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Associazioni: “La Regione respinga il piano Minniti”

Ya Basta, Educatori uniti e Piazza Grande: “Si sperimentano nuovi dispositivi di criminalizzazione”. Coordinamento Migranti, Lazzaretto, No Borders e altre sigle intervengono dopo il presidio di lunedì: “Rivendichiamo un permesso di soggiorno incondizionato ed europeo”.

23 Febbraio 2017 - 10:13

Diverse realtà associative, tra cui per Bologna Ya Basta, Educatori Uniti Contro i Tagli e Piazza Grande Bologna, uniscono le forze per contrastare l’applicazione sul territorio emiliano-romagnolo delle misure del governo Gentiloni sui migranti.

“In Europa – scrivono – ci troviamo davanti ad una deriva securitaria e repressiva dei diritti delle persone migranti. In una situazione già fortemente critica, l’Italia risponde con il Pacchetto Minniti, una serie di misure che riducono ulteriormente i già esigui diritti, non ultima quella che reinserisce i Cie, seppur ‘riformati’. Siamo di fronte ad un vero e proprio processo di delegittimazione della persona, di migliaia di persone. Le frontiere orientali dell’Europa innalzano muri bloccando migliaia di migranti nel gelo dei Balcani. Sull’altra riva del Mediterraneo, al Governo di Riconciliazione Nazionale Libico viene affidato il respingimento in mare e la detenzione dei richiedenti asilo, con una Libia dominata da bande armate, dove prigionia e tortura sono all’ordine del giorno, nella palese violazione dei più elementari diritti umani. Le ‘riforme’ al vaglio della Commissione Ue prevedono un inasprimento del trattato di Dublino, con deportazioni e ‘black list’ che dividono i paesi di provenienza in paesi di serie A e paesi di serie B. L’annuncio della rinnovata centralità di strutture assimilabili ai Cie, ma anche la limitazione del diritto costituzionale alla difesa legale per chi chiede protezione, prefigura la sperimentazione di nuovi dispositivi di criminalizzazione dei migranti, capri espiatori stigmatizzati come i responsabili dell’insicurezza sociale, con il conseguente proliferare di xenofobie che servono essenzialmente a mascherare gli effetti della legge Bossi-Fini e l’assenza di politiche governative di fronte al dilagare della precarietà e della povertà. Alla luce dell’impennata nella percentuale dei dinieghi, siamo convinti che un’ulteriore privazione di diritti non porterebbe altro che nefaste conseguenze sulla società intera, favorendo l’emarginazione e il moltiplicarsi di tratte illegali e marginalità. Quante risorse vogliamo vengano ancora investite in rimpatri, misure repressive e di contenimento?”.

Prosegue il testo: “Noi chiediamo che la questione delle migrazioni venga affrontata adottando un approccio radicalmente diverso: con responsabilità e efficacia, aggredendo le cause che producono l’irregolarità, alla fonte. Solo con politiche di regolarizzazione, di estensione della protezione umanitaria, di canali di arrivo sicuro e regolare per tutti, si può affrontare efficacemente la domanda di protezione, di democrazia e di futuro che ci pongono gli esodi contemporanei da paesi vicini e lontani. Solo esercitando pienamente la nostra umanità nell’accoglienza, con processi solidali che riconoscano il diritto di soggiorno e che conducano all’uscita dalla invisibilità è possibile costruire la convivenza positiva tra le diversità”.

“Con questo appello – concludono le associazioni – vogliamo dunque ribadire il nostro impegno sul territorio regionale per contrastare il disegno Minniti, dichiarando il nostro rifiuto all’introduzione di misure ingiuste, in quanto discriminanti e razziste, dai centri di rimpatrio alla riforma del diritto di difesa per i richiedenti asilo, all’obbligo di lavoro volontario per chi ottiene asilo. Ci battiamo per un ripensamento ampio e collettivo delle politiche migratorie, che valorizzi e promuova le buone pratiche dell’accoglienza, dall’autogestione a quelle sperimentate dagli enti gestori alcune volte in disaccordo con Prefetture e Questure. Portiamo il dissenso di chi lavora quotidianamente in favore di un sistema giusto e degno davanti a chi ha il compito istituzionale di decidere sulle sorti del nostro territorio, in primis la Regione Emilia-Romagna, poiché a essa è deputato il compito di accettare o meno l’apertura dei Centri Per il Rimpatrio. Ai nostri rappresentanti istituzionali chiediamo dunque con forza di respingere questo progetto in nome dei diritti, dell’umanità e della solidarietà, per la libertà di circolazione e il diritto di scelta, per le pratiche di cooperazione contro il razzismo e la criminalizzazione dei migranti”.

Sono inoltre tornate a intervenire le realtà promotrici del presidio in piazza Nettuno di lunedì scorso, contro espulsioni, centri di detenzione e razzismo istituzionale (in ordine alfabetico: Aprimondo, Associazione Senegalese Cheikh Anta Diop, Bologna No Borders, Comunità Bangladesh Bologna, Comunità Pakistana Bologna, Coordinamento Migranti, Lazzaretto Csoa-Cispm, Unione Sindacale Italiana): “Più di cento migranti, rifugiati e solidali – scrivono – che vivono a Bologna nei diversi centri di accoglienza della città metropolitana, all’hub di via Mattei, negli spazi occupati dopo essere usciti dal circuito dell’accoglienza, hanno vinto la paura e fatto del centro della città un luogo di confronto e di lotta. Hanno deciso che è inutile rimanere in silenzio nell’attesa che le commissioni territoriali, la prefettura e la questura di Bologna decidano sulle loro vite. Sanno perfettamente che molti di loro riceveranno un diniego, che quello che li attende è clandestinità ed espulsioni. Per questo hanno preso parola smascherando il ricatto di una accoglienza che produce solo controllo, esclusione e povertà, denunciando la politica delle deportazioni del governo, rifiutando la complessiva condizione di sfruttamento alla quale l’Europa e i suoi Stati vogliono condannarli. Per due ore hanno raccontato alla città questa condizione e discusso insieme di come liberarsene. Hanno rivendicato un permesso incondizionato ed europeo, mentre a Londra in migliaia hanno partecipato alla ‘giornata senza di noi’ prendendo parola sugli stessi temi per rivendicare il loro diritto di restare contro la Brexit e contro lo sfruttamento del lavoratori migranti e precari”.