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Argentina / Intervista al “Perro” Santillan e ad Hebert Lima [audio+foto]

Da Ilaria Camplone e Simone Tufano un nuovo contributo dall’America Latina: una lunga intervista a Carlos “Perro” Santillan e ad Hebert Lima, responsabili dell’organizzazione sociale Tupac Katarj.

08 Febbraio 2013 - 11:57

Intervista al “Perro” Santillan e ad Hebert Lima, responsabili dell’organizzazione sociale Tupac Katarj

La battaglia che siamo tenuti a combattere non si basa solo sui bisogni materiali in cui siamo costretti e vincolati ma dalla profonda necessità di vivere degnamente. La nostra guerra si basa sulla dignità e la dignità veicola i modi della lotta, non dobbiamo mai scordarci che il fine è frutto del mezzo.

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26 dicembre 2012

Incontriamo Carlos “Perro” Santillan ed Hebert Lima, delegati dell’organizzazione Tupac Katarj, presso la “Commissione per i diritti umani” di San Salvador, capitale amministrativa di Jujuy, regione tra le più povere dell’intera Argentina che si trova nell’estremo nord del paese, al confine con la Bolivia.

Siamo qui perchè da poco si è consumata una tra le più violenti repressioni poliziesche dell’era Kirchner, presso il barrio Malvinas Argentinas, e poiché l’area, caratterizzata da mobilitazioni sociali massive, ha rappresentato un esempio di lotta rispetto alle politiche neoliberiste.

Arriviamo all’incontro carichi di aspettative e sicuramente un po’ emozionati, condizionati probabilmente da tutti i racconti che abbiamo sentito sul Perro. Personaggio carismatico, protagonista di ballate e canzoni popolari, simbolo della lotta anticapitalista fin dagli inizi degli anni ’90 nonchè fondamentale punto di riferimento per tutto il movimento piquetero e per tutta la sinistra extraparlamentare e movimentista argentina nell’ultima decade.

Carlos ed Hebert ci aspettano seduti al tavolo sorseggiando mate e scambiandosi impressioni sull’assemblea che ci sarà da lì a poco presso la sede della Katarj: un vecchio capannone ferroviario nel quale trovano spazio la sede locale dell’associazione “Casa de las madres” dei desaparecidos dell’ultima dittatura, una biblioteca, una scuola, un consultorio medico, la radio del movimento, un panificio popolare ed un enorme salone utilizzato per fare assemblee, concerti nonché come luogo adibito a corsi di formazione lavorativa.

L’impressione che abbiamo fin dal primo momento è quella di rincontrare compagni di lotta che da un po’ non si vedevano e la sensazione di sentirsi a casa è immediata.

Ecco l’audio e la trascrizione di alcuni stralci della lunga intervista che abbiamo fatto presso la sede della commissione per i diritti civili di cui Carlos Santillan è presidente.

> Ascolta l’intervista:

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Intervistatore: “Qual è la tua analisi sulla situazione attuale delle politiche sociali dell’Argentina?”

Perro Santillan: “Qui l’assistenzialismo è sempre stato all’ordine del giorno, il governo del nostro paese ha deciso di delegare ogni tipo di visione sociale ai movimenti. In realtà una cosa che dovrebbe fare il Ministero del Benessere Sociale e le azioni che dovrebbero mettere in campo lo Stato e la Provincia sono una equa distribuzione dei piani sociali affinchè arrivino veramente nelle mani delle migliaia di disoccupati generati dall’esplosione delle politiche neoliberiste, che poi non sono nient’altro che le moderne forme del capitalismo alla sua massima espressione.
La questione di fondo è che le nostre organizzazioni suppliscono alle mancanze dello stato, tanto nella salute come nell’educazione popolare. Sono certo che voi abbiate già visto i bachilleratos populares (le scuole ed i licei popolari autogestiti, sorte su impulso dei movimenti sociali, ndr), ed anche le azioni popolari e dal basso che vengono svolte. Ma da tutto ciò sorge un grande punto interrogativo.
Al principio del 1996, quando c’è stata la prima implosione del modello neoliberista nello stato di Jujuy si è assistito alla nascita di una moltitudine di nuovi poveri, formata da persone che si sono ritrovate disoccupate a causa delle pesanti privatizzazioni operate dallo Stato. Persone che non avevano più nulla da perdere e come risposta bloccavano le autostrade, quelli che comunemente sono chiamati i piqueteros, e che si ribellarono in vari punti del paese, a Buenos Aires come qui nel nord, spesso scontrandosi con le forze dell’ordine ed autorganizzandosi in movimenti.
Bene, quel che accadde allora è che lo Stato iniziò a cercare un compromesso con loro nell’ottica della governabilità e della stabilità; nonchè a favorirne le organizzazioni attraverso aiuti pubblici mirati, come i piani sociali, arrivando in definitiva a cooptarle abbassandone così la portata della conflittualità sociale.
Quello che osservammo all’incirca dal 2001 in poi è che molte realtà che avevano una matrice rivoluzionaria e che pretendevano un cambiamento radicale in ottica socialista, con le politiche assistenzialistiche che le legano ai governi di turno, hanno abbassato i toni e le pretese: insomma è come se avessero buttato acqua su un fuoco che stava divampando e si stava allargando.
Ma la cosa peggiore di tutte è stata che i tradizionali partiti della sinistra argentina, con l’esplosione del modello neoliberista, si sono ritrovati con la possibilità di lavorare per le migliaia e migliaia di disoccupati ma non hanno fatto altro che approfittare dei piani sociali entrando in questo tipo di sistema basato sul clientelismo, quasi come se questo sistema si nutrisse l’uno dell’altro.
Vedete, al governo conviene che esistano movimenti sociali di questo tipo ed ai movimenti conviene ottenere i planes sociales; il punto è che ad alcuni movimenti vicini al governo ed accondiscendenti alla sua politica arrivano molti finanziamenti, a quelli meno vicini non arriva nulla. Se non la repressione poliziesca e giudiziaria.
E’ anche vero che esistono movimenti, come quello De La Dignidad o il Movimiento Por La Justicia di Mar de La Plata, che riescono ad ottenerli e lavorano nel sociale con forza e determinazione; ma anche lì si tratta di convenienza politica, ai governanti non conviene che un movimento così ben radicato a Buenos Aires possa bloccargli le vie centrali della capitale. Avrebbero troppo risalto mediatico. Questi movimenti si muovono poi nell’ottica di uno sviluppo che sia frutto di un lavoro collettivo, che sia sostenibile e sincero, non frutto delle menzogne e della propaganda governativa come troppo spesso accade in questa provincia.
Qui stanno deforestando in maniera selvaggia per impiantare campi di soia transgenica gestiti da multinazionali, e tutto questo non fa altro che generare un processo in cui si perde la sovranità nazionale.
Ma per tornare alla vostra domanda direi che fondamentalmente l’Argentina si caratterizza per un complesso sistema di potere in cui alcuni movimenti sociali sono funzionali al potere e lavorano direttamente per il governo col fine di drenare il voto popolare. E questo è solo un progetto politico”.

