Attualità

Argentina / L’ombra lunga dell’ingovernabilità

Un aggiornamento sulla protesta dilagata nel Paese sudamericano: saccheggi e scontri con la Polizia, ma spesso egemonizzati da forze politiche e sindacali legate alla destra peronista.

29 Dicembre 2012 - 13:15

(Articolo scritto il 23 dicembre’012)

In Argentina si dice spesso che basta una scintilla per incendiare un campo, e molto probabilmente è così. Mentre scrivo immagini di scontri con la polizia e di saccheggi dei supermercati invadono televisioni, giornali e nuovi media costringendo l’opinione pubblica a tornare con la mente al 2001. Eppure non tutto torna, non tutto risulta chiaro e limpido, così il confine tra giusto e sbagliato tende ad essere reso invisibile ed inglobato nella disputa politica.
Ma torniamo ai fatti. Da una parte vediamo che i saccheggi si espandono a macchia d’olio per tutta l’Argentina, lambiscono la capitale incendiandone la periferia e presto si trasformano in scontri violenti con le forze dell’ordine: già si contano diversi feriti, due morti e centinaia di persone arrestate. Dall’altra notiamo come determinate organizzazioni politiche legate all’opposizione e sindacati della destra peronista non solo abbiano egemonizzato e dirottato la protesta ma spesso ne sono stati diretti organizzatori.

Al momento il capo di stato maggiore ha affermato che il governo nazionale di Cristina Fernandez condanna profondamente gli attacchi agli ipermercati che si sono verificati nelle provincie di Buenos Aires, Santa Fe e Neuquèn , inoltre ha esplicitamente accusato il sindacato dei camioneros legato alla CGT di Moyano. A sua volta lo stesso Moyano ha dichiarato che “tutto quel che sta succedendo è dovuto alla gestione politica del governo” e che non avrebbe accettato accuse da nessuno. Settori della destra argentina e alcuni media accusano invece anarchici e sinistra indipendente o addirittura, ed in maniera assai razzista, la popolazione di origine indigena parlando di “furia indigenista”.

Nel frattempo le situazione più delicate si sono vissute a Rosario, dove si registrano i 2 morti e più di 50 feriti gravi, ed a San Fernando, dove durante gli scontri tra più di 300 manifestanti e le squadre anti-sommossa sono volate pietre e molotov in risposta a proiettili e gas lacrimogeni, portando alla chiusura dell’autostrada panamericana ed a più di 20 arresti. Il dato che però appare più chiaro in tutta questa storia è come sull’Argentina graviti l’ombra lunga del 2001, un’ombra i cui contorni sono rappresentati dallo spettro dell’ingovernabilità e da una profonda instabilità fatta di precarietà e rapporti clientelari.

Farsi un’idea esatta di ciò che sta succedendo è assai difficile, perchè questa è una realtà in cui propaganda, criminalità organizzata, apparati repressivi e poteri politici, siano essi partiti o sindacati, spesso viaggiano di pari passo e accomunati a volte solo dalla stessa sete di potere e controllo.L’impressione che ci siam fatti finora è che se a Bariloche la protesta è stata frutto della disperazione economica, in molti altri casi le proteste siano scattate a seguito di ordini piovuti dall’alto per sottolineare rapporti di forza sottesi alla gestione diretta del potere.

Naturalmente in un quadro sociale come quello argentino ed in contesti periferici come quelli delle grandi città del paese non è difficile catalizzare bisogni ed aspettative della popolazione più povera per poi convogliarne rabbia e frustrazione in rivolte che tendano a destabilizzare rimarcando relazioni di forza.

Fa parte di un perverso gioco al massacro, creato troppo spesso ad arte, ed in cui chi perde ha il volto del bambino che cerca tra montagne di rifiuti la sua cena. Come in una allegoria della sua stessa vita. Il punto è capire a chi giova questa situazione, fin’ora l’unica cosa certa è chi sta in mezzo è sempre la parte più umile di questo paese, fatta da persone costretta a vivere in squallide periferie dormitorio, senza alcun diritto di sorta o possibilità di immaginarsi un futuro che non sia talmente prossimo da chiamarsi presente. Ma quando si gioca con rabbia, necessità e frustrazione si gioca col fuoco, e non è detto che siano sempre i soliti ad uscirne vincitori.

Ilaria Camplone (Centro Studi in Salute Internazionale, Università di Bologna)
Simone Tufano (Vag61, Bologna)