tra Como e Chiasso poco è cambiato, se non che lo spostamento forzato di migranti verso sud è stato velocizzato così come sono stati accellerti i lavori a Chiasso per “accogliere i migranti” in uno spazio a Rancate e non più nei “buker anti-atomici”. Sembra che non ci si accorga che le scelte di oggi in ambito migratorio, se ampliamo lo sguardo, ricadranno drammaticamente sul futuro dell’europa e del mondo. E a ben vedere pare che i politici di mezzo mondo non ne tengano conto, un pò come è successo nella decisone dell’intervento militare in Iraq ad inizio secolo.

L’avvocato svizzero Paolo Bernasconi, settimana scorsa, ha scritto una lettera aperta ai Consiglieri Federali svizzeri Simonetta Sommaruga e Ueli Maurer. Nella missiva, di cui di seguito pubblichiamo due passaggi, vengono tratteggiati i limiti dell’intervento di questi mesi. La lettera si apre così: “I nostri funzionari doganali svizzeri di Chiasso lavorano in modo accurato. E si dimostrano anche pazienti con i rifugiati che hanno attraversato il Mediterraneo sui gommoni. Ho potuto constatarlo di persona. Dipende piuttosto dai loro superiori se qualcosa non funziona a dovere. Chi ha introdotto il perverso gioco d’azzardo a Chiasso, per cui un bambino di undici anni il cui fratello vive in Svizzera, viene respinto per tre volte a Chiasso per poi essere accolto al suo quarto tentativo? O nel quale di due fratelli che chiedono asilo contemporaneamente, solo uno è accolto? Come può succedere che di due coniugi è accolta solo la moglie e il marito è respinto?“. Aggiunge poi Bernasconi “Poi sabato scorso abbiamo avuto il «Caos alla stazione di Como», come hanno affermato i funzionari doganali. Sono stato testimone a Como e a Chiasso (ogni cittadino svizzero farebbe bene a recarsi a Como per accertarsi personalmente sullo stato della tradizione umanitaria della Svizzera quale paese di asilo). Quattro, e ripeto quattro, non quaranta, poliziotti italiani in assetto da sommossa, sono bastati per convincere una ventina di rifugiati dall’aspetto spettrale, che per loro era vietato salire sul treno per Chiasso – nonostante il fatto che avessero un biglietto valido, avuto in dono dai volontari presenti. E non c’era traccia di caos, non c’erano casinisti, termine usato dai media ticinesi poche ore più tardi per definire i rifugiati. C’è una domanda di fondo: quale autorità svizzera ha inventato la strategia per cui l’intervento della polizia italiana abbia ad ostacolare e ad impedire la presentazione delle domande di asilo al confine? Bella soluzione: nessun filo spinato ungherese, nessun muro austriaco. Il lavoro sporco affidato alla polizia italiana. Da chi e come sarà deciso se questa elegante strategia è conciliabile con gli accordi ONU per i rifugiati, con la protezione dell’infanzia e con il ricongiungimento delle famiglie? Da un’autorità di vigilanza svizzera? O bisognerà invitare l’Alto Commissariato ONU per i rifugiati affinché si faccia un’idea direttamente sul luogo?”. Intanto, anche ieri, due autobus sono stati caricati a forza con uomini e donne migranti e sono partiti dalla frontiera italo-elvetica alla volta di Taranto. Le deportazioni accelerano e questo trasforma costantemente la composizione di chi è costretto nel parco adiacente alla stazione Como San Giovanni.