Intervistatore: “Questo effettivamente l’abbiamo visto molto anche a Buenos Aires ma qui a Jujuy è lampante, sotto gli occhi di tutti, mi viene in mente la Tupac Amaru di Milagro Sala”

Perro Santillan: “Certo, pensa che i dirigenti di questi movimenti sociali si sono arricchiti così tanto che potresti stentare a crederci: li vedi arrivare alle manifestazioni con Jeep 4×4, e così persino i delegati (…)”.

Intervistatore: “Quello di cui vorrei però parlare è nello specifico il lavoro che viene svolto dall’organizzazione di cui fate parte, la Tupac Katarj”

Perro Santillan: “Bene, in quest’ultimo periodo stiamo fondando la nostra lotta sulla questione ambientale. Anche se al momento siamo abbastanza delusi a seguito del fallimento di un percorso politico che stavamo compiendo assieme ad alcuni rappresentanti dei popoli originari contro il progetto di una enorme miniera a cielo aperto che inquinerà le falde acquifere nelle vicinanze di Tilcara. Stiamo inoltre combattendo contro le centrali elettriche che si trovano qui a San Salvador de Jujuy ed inquinano l’aria che respiriamo”.

Hebert Lima: “Una delle centrali si trova a pochi isolati da qui. Altra lotta molto importante è stata invece nel quartiere Malvinas Argentinas in cui ci sono stati da pochi feroci scontri con le forze di polizia che hanno represso sparando ad altezza d’uomo. Le manifestazioni erano fatte contro il piano di trasformazione del quartiere” [12].

Perro Santillan: “Altri fronti fondamentali sono quelli che definiamo per il diritto ad un lavoro genuino e per l’educazione popolare. Anche se forse il tema dell’educazione è il paradigma più importante di tutti: anche perchè le nostre istituzioni non fanno altro che formare una massa acritica di persone nell’ottica di poter continuare a governare senza problemi di sorta.
Le masse sono formate per essere felici della loro condizione di schiavitù. E noi vogliamo rompere il circolo vizioso generato da questo sistema educativo; per ciò nel nostro galpon (il centro occupato e recuperato dal movimento, un ex capannone industriale vicino alla vecchia stazione ferroviaria, ndr) abbiamo una biblioteca ed una scuola popolare: per preparare i nostri compagni anche alle lotte future, con la prospettiva di una definitiva liberazione da questo sistema che tende ad incatenarci”.

Hebert Lima: “Il problema di fondo che abbiamo con le scuole popolari a Jujuy è che non ci lasciano ottenere i permessi per farle, quindi il sistema che abbiamo trovato è quello di farlo come delegazione del Movimiento por la Dignidad. Non ci sono altre possibilità purtroppo, qui a Jujuy siamo troppo invisi al potere locale e non accettano che si costruisca un potere dal basso. Inoltre la maggior parte dei fondi locali sono destinati ad una sola organizzazione…”.

