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Addio all’ex Beretta, “la strada è ancora lunga“

Quarantasette persone accolte altrove. Cispm: senza rete elettrica “l’occupazione non garantiva più la dignità”. Asia: “Istituzioni continuano a fornire soluzioni inadeguate”. A Conte il dossier Làbas.

15 Gennaio 2016 - 11:20

Ex Beretta - © Michele LapiniIeri gli occupanti dell’ex Beretta hanno cominciato a lasciare lo stabile di via XXI aprile. Nove famiglie (36 persone), a quanto riferisce il Comune, sono ora alloggiate all’ostello San Sisto, nove adulti sono stati accolti dalla parrocchia della Dozza, due dal dormitorio Rostom di via Pallavicini. Tutti gli altri adulti infine avrebbero “trovato collocazione in modo autonomo”.

“Lasciamo volontariamente il Beretta – scriveva martedì sera il Cispm – non è una vittoria, perché un bene pubblico torna nella mani della speculazione, ma non ha più senso difendere un’occupazione che non garantisce più la dignità, privati come siamo dell’accesso alla rete elettrica il cui tombino è stato murato e impossibilitati a usufruire del riscaldamento. Abbiamo individuato un percorso che, data la situazione di partenza, abbiamo ritenuto opportuno accettare. La strada è ancora lunga lunga, la nostra lotta non s’arresta, ma quel che è certo è che non vogliamo in alcun modo che i nostri interlocutori siano i poliziotti ormai avvezzi agli sgomberi a Bologna. Quel che importa è che nessuno andrà per strada e garantiamo ad ogni minore così di non perdere neanche un giorno di scuola!”.

Interviene anche Asia-Usb: “Ormai da tempo – diversi anni – Asia in città fa notare ai cittadini e all’amministrazione comunale l’esistenza di un’emergenza abitativa a Bologna. Gli sfratti sono sempre di più, e sempre più violenti, gli affitti sono altissimi e le case popolari sono così poche che le persone devono aspettare anche decine d’anni per ottenerla. Tuttavia, ancora oggi, dopo aver cercato di negare la presenza di questa situazione, il Comune, la Prefettura e la Regione sono costrette a farvi fronte, e le soluzioni attuate finora sono assolutamente inadeguate”.

“Pur avendo in città moltissime case sfitte (un totale di quasi 15000 locali!) – prosegue il sindacato di base – il Comune continua a fornire soltanto soluzioni temporanee e d’emergenza a chi non ha la casa o la perde a causa di un licenziamento, della disoccupazione o di un affitto troppo caro. Dormitori, ostelli, case d’accoglienza e le provvisorie strutture del piano freddo non sono però sufficienti a contenere i grandi numeri del dramma casa, aumentato negli ultimi anni a causa della crisi, e comunque non offrono una soluzione di vita degna e stabile. Asia si è sempre battuta e si batterà sempre per soluzioni strutturali, che garantiscano il diritto alla casa e alla dignità per tutti, e oggi è il momento di lottare per conquistarle. Un episodio successo di recente a Napoli conferma che questo è possibile: il complesso Opera Pia 0Aniello Franciosa’, occupato da più di vent’anni da 25 nuclei familiari con circa 40 minori è stato regolarizzato e assegnato agli occupanti in una forma molto simile a quella delle case popolari. La Fondazione ha ceduto lo stabile direttamente al Comune, pur mantenendo gli oneri della manutenzione, che a sua volta lo metterà in affitto agli inquilini a prezzi al di sotto del valore di mercato, calcolati in base al reddito degli abitanti. Questa è una grande vittoria della lotta per il diritto all’abitare, e ci mostra l’immagine di possibili nuove soluzioni, più stabili, durature, giuste e dignitose. Per quanto De Magistris, negli ultimi tempi, abbia dimostrato di essere un sindaco più coraggioso e vicino ai suoi concittadini del nostro Merola, anche a Bologna occorre organizzarsi e creare rivendicazione per costringere la giunta ad attuare soluzioni simili, convertendo gli innumerevoli palazzi vuoti di grandi proprietari, alcuni dei quali già sede di occupazioni abitative, in alloggi a canone popolare. Invece, l’amministrazione continua a sfrattare senza proporre soluzioni, e utilizzare ogni mezzo per svuotare e svilire i luoghi simbolo della lotta per il diritto all’abitare come le occupazioni”.

Emblematico per Asia quanto accaduto all’ex Beretta, “dove la pressione dello sgombero in arrivo ha fatto sì che gli occupanti uscissero da soli dall’occupazione. Di nuovo, purtroppo, verso soluzioni incerte, emergenziali e temporanee come qualche alloggio all’ostello San Sisto o le strutture del piano freddo, in attesa di essere collocati in ‘progetti più ampi’ di cui non è nota la natura, accompagnati da furgoni dell’Asp, nota associazione di ‘welfare privato’ che specula e lucra su accoglienza ed emergenza, anche nel settore abitativo”.

Infine, ieri si è tornato a parlare anche di un’altra occupazione sotto sgombero, quella dell’ex caserma Masini occupata da Làbas su cui pende un decreto di sequestro della Procura. Pare che il dossier, a Palazzo d’Accursio, sia ora nelle mani del nuovo assessore alla Cultura Davide Conte, che ha ricevuto le deleghe dopo lo strappo con Alberto Ronchi. L’assessore, per ora, non commenta.