Acabnews Bologna

A 10 anni dal disastro ferroviario di Crevalcore

Il giornale dei macchinisti “Ancora in marcia” lancia un appuntamento per la ricordare i morti di quella tragedia mercoledì 7 gennaio’015, alle ore 10, alla stazione del paese della Bassa bolognese.

06 Gennaio 2015 - 15:49

crevalcoreSono trascorsi ormai dieci anni da quel tragico 7 gennaio del 2005, il giorno in cui, a Crevalcore, persero la vita 17 persone in seguito allo scontro tra il treno regionale n.2255 e il convoglio merci n. 59308. Il treno non rispettò un segnale rosso, viaggiava nella nebbia a 120 chilometri all’ora e non aveva senza nessun sistema di protezione. L’incolumità e la vita di tante persone erano, infatti, affidate al macchinista, Vincenzo De Biase, che era solo alla guida della locomotiva e che perse la vita nell’incidente. Nel corso di questi anni, i suoi compagni di lavoro, i macchinisti del giornale “Ancora in marcia”, si sono domandati se quella “svista”, durata mezzo secondo, fosse stata originata da un problema tecnico al treno, da un malore o da una banale distrazione, magari causata dal pedale dell'”uomo morto” (l’ incubo di chiunque sia alla guida di un treno).

Parliamo cioè di quel contestatissimo dispositivo VACMA (inventato dai francesi, che sta per Veille Automatique Control par Maintien d’Appui) che permette alla motrice di accorgersi se il conducente sia defunto o, semplicemente, abbioccato. E’ un sistema di controllo automatico del mantenimento della vigilanza, che venne installato diversi anni fa da Trenitalia nelle cabine di guida di centinaia di treni, eliminando, per risparmiare, uno dei due macchinisti che prima erano alla guida dei convogli. Questo sistema di vigilanza si presenta come un pedalone, il ferroviere è obbligato a tenerlo sempre pigiato, ma ogni 55 secondi, fatalmente, deve sollevare il piede e poi ripigliarlo di nuovo. Questa dovrebbe essere la prova che sia vivo o, per lo meno, in pieno possesso delle sue facoltà.

La causa dell’incidente venne ricondotta allora, ma come in tanti altri casi, a un errore umano. Le Ferrovie si auto-assolsero, ma, secondo i colleghi del macchinista, le responsabilità erano evidenti. In questi giorni, “Ancora in marcia” ribadisce: “Nella realtà si trattò di un errore disumano, perché fu commesso, in piena consapevolezza del rischio, da altri soggetti, lontani da quelle lamiere contorte, nel momento in cui decidevano di eliminare il secondo macchinista, senza compensarlo con dispositivi di sicurezza”. Il giornale dei ferrovieri scrive ancora: “Il sacrificio di quelle 17 persone, tra cui il capotreno Paolo Cinti e i macchinisti del treno merci, Equizio Abate e Ciro Cucciniello, mostrò a quanti, fino a quel momento, non avevano ‘voluto vedere’ la necessità e l’urgenza di modernizzare i sistemi di sicurezza dei treni. Oggi, un treno in quelle condizioni non potrebbe neanche uscire dal deposito”.

Siamo ancora di fronte, perciò, a una tragedia rimasta senza giustizia: 17 morti e nessun colpevole. Secondo il Tribunale di Bologna, infatti, la responsabilità fu esclusivamente del povero Vincenzo De Biase che fu il primo a morire nel terribile urto. I dirigenti di RFI furono scagionati. Mentre, inspiegabilmente, per gli amministratori di TrenItalia, le indagini non si aprirono, anche se era stata loro la scelta di ridurre gli equipaggi.

E’ bene ricordare che quella sentenza fu emessa giusto un mese prima dell’altro gravissimo disastro ferroviario, quello avvenuto a Viareggio il 29 giugno 2009.

Secondo “Ancora in marcia” si trattò di “un processo da tenere presente come modello negativo, culminato con una sentenza figlia di una cultura giuridica distante dai principi affermati ripetutamente dalla Corte di Cassazione riguardo il ‘dovere dell’imprenditore di adottare tutte le misure tecnicamente possibili per prevenire incidenti ed infortuni'”.

La vicenda di Crevalcore conferma l’esistenza di un filone della cultura giuridica italiana che si basa su una sorta di “immunità ferroviaria”. E’ uno dei tanti disastri del nostro paese che si portano appresso sentenze scandalose che vedono i potenti e le imprese assolti direttamente o perché i reati contestati vengono dichiarati prescritti. Parliamo della Thyssenkrupp, del secondo grado di giudizio per il terremoto dell’Aquila, del processo Eternit dello scorso 19 novembre.

E’ su questi temi che “Ancora in marcia” invita i familiari, i pendolari, i soccorritori, i ferrovieri e quanti non vogliono dimenticare la tragedia di Crevalcore, di trovarsi il 7 gennaio 2015, alle ore 10, nella stazione di quel paese, per commemorare le vittime e rivendicare il diritto alla sicurezza e alla salute, nelle ferrovie come in tutti i luoghi di lavoro. Per chi parte da Bologna centrale, il treno n.6328 parte alle 9,42 e arriva a Crevalcore alle 10,04.