Perro Santillan: “A noi qui non danno nulla, tutti i fondi arrivano a Milagro Sala ed alla sua organizzazione, la Tupac Amaru. Così se uno vuole ottenere i benefici delle politiche governative lo deve andare da Milagro Sala e lavorare per lei…”.

Intervistatore: “Mi stai dicendo che di fatto non avete la possibilità di ottenere fondi statali perchè qui tutto deve passare attraverso la Tupac Amaru?”

Perro Santillan: “Esattamente, se noi vogliamo fare qualcosa lo dobbiamo fare attraverso la Dignidad, non ci sono altre possibilità. Quello che invece abbiamo sono i cosiddetti capacitadores, ossia persone che si occupano di fare lavori di capacitacion, soprattutto da un punto di vista culturale, per la comunità: qui riusciamo ad ottenere un minimo di fondi, ma si tratta di 1200 pesos al mese, praticamente nulla considerando il costo della vita in Argentina. Non avete idea invece di quanti fondi vengano dati alla Amaru.Qui se non fosse per i compagni di Buenos Aires…”.

Intervistatore: “Scusami se ti interrompo, a tal proposito ho trovato molto interessante la decisione di creare un unico fronte popolare ed autorganizzato in Argentina, il Frente Nacional Pueblo Unido. (Decisione presa durante l’incontro nazionale dei collettivi e dei movimenti popolari sud americani che si è svolto il 7 Dicembre a Buenos Aires, ndr). E’ anche un modo per non rimanere isolati, specialmente in una realtà come quella di Jujuy in cui la repressione è fortissima”.

Hebert Lima: “Sì, il fronte ha anche questo come obiettivo. C’è da dire che su molti temi di educazione popolare, su cui i compagni della Dignidad sono molto preparati, la lotta che ci tocca fare è relativa ad uno spazio autonomo dove poter svolgere le iniziative. Questo è quello che ci manca”.

Perro Santillan: “In compenso abbiamo una radio popolare, anche se spesso abbiamo problemi con le frequenze, anche perchè al governo ed ai media non conviene che le nostre idee abbiano la possibilità di espandersi. Inoltre, nel galpon abbiamo uno spazio per le discussioni pubbliche, anche se è piuttosto piccolo rispetto alle nostre esigenze”.

Intervistatore: “Una domanda fondamentale, l’organizzazione è su base assembleare?”

Perro Santillan: “Certo, è su base assembleare ed orizzontale. Anche se col tempo ci siamo accorti che troppo spesso nelle persone c’è l’istinto a delegare. Mi spiego meglio, noi abbiamo delegati espressi dalle assemblee, ed il confronto avviene in maniera orizzontale nelle assemblee popolari. Purtroppo negli ultimi anni il confronto assembleare è andato calando, si sta perdendo la fiducia nei metodi assembleari perchè troppi delegati, e mi riferisco soprattutto alle altre organizzazioni, non hanno mantenuto le promesse fatte e si sono staccati dalla base. Questo genera una diffusa sfiducia”.

Hebert Lima: “Molte persone dei movimenti hanno vissuto la dittatura, poi la repressione delle lotte nell’epoca neoliberista, così spesso è stanca di lottare e tende ad accontentarsi. Ma questo è solo un’altro strumento di controllo ed è l’ennesimo effetto della crisi, che almeno qui da noi non è mai scomparsa. Poi c’è anche un altro aspetto, troppo spesso c’è come un’attesa messianica di un leader salvatore che possa mettere tutto a posto, che dia una soluzione ad ogni problema, quando invece siamo noi che dobbiamo rimboccarci le maniche e continuare a lottare… ”.

Perro Santillan: “Questo è un aspetto molto triste ma non fa che rispecchiare la paura che ha il popolo di prendere in mano il suo destino…”.

Intervistatore: “Certo però che l’aspettativa per un uomo nuovo che liberi dalle catene l’umanità ha anche qualcosa di stirneriano, anche se qui in Sud America credo derivi più da una visione messianica tipica di una certa lettura marxista. In fondo anche come viene vista figura e la stessa morte del Che in Argentina ha aspetti tipici di una certa religiosità cattolica”.

Perro Santillan: “Certo, solo che l’uomo nuovo propugnato dal Guevara era un rivoluzionario, ora si vive nella disillusione, e di rivoluzioni o fucili nemmeno l’ombra. Anzi, qui si ha persino la vergogna di dire che si non può mangiare per gli stipendi da fame o per la disoccupazione, e non si vuol far nulla per la paura di far arrabbiare le classi dirigenti e perdere così quel poco assicurato da questo sistema assistenzialista”.

Intervistatore: “Una sorta di costruzione dell’obbedienza…”

Perro Santillan: “Chiaro! E sai che succede, è come se ne fossero andati molti dei valori che ci hanno accompagnato in questi anni. Così chi più da è colui che ottiene di più. Tu prova ad andare in una villa (come qui vengono chiamate le favelas, ndr): la maggior parte delle persone stanno con chi gli garantisce piani sociali di sopravvivenza piuttosto che con chi tenta di cambiare radicalmente le cose. Anche perchè manca completamente una coscienza critica, una prospettiva politica, anzi, il sentimento apolitico ha generato una sorta di rottura e apatia: alle persone il discorso che convince di più è quello basato su una sorta di do ut des. L’ideologia si è convertita in un commercio”.

Intervistatore: “E’ verissimo, ed è un aspetto molto preoccupante. Per esempio la figura dei punteros è fondamentale nelle villas, spesso sono anche le persone più corrotte e legate alla criminalità organizzata. (Il puntero è una figura politica, spesso legata al governo o al potente di turno, che si occupa di lavorare all’interno delle villas. Suo compito è quello di ripartire i plan sociales governativi tra la popolazione, di controllare i lavori fatti e di cooptare la gente per le manifestazioni ufficialisti. Di fatto è il più fulgido esempio del sistema clientelare argentino, ndr).
Anche l’organizzazione di Milagro Sala sembra rientrare in queste logiche clientelari: pensa che siamo a Jujuy anche perchè quand’eravamo in Italia leggemmo un articolo, uscito tra le altre cose per un giornale considerato da molti di estrema sinistra, Il Manifesto, in cui si faceva una sorta di apologia del movimento. L’assurdo è che non c’era un’analisi di fondo sulle politiche assistenzialiste argentine o su come generano un clientelarismo funzionale al sistema, anzi, la Tupac Amaru era vista quasi come una modello da imitare ed esportare.
Durante le nostre ricerche ci siamo imbattuti spesso in quest’organizzazione e non posso negarti che molti aspetti mi mettono i brividi, tra questi un culto della personalità che non è normale, ed una totale mancanza di democrazia interna.
Ma non solo, una tra le cose che più mi hanno sorpreso è stata la risposta di una militante ad una mia domanda specifica sul perchè avesse deciso di militare nella Tupac Amaru e lei, sottovoce per non farsi sentire da nessuno, mi ha risposto che militava in quanto rappresentava l’unica maniera per ottenere un lavoro ed una casa a Jujuy. Ha aggiunto che come lei molti altri militavano solo per questo motivo. Insomma qui i soldi del governo non arrivano alla provincia ma solo all’organizzazione filo-governativa della Sala”.

Perro Santillan: “Chiaro, per questo ti dico che è difficile per organizzazioni come la nostra operare in una provincia come quella di Jujuy. Non hai idea di quanti settori siano stati cooptati, anche all’interno del nostro gruppo. E’ il potere del denaro, per questo sottolineo l’importanza della dignità: spesso abbiamo lavorato senza avere nulla per sostentarci, spinti solo dalla volontà. E resistiamo”.

Intervistatore: “Si genera anche un complesso meccanismo di repressione in cui le organizzazioni filo governative lavorano assieme alla polizia ed al potere giudiziario. Portare avanti le lotte risulta anche molto pericoloso. Abbiamo visto anche un video, reperibile su youtube, in cui si vedono militanti della Tupac Amaru tentare di attaccarvi con mazze e catene, istigati da una Milagro Sala in prima linea. Sinceramente ho trovato il video assai rappresentativo delle violazioni sistematiche delle libertà che periodicamente avvengono in questa provincia. E’ come se si respirasse una sorta di terrore”.

Hebert Lima: “Anche per questo abbiamo deciso di entrare nel Frente Nacional, dovevamo uscire da questo accerchiamento; mi ricordo che un giorno ho guardato il Perro e ci siam detti che se non si fosse riusciti ad uscire da questo isolamento, politico e mediatico, ci avrebbero ritrovati morti. Perchè è così che funziona a Jujuy, ed anche per questo siamo estremamente felici che siate qui, bisogna che queste cose si sappiano”.

Perro Santillan: “Ad ogni modo questa è la realtà in cui viviamo. Per tornare invece al discorso iniziale concludo dicendoti che questi siamo noi, questo è il nostro gruppo e tutti veniamo da esperienze molte diverse.
Io vengo da un grande movimento sociale che fu uno tra i primi che organizzò i disoccupati in Argentina, la Corriente Classista y Combativa; e dopo il 2001 ci fu come un’implosione del movimento che si frammentò, molte organizzazioni si frammentarono in quel periodo, forse anche a causa dell’ambizione di molti dirigenti e delegati, perchè sai, quando arriva un’ondata più forte non si porta appresso solo i bisogni ma anche i desideri di molti ed alcuni hanno desideri dettati dall’egoismo. Questo spesso distrugge la portata dei movimenti: molti preferirono trovare accordi col governo piuttosto che avanzare verso la rivoluzione, e tutto questo distrusse la portata rivendicativa delle masse. Penso a quello che era il MTD, da cui proviene la Dignidad, o la stessa Corriente Classista, che erano organizzazioni grandissime.
Un aspetto del movimento del 2001, e che non è da sottovalutare, consiste nel fatto che molti dei giovani e degli universitari di allora hanno deciso di lavorare nel sociale e nei quartieri più difficili. Così le azioni che compiono nei quartieri mi porta ad avere un minimo di fiducia rispetto a quello che potrebbe essere”.

Intervistatore: “Un aspetto su cui mi piacerebbe confrontarmi è quello relativo al cosiddetto indigenismo, probabilmente non è la parola più appropriata da utilizzare perchè nasconde ancora una visione colonialista, però per intenderci parlo della costruzione di una identità basata su una specie di ritorno alle origini. E qui in Jujuy sembra sia molto presente”.

Perro Santillan: “Guarda, la verità è che con l’invasione di miniere che abbiamo in tutta questa zona se ci fosse un vero indigenismo non cooptato non si sarebbe permesso l’ingresso delle multinazionali. Al che sorge immediata una domanda, com’è possibile che con tutta questa retorica sull’indigenismo i popoli originari non stiano lottando?
Alla fine quello a cui abbiamo assistito e continuiamo ad assistere è la completa distruzione di un sistema di produzione, anche culturale, che è durato millenni, a favore di uno capitalistico e mortifero. Scusami se su questo punto mi infiammo ma pochi giorni fa uno dei nostri presidii, a dire il vero l’ultimo, che si opponeva alla costruzione della mega miniera a cielo aperto nei pressi del Salar de Jujuy, dove stavamo lavorando assieme ad una popolazione indigena, è stato chiuso. E non è stato chiuso per la repressione ma perchè il referente politico della popolazione indigena, che per mesi si era opposto assieme ai nostri compagni alle decisioni della multinazionale e del governo, ha trovato un accordo per lo sfruttamento congiunto della miniera.
Non so se ti rendi conto di cosa significa, si è venduto, è stato cooptato dal governo. Così ora hanno già iniziato gli scavi per la costruzione della miniera e già vediamo molti che si opponevano alla sua costruzione che iniziano a lavorarvi…”.

Hebert Lima: “Per il litio, tutto questo per il litio dei cellulari. All’autorizzazione mancava solo la firma del rappresentante comunale di quella popolazione, che poi era anche un compagno, e lui si è venduto…”.

Perro Santillan: “Noi comunque abbiamo provato a bloccare i lavori fino all’ultimo, abbiamo interrotto la strada principale, e ci siamo accorti che molti sono i giovani che si sono avvicinati alla nostra prospettiva di lotta, forse perchè negli ultimi anni è mancata una visione più ampia.Ad ogni modo è una cosa molto positiva, anche se in questi anni troppi sono quelli che ci hanno abbandonato per il governo o per lavorare con Milagro Sala. Anche per il falso lavoro su l’identità indigena che sta facendo la Tupac Amaru c’è tutto questo fermento mediatico sul tema, quando spesso la questione viene messa in primo piano solo per ottenere fondi governativi”.

Intervistatore: “A tal proposito però non posso fare a meno di notare che anche la sala in cui ci troviamo è piena di riferimenti indigenisti, c’è persino una foto di Morales. Quando siamo stati nell’edificio principale della Tupac Amaru c’erano gli stessi riferimenti culturali e storici”.

Perro Santillan: “E’ che hanno la grande capacità di prendere ed imbastardire tutti i migliori riferimenti culturali che abbiamo. Lo stesso nome dell’organizzazione fa riferimento ad un eroe popolare, ad un rivoluzionario, a cui aggiungono Che Guevara, Evita. E’ un sincretismo simbolico che genera una forza rappresentativa enorme e che tende ad incorporare la figura di questi personaggio per puro utilitarismo politico”.

Hebert Lima: “E storicamente è un cosa tipica di ogni sistema fascistoide”.

Intervistatore: “Sì, ne sappiamo qualcosa: è una pratica che nasce negli anni ’20 in Italia, penso a quanto della simbologia anarchica di inizi ‘900 sia stata incorporata dal fascismo. Ma è una cosa che continua tutt’oggi nei movimenti neofascisti, persino nei confronti di Che Guevara”.

Perro Santillan: “Imbastardire questi simboli genera anche uno svuotamento di significato”.

Intervistatore: “Ma questo svuotamento del significato è pratica anche dell’odierna propaganda governativa argentina che nella maggior parte dei casi utilizza e sfrutta simboli della militanza dell’ultrasinistra, dal Che all’Eternauta”.

Perro Santillan: “Guarda, una tra le cose in cui si è specializzato questo governo è il parlare con un doppio significato simbolico in modo da convertire e svuotarne il significato intrinseco. Lo ha fatto persino con las madres de playa de Mayo, un movimento di resistenza che alla fine è stato cooptato, un movimento che per tutti i militanti ha sempre rappresentato un faro, il simbolo della rottura con la dittatura. Mi capisci? Ora è come camminare senza punti di riferimenti, imbastardiscono tutto. Pensa al movimento peronista la Campora, a cui hanno messo il nome di un noto politico amato dalla sinistra argentina”.

Intervistatore: “Mi sembra che nella rete della propaganda siano cadute anche molte persone che hanno una visione di sinistra. Ho sentito spesso dire da molte persone che, considerando quel che è l’Argentina, non esiste governo migliore o che quanto meno l’attuale amministrazione si occupa delle fasce più deboli, cosa altrimenti impensabile sotto altri governi”.

Hebert Lima: “Il punto è che molti che hanno queste opinioni spesso non vivono sulla pelle i problemi derivanti dalla povertà, così come i governanti che utilizzano questo tipo di propaganda. Questo genera una confusione ideologica incredibile, ed i mezzi di informazione filo-governativi trasformano troppo spesso la realtà invisibilizzandone i problemi. Inoltre ripetono gli stessi concetti in maniera ossessiva: alla fine chi non ha una preparazione politica, chi non è abituato a farsi domande, tende a crederci. Dall’altro lato c’è sempre il continuo spauracchio dell’arrivo di una nuova crisi, così si tende a difendere quel poco che un sistema assistenzialista come questo ti offre. Ad un livello di analisi successivo c’è poi la solita caratterizzazione che danno i media: lo scontro tra destra e sinistra. Ma se si guarda ai contenuti dei discorsi non c’è una grande differenza, non c’è una prospettiva o una visione differente”.

Perro Santillan: “Come spesso la storia ci insegna dopo governi populisti di questo tipo arriva sempre la destra, almeno qui in Argentina. Questo è ciò che l’esperienza mi ha insegnato, o peggio, perchè poi si cercheranno i colpevoli di una nuova situazione di crisi e le colpe ricadranno solo su quelli che son sempre stati critici rispetto al modello. Probabilmente la verità è che sono proprio loro, con il loro lavoro scellerato, gli unici a spianare la strada per il ritorno della peggiore destra. Anche perchè se vai a vedere la storia, le origini di molti che stanno al governo, ti accorgi che provengono da partiti di destra, alcuni hanno anche lavorato con la dittatura. Un politico come Boudu (ex ministro dell’economia ed attuale vicepresidente sotto il governo della Kirchner, ndr) è un economista di stampo neo-liberale che viene da un partito di destra, la UcèDe, ed è stato menemista. E’ come in Italia, fascisti che alzano l’immagine del Che, ed è terribile”.

Hebert Lima: “Alla fine si tratta di una questione tutta da analizzare: perchè tante persone rimangono colpite, o addirittura sono incantate, da questo tipo di duplice di discorso? Io credo che dipenda anche da una mancanza dei nostri tradizionali partiti di sinistra, a cui è mancato un certo tipo di discorso, di visione: come avrete visto noi cerchiamo di portare avanti un’ottica basata sulla creazione dal basso del potere popolare, mentre i partiti hanno sempre preferito mantenere il culo attaccato alle poltrone, incollati ai loro piccoli feudi elettorali continuando ad essere divisi”.

Intervistatore: “Ma questo succede in tutto il mondo…”

Hebert Lima: “Sì certo, in tutto il mondo. E dipende dalla struttura burocratica dei partiti stessi che genera un sistema chiuso e corporativistico. A livello nazionale sono poi d’accordo con Carlos, è molto più probabile che alle prossime elezioni vinca la destra piuttosto che i kirchneristi; ma tutto può ancora dipendere da cosa riusciremo a costruire a sinistra, inoltre dobbiamo cambiare questo sistema partitico, è totalmente nefasto”.

Intervistatore: “Passando ad altro, volevo chiedervi cosa ne pensate di quel che sta succedendo in Bolivia? Siamo a Jujuy, in una delle regioni più lontane da Buenos Aires e al confine con la Bolivia, ed effettivamente è una cosa che si percepisce molto”.

Perro Santillan: “Io credo che questi siano tutti governi condizionati dall’imperialismo. Vedi, l’imperialismo, in Sud America, continua ad essere molto forte. Inoltre molti paesi di stampo egemonico come gli Usa o la Germania, la stessa Francia, che ora rivolgono le crisi esterne sul fronte interno, quando saranno colpite dalla nuova crisi che arriverà, ossia quella energetica, dove credi che cercheranno di andare con le grandi imprese. Già adesso è così, sono qui e stanno comprando tutto il comprabile; esistono piani di sviluppo energetico continentali fatti dalle grandi multinazionali; fanno compere a buon mercato sfruttando le crisi generate da essi stessi.
In tutto il mondo, succede lo stesso: il medio-oriente, il mondo arabo, è completamente massacrato per la stessa perversa logica. Quella di saccheggiare le risorse. Utilizzano presidenti di facciata come Morales, come lo stesso Chavez, che, nonostante tutto il petrolio, non ha mai fatto una riforma agraria ma anzi regala interi latifondi ai Grobocopatel (nota famiglia argentina dell’elite agro esportatrice, ndr).”

Hebert Lima: “Una persona come Chavez che è capace di arrivare a fare la guerra civile per poter mettere nella costituzione la parola socialismo, poi svende tutto a latifondisti di soia transgenica…”.

Intervistatore: “Anche Cuba in questo momento sta puntando sulla soia transgenica”

Perro Santillan: “Chiaro, è c’è una grande fiducia nei confronti di questi presidenti. Ad Evo Morales stanno dicendo in molti, soprattutto all’interno del suo partito ed i media che controllano l’opinione pubblica, che deve avere una prospettiva rivolta più verso gli indios che verso il socialismo”.

Hebert Lima: “Questo è un problema classico della sinistra, arrivare al potere e non risolvere i problemi con gli apparati di potere locale ed internazionale. Si inizia chiedendosi se sia giusto incorporare i bisogni della borghesia quando la borghesia non ha mai chiesto di farsi carico dei nostri problemi. E’ quel che succede in Bolivia come in Venezuela”.

Intervistatore: “Questo problema risiede in ogni tipo di rivoluzione, oltre al rischio di ricreare, attraverso la burocratizzazione della stessa, un sistema di potere borghese ed elitario”.

Hebert Lima: “Questo è un altro tema di discussione. Ultimamente ci stiamo chiedendo di che tipo di socialismo vogliamo farci portatori: da un certo punto di vista l’abbiamo chiaro, dal basso e dalla sinistra, ma abbiamo la necessità di ridefinire e ricreare una nuova forma di socialismo. Ricreata in base alle vecchie esperienze ed i vecchi errori, perchè l’idea di partire dalla teoria per costruire le pratiche non ha funzionato, e l’idea di partire dalle pratiche ha spesso portato ad un pragmatismo inconsistente o che negli ultimi anni ha continuato a generare problemi. A chi dare il potere, ad uno stato che abbia in mano tutti i mezzi di produzione o meglio alle comunità, ed inoltre il lato produttivistico cosa ha generato nei confronti dell’ambiente, delle risorse? Sono tutti problemi che vanno affrontati, discussi, perchè sono cose che non abbiamo ancora definito; per assurdo ci siamo spesso etichettati, come guevaristi, socialisti e quant’altro.
Ma qual è l’esatta definizione che diamo a questi termini? Gli aspetti su cui noi mettiamo più l’accento sono quelli dell’autocritica permanente, quelli della rotazione continua del potere, ma nelle pratiche. Altrimenti si parte come Lenin dalla teoria del socialismo e si arriva alla pratica del capitalismo di stato, fino ad ora non si sono mai rotte le relazioni col capitale, mai, in nessun paese”.

Intervistatore: “Forse più che di capitalismo dovremmo iniziare a parlare di produttivismo”.

Hebert Lima: “Giustissimo. Per tornare alla Bolivia c’è però un’altro aspetto che siamo tenuti a riconoscere, io sono stato per molto tempo in Bolivia, Carlos anche, c’è una situazione politica interna molto difficile, troppe correnti distinte e con interessi differenti, una popolazione la cui composizione sociale è assai distinta. E’ un paese con molti conflitti…”.

Perro Santillan: “…sta succedendo anche qualcosa che non ci saremmo mai aspettati, e mi riferisco alla questione dell’autostrada plurinazionale: Evo ha preferito difendere gli interessi strategici che puntavano alla costruzione di un’enorme autostrada piuttosto che le popolazioni originarie contrarie ad essa. Un’autostrada fatta per collegare l’Atlantico al Pacifico che sta distruggendo le foreste amazzoniche, fatta con l’unico scopo di assicurare rifornimenti energetici.(Frutto di un accordo tra Lula e Morales nell’ambito degli scambi che hanno portato alla nazionalizzazione delle riserve di gas in Bolivia che erano proprietà della Petrobras, azienda statale brasiliana, ndr). Inoltre l’autostrada avrà lo scopo di portare i prodotti minerari boliviani in Brasile pronti per essere lavorati ed esportati”.

Hebert Lima: “Si tratta di sviluppo economico, di nient’altro”.

Perro Santllan: “Per questo ti dico che i condizionamenti dell’imperialismo sono ancora molto forti nei nostri paesi. Lo vediamo anche con la nostra presidentessa, che a parole detesta gli Usa ma appena gli Usa le chiedono qualcosa accetta di corsa”.

Intervistatore: “Lo si vede in tutto. Noi siamo venuti in Argentina anche per capire meglio la questione del debito e ci siamo resi conto che molte delle idee che ci siamo fatti in Italia erano sbagliate. Qui in Argentina non c’è mai stato il rifiuto del debito”.

Perro Santillan: “Se veramente lo avesse fatto saremmo stati tutti dalla sua parte. Vedi, qual era l’esigenza di tutto il movimento qui negli anni ’90? Quella di rifiutare il debito, quanto meno di rivederlo, fare un audit: per capire quale considerare odioso. A favore di questa soluzione si era espressa anche la corte di giustizia argentina nel 2001, ed il congresso avrebbe solo dovuto controllare il debito decidendo quale era da considerare illegale. Bene, tutto questo non è mai stato fatto, tutt’altro, si è deciso di iniziare a ripagarlo. Questo governo si presenta anche come quello che ha rifiutato il debito, mentre è quello che più ha ripagato della storia della nazione!”.

Hebert Lima: “Ed il debito era completamente illegale, frutto degli anni della dittatura, è stato permesso qualcosa di totalmente incostituzionale. Solo di interessi sul debito non so quanto siamo stati costretti a ripagare. La logica di indebitamento è continuata negli anni di Menem, con un neoliberismo sfrenato, che ha portato ad una rifinanziamento del debito da parte degli Stati Uniti, nell’ottica di renderlo legale. Se un governo costituzionalmente eletto chiede che il suo debito venga rifinanziato automaticamente vuol dire che lo accetta. A tutt’oggi sono soprattutto le banche nordamericane che gestiscono il nostro debito pubblico, e continuiamo ad essere strozzati da questo stato di cose”.

Intervistatore: “Ecco, quando arriviamo a discutere di questi temi con persone che magari appoggiano o lavorano per questo governo, ci sentiamo spesso ribattere che i Kirchner non hanno mai detto di essere anticapitalisti”.

Perro Santillan: “Tant’è vero che la nostra presidentessa ha affermato di essere per un capitalismo serio. Ma qual è il capitalismo serio che propone? Continuare con salari da fame? Affermare che non esiste la povertà in Argentina? Sono tutte bugie buone per chi sta all’estero. Pagare il debito estero è il capitalismo serio? Generare un deficit interno pauroso è il capitalismo serio?”.

Hebert Lima: “Nella maggior parte dei casi la propaganda su quanto fatto per la lotta alla povertà sono menzogne di basso rango. Noi cresciamo in mezzo alla povertà, la viviamo tutti i giorni. Addirittura la Banca Centrale Argentina arriva a mentire spudoratamente affermando che la sua riserva equivale ai depositi sui conti correnti bancari, dicendo insomma che la riserva monetaria in caso di default è quella dei conti correnti privati. E solo per tranquillizzare i piccoli creditori esteri! Inoltre le statistiche affermano che c’è solo il 7% di disoccupazione, eppure il lavoro non si trova da nessuna parte”.

Perro Santillan: “E l’ennesima questione è quella della precarietà del lavoro, una vera e propria barbarie”.

Hebert Lima: “A voi stanno riservando lo stesso trattamento che già abbiamo sperimentato. E’ quello che diceva prima Carlos sul neoliberismo sfrenato che negli anni ’90 ha distrutto l’Argentina, con le privatizzazioni selvagge delle imprese. E’ il solito modello di accumulazione delle ricchezze, l’avidità di chi ha già tanto e pretende sempre di più”.

Perro Santillan: “Stanno creando un mondo che sia ad uso e consumo di una elite, il resto delle persone possono anche morire di fame”.

Hebert Lima: “In più la Nato e le forze armate dei paesi più ricchi si trasformano sempre più visibilmente nel braccio armato degli interessi economici trasnazionali. Le multinazionali non hanno faccia, non hanno nomi a cui far dare la colpa. Eppure ci sono, è un grande inganno. Se prima le compagnie utilizzavano mercenari o appoggiavano colpi di stato, ora le operazioni militari vengono svolte direttamente dagli eserciti”.

Intervistatore: “Con un duplice guadagno, è più difficile capire quale lobby ha un interesse diretto ed è più semplice scaricarne i costi sui contribuenti. In pratica finanziamo il loro lavoro sporco”.

Perro Santillan: “Anche per questo ti dico che tutto ciò non è più sostenibile e ci stiamo preparando al dopo con un lavoro dal basso”.

Hebert Lima: “Il nostro lavoro è far capire al popolo che il nemico è uno solo, che le lotte che si fanno devono essere con una visione internazionale. Perchè le crisi di questo sistema non sono transitorie, ma cicliche ed ogni volta peggiori, il capitalismo funziona così, ed è ingannevole, tenta sempre di comprarti, di abbassare la conflittualità sociale. Abbiamo il dovere di lavorare molto sopra questi temi, far capire alle persone come funziona veramente questo sistema. Ma per farlo dobbiamo anche imparare qualcosa dai nostri nemici, e quel che dobbiamo imparare è il sistema di propaganda. Questo è uno dei motivi per cui il movimento in Argentina combatte tanto per i mezzi di comunicazione popolari, abbiamo necessità di avere i nostri media.”

Perro Santillan: “La miseria culturale è l’arma di controllo che hanno i potenti della terra e noi abbiamo il dovere morale di invertire questa tendenza, combattendo sullo stesso campo.”

Hebert Lima: “Forse il vero problema di noi militanti è che parliamo in maniera troppo onesta alle persone, gli diciamo troppe verità, a volte sembriamo delle Cassandre. Ed io credo che la maggior parte delle persone ormai sia abituato a non voler sentir parlare di cose che possono sembrare negative ed impegnative. E’ stato creato un sistema di controllo mediatico che si basa anche su questo. Io non credo che sia difficile evidenziare i problemi di questo capitalismo, credo che la cosa difficile sia il poterlo arrivare a fare con i mezzi di comunicazione di massa. Non te lo permettono, per questo c’è la necessità di mezzi di informazione popolari”.

Intervistatore: “Ultime considerazioni?”

Hebert Lima: “Sarebbe importante iniziare a riparlare in termini trasnazionali di lotte, dobbiamo ricreare una internazionale socialista dal basso che sia fatta da movimenti rivoluzionari e popolari(…). Questa è la prospettiva su cui, assieme, siamo tenuti a lavorare